Sahara, deserto di Mafie e Jihad. Intervista al coautore,  Boccolini: Il traffico di esseri umani non potrebbe avvenire se non ci fossero legami con la criminalità

Boccolini(ASI) Sahara, deserto di Mafie e Jihad. Intervista al coautore, Boccolini: Il traffico di esseri umani non potrebbe avvenire se non ci fossero legami con la criminalità italiana.

Abbiamo incontrato Massimiliano Boccolini coautore, insieme ad Alessio Postiglione, del libro “Sahara, deserto di Mafie e Jihad – Come narcos, separatisti e Califfi minacciano il Mediterraneo”, pubblicato dalla Castelvecchi. Con lui, esperto dell’area, abbiamo parlato della questione relativa alla criminalità che opera nella regione del Sahara, dei suoi riflessi sul notro paese e del Fronte Polisario, ancora poco conosciuto nel nostro paese ma che sta assumendo un ruolo sempre più importante.

 

Come nasce l’idea di questo libro?

Da anni seguo ciò che accade in quella regione come giornalista e sono stato per tre volte negli ultimi anni in quell’area e in particolare nella zona del Wadi al Dahab, nel sud del Marocco, area contesa dai separatisti del Fronte Polisario e nota anche come Sahara occidentale. Questo conflitto che giudico artificiale è una delle tante cause che stanno dietro la destabilizzazione dell’intera regione del Sahara e mira a colpire l’unico paese dell’area stabile che ha intrapreso la via della democrazia e che promuove un islam moderato, che è il Marocco, grazia alla guida illuminata di re Mohammed VI. L’idea è di parlare di questa realtà poco nota contestualizzandola in quella più in generale del Sahara e del Sahel la cui instabilità colpisce direttamente l’Europa e l’Italia provocando le crisi del terrorismo e dei migranti.

 

Che rapporto c’è secondo lei tra la criminalità del Sahara, che trattate nel libro, e quella organizzata del sud d’Italia?

La collaborazione tra le varie mafie e i gruppi jihadisti è naturale, non dimentichiamo che Mokhtar Belmokhtar, l’algerino leader del gruppo dei al Murabitun responsabile dell’attacco al sito gasifero di In Amenas del 2012 veniva chiamato mister Marlboro in quanto aveva iniziato la sua attività come contrabbandiere. E di questi giorni il ritrovamento di 40 migranti africani nel Sahara del Niger, morti prima di arrivare in Libia da dove avrebbero voluto raggiungere l’Italia. Il fenomeno dell’immigrazione ci insegna che questi flussi attraversano il Sahara e non potrebbero farlo se i trafficanti di esseri umani non avrebbero dei contatti con i gruppi terroristi presenti nell’area e contatti in Italia. E a causa della destabilizzazione di quell’area, che noi nel libro definiamo il “nuovo Afghanistan”, la causa di tanti dei nostri problemi partendo dall’immigrazione fino alla minaccia del terrorismo in Europa. Non dimentichiamo che l’attentatore di Manchester, Salman Al Abedi, si era addestrato nel Sahara libico.Il primo business che islamici e mafie condividono è il contrabbando di merci e i traffici di armi e di droga: queste attività di fatto hanno bisogno di un soggetto con cui scambiare il bene per trarre un profitto. Le altre fon-
ti di finanziamento criminale sono, invece, estorsioni e sequestri di persona; l’Isis si è occupata anche di traffico di opere d’arte e contrabbando di petrolio e non mancano indizi anche di contrabbando di organi, espiantati dai cadaveri dei nemici. Il legame fra Isis, jihadisti e le mafie italiane appare  sempre più chiaro. Il Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti aveva dichiarato alla Reuters che jihadisti e camorra fanno affari con la droga, imbarcata verso l’Italia dal porto di Sirte, controllato dal Daesh: tutta la rotta nord-africana della droga è in mano ai jihadisti. Che i rapporti fra Isis e mafie italiane siano in fase avanzata, lo prova il recente caso di Aziz, un iracheno di 46 anni legato all’Isis, arrestato nel marzo 2016 a Castel Volturno (Caserta), con la duplice accusa di negoziare con la camorra accordi sul traffico d’armi e di fornire documenti falsi.



Qual è oggi il ruolo geopolitico della regione nordafricana?

Gioca un ruolo importante per i gruppi criminali di vario tipo dai contrabbandieri di esseri umani, ai narcotrafficanti fino ai gruppi jihadisti. In quell’are si destabilizza non solo l’Africa ma anche l’Europa e in parte il Medio Oriente.L’immigrazione che passa per il Sahara è quasi tutta di tipo economico e viene consentita perché serve a finanziare le bande mafiose di trafficanti di esseri umani e a volte anche i gruppi jihadisti conniventi che trovano in questo traffico un business importante. Certamente non agendo direttamente in quell’area si aiutano proprio queste bande e questi gruppi che si arricchiscono sulle spalle di questi migranti e dell’Europa che li accoglie. Ci sono aree molto grandi, come quella del confine libico e del nord del Mali che sono fuori qualsiasi controllo statuale ed è in quelle zone che questi gruppi agiscono o ci sono altre aree, come quella di Tinduf nel sud dell’Algeria, dove i profughi saharawi che da 40 anni vivono nel deserto senza speranze per il futuro vengono reclutati dai gruppi jihadisti. L’Italia è vittima perché è dal Sahara che passano i migranti che arrivano a Sebrata in Libia da dove si imbarcano per l’Italia, ed è a Sebrata che ci sono altre bande criminali che li aspettano e li mettono sui gommoni. E’ vittima perché è nel Sahara che si addestrano i terroristi che vogliono colpire l’Europa. Diventa corresponsabile nel momento in cui sostiene chi ha provocato la destabilizzazione dell’area, come ad esempio quando invia aiuti ad alcuni gruppi armati presenti nel Sahara, come il Fronte Polisario, finanziando un establishment che non aiuta certo a trovare una soluzione politica delle crisi regionali o quando non interviene con forza per fermare il flusso dei migranti diretti nel nostro paese.

 

Nel libro dedicate ampio spazio al fronte Polisario, ce ne può parlare brevemente?

Pur rispettando le cause di tutti senza entrare nel merito, descriviamo soltanto come la loro trentennale presenza in una fetta di Sahara algerino, considerando che si tratta di un gruppo armato che minaccia di attaccare il vicino Marocco, rappresenti nient’altro che un elemento di destabilizzazione di tutta l’area insieme agli altri elementi come la presenza dei gruppi jihadisti e dei trafficanti di droga e di esseri umani. Una regione dove il nord del Mali combatte per l’indipendenza e ospita basi di jihadisti, dove buona parte della Libia è fuori controllo di qualsiasi entità statale, avere anche dei campi profughi di uomini disperati e armati in Algeria certo non aiuta, soprattutto se il territorio che loro vorrebbero conquistare, quello del sud del Marocco, sta invece decollando economicamente grazie alla sicurezza e alla stabilità garantiti da Rabat e dal muro di sicurezza che impedisce l’infiltrazione di terroristi. Basta paragonare la mancanza di acqua e di cibo nei campi di Tindouf al ricco turismo e alle infrastrutture di cui godono gli abitanti di Dakhla da far invidia a tanti capitali africane e che, se vogliamo fare un esempio di una città abitata da saharaoui e che si trova nella stessa regione, supera di gran lunga gli standard della poverissima Nouadhibou, considerata come la capitale economica della Mauritania che dista solo qualche ora d’auto.

 

A chi si rivolge principalmente questo libro?

A chi vuole capire come sia possibile che ogni anno arrivino 200 mila migranti i quali riescono ad attraversare migliaia di chilometri di deserto. A chi vuole capire chi gestisce questi traffici e perché sia così facile gestirli in quella regione. A chi vuole capire dove si addestrano i terroristi che colpiscono l’Europa, come quello di Manchester, e a chi crede ancora nelle cause del marxismo romantico degli anni settanta finanziando cause inventate e gruppi armati che servono solo ad alimentare questo caos che regna nella regione. A chi vuole capire che l’unico modo per contrastare criminalità e jihadismo nel Sahara e quindi a casa nostra è necessario garantire la stabilità in quell’area sostenendo quei pochi che si battono per questa causa. La propaganda ideologica serve per reclutare nuove leve e il fatto che si svolga via internet e che possa arrivare facilmente a chiunque rende imprevedibile i loro attacchi in particolare se vengono condotti da cosiddetti lupi solitari. E’ per questo che nel libro sottolineiamo l’importante ruolo giocato da Mohammed VI in quanto è anche principe dei credenti (Amir al Muminin) e quindi capo del clero islamico del Marocco. E’ stato da sempre in prima linea nel sostenere i gruppi mistici sufi e nel combattere con i principi del diritto islamico la propaganda jihadista facendo di Fes la capitale spirituale del suo paese. Per questo destabilizzare questo paese, dove convivono pacificamente ebrei, cristiani e musulmani, significa dare un colpo alla speranza di un Islam moderato aperto al dialogo con le altre religioni a vantaggio di chi vuole solo guerra e caos.

 

Fabrizio Di Ernesto -  Agenzia Stampa Italia

 

Hamza Boccolini, giornalista professionista per Agenzia Nova; ha lavorato per l’agenzia Aki Adnkronos, Apcom, SkyTg24, Bbc, France24, Al Jazeera, Libero e il Roma. Ha vinto i premi Ischia giornalismo 2010 e Mare Nostrum 2013. Docente universitario, ha scritto “La vita del Profeta Muhammad” (Di Salvo Editore 1999) “L’Islam a Napoli” (Intra Moenia editore 2002) e “Media e Oriente” (Mursia Editore).

M. Boccolini, A. Potiglione, “Sahara, deserto di Mafie e Jihad – Come narcos, separatisti e Califfi minacciano il Mediterraneo”, Castelvecchio edizioni, pagg. 189 €18,50.

 

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