(ASI) Barcellona - Entrare nel più grande stadio d'Europa è il sogno di qualsiasi appassionato di calcio, perfino come semplice tifoso sugli spalti.
E' evidente che il match non debba essere di blasone per riempire il Camp Nou di almeno 76mila visitatori, l'80% dei quali turisti, curiosi di vedere tutto del Barça senza aver seguito prima di questo momento anche solo un minuto di calcio giocato, né dal vivo, a volte neanche in televisione.
Sicuramente a nessuno di loro sarà sfuggito su qualche cartellone pubblicitario, nel loro paese cinese o in qualche distretto americano, il volto di Lionel Messi, il concittadino del rivoluzionario Che Guevara dai quattro palloni d'oro e giocatore più forte del pianeta.
Il calcio in Spagna è business e spettacolo, folklore grazie a una rivalità che si definirebbe quasi provinciale tra i Blaugrana di Barcellona e i Blancos di Madrid, ma tant'è che il Camp Nou, se museo può essere considerato, risulta quello più visitato di tutta la Catalogna.
L'ultimo match di Liga ha visto per la quarta giornata di campionato Messi e compagni regolare nell'arco del secondo tempo i calciatori del Levante con una vittoria per 4 reti a 1, unico goal subito per colpa di Ter Stegen, portiere ancora shockato dal tiro del romanista Florenzi in Champions League, marcature blaugrana ad opera di Bartra, Neymar Jr, e dell'insospettabile Messi che tutti attendevano con ansia.
La stella argentina ha perfino sbagliato un rigore ma poco importava ai visitatori quello che accadeva sul terreno di gioco.
Tifosi è difficile chiamarli dal momento che gli Ultras della formazione di casa sono posizionati su una piccola tribuna parterre da circa 200 posti, mentre il resto era riservato al pubblico mondiale che, dopo essersi goduto una giornata in giro per musei, ha giudicato imprescindibile la possibilità di vedere una partita del Barça.
Per lo stesso motivo, in virtù di persone che visiteranno una volta nella vita il gigantesco complesso sportivo, i biglietti sono carissimi scoraggiando il tifo locale, per lo stesso motivo, le tribune rimangono misticamente silenziose in una contemplazione assorta di turisti provenienti da ogni parte del mondo, ignari del fuorigioco e di ogni più semplice regolamento calcistico.
Un paio di ragazzi americani rossi in volto senza sapere se sia la troppa birra o le troppe ore di sole alla spiaggia della Barceloneta provano a nominare sulla punta delle dita qualche squadra di club spagnola, due signori cinesi si alzano in piena azione saliente indisponendo le file posteriori per un selfie improvvisato in pieno dribbling di Messi, una coppia italiana guarda assorta il cielo e le stelle scambiando dolci parole e promesse d'amore. Tutti indicano con risa diffuse un simpatico omino in giacca e cravatta agitarsi a bordo campo senza minimamente considerare il ruolo del tecnico Luis Enrique, intento a caricare i suoi nel definire lo sviluppo delle azioni di gioco.
Lo spettacolo sugli spalti è vario, a volte noioso per la completa ignoranza dei cori catalani autoctoni cantati da pochissimi, a volte curioso, mille anni luce di distanza dal coinvolgimento emotivo degli stadi di provincia italiani.
Conta l'immensità dello stadio, il tramonto e le tenebre che lentamente scendono sulle colline della Catalogna, il sipario maestoso di un impianto sportivo ordinato come il Teatro dell'Opera e futurista ed estroverso come il modernismo che caratterizza la città di Barcellona.
Se in fondo potrebbe essere lo stesso per italiani in visita negli States che non possono perdersi una partita di baseball, sport del quale gli europei in genere non hanno mai capito nulla, oppure una partita di Cricket in Pakistan, è comprensibile rivedere il sistema secondo la relatività delle cose.
Messi segna un goal, l'intero stadio esulta unanime, Messi segna in fuorigioco e l'arbitro annulla giustamente la rete, tutti esultano lo stesso, valga o no la marcatura ai fini del risultato finale.
Ai volti noti della rosa del Barça, pressoché indistinti per la chilometrica distanza tra campo e spalti, si alternano così quelli di tifosi-visitatori che in Catalogna non vedremo mai più, sazi dello show e pieni di foto epiche da mostrare agli amici, di souvenir da recare loro. Uno spettacolo calcistico dove curiosamente l'effetto business ha surclassato lo stadio della domenica, quello dei tifosi catalani, quelli veri e abituali che vedono ormai le partite nei tapas-bar delle Ramblas a sorsi di sangria.
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia