(ASI) Padova – Continua lo speciale dedicato alla data che cambiava radicalmente la storia d’Italia. Oggi prendiamo in analisi il Monumento ai Caduti di Trieste.
Monumento ai Caduti di Trieste – Scultore Attilio Selva, Sistemazione dell’Ingegnere V. Privileggi
Nel Monumento ai Caduti e Martiri triestini della Grande Guerra, assume anzitutto alto valore simbolico il luogo così opportunamente prescelto per ospitarlo. Il Castello di San Giusto è sempre stato, sin dal Risorgimento, il segnacolo dell’italianità ancora oppressa nel suo diuturno e appassionato sforzo di liberazione; ad esso volgevano il loro pensiero i Martiri lontani e recenti come ad una visione di amore, che comprendeva tutta la terra schiava per cui accettavano il sacrificio.
Nessun altro luogo invero avrebbe potuto meglio ospitare il Monumento ai Caduti triestini. In secondo luogo è da lodare nella sistemazione accogliente il Monumento, la semplicità e la spontaneità, la mancanza di inutili ridondanze e di pletorici complementi architettonici. Il Colle di San Giusto, liberato dai muri che recingevano alcuni orti, offre ora la sua forma nuda, su cui il castello e la Basilica di San Giusto mostrano da tutti i lati le loro venerande muraglie. Sul largo piazzale sono agevoli le adunate e le celebrazioni evocatrici. In terzo luogo è da apprezzare la robusta opera scultoria di Attilio Selva, così semplicemente e fortemente impostata sul semplice e solido basamento. Con questo Monumento Trieste ha risolto molto degnamente il voto di gratitudine verso i suoi figli caduti per la sua liberazione.
Quando nel 1926 fu stabilita l’erezione del Monumento ai Caduti nella Grande Guerra sul Colle di San Giusto, questo aveva una fisionomia ben diversa dall’attuale; la Via Capitolina, la magnifica strada panoramica che congiunge il Colle Capitolino con la città, non esisteva ancora e la zona attorno al Castello ospitava orti mal tenuti, con case coloniche ad alcune villette, recinti da muretti diroccati. Certamente in questa zona dovevano essere sepolti i resti del Campidoglio triestino, poiché lo attestavano le stilobate e le colonne romane imprigionate nella vicina torre della Basilica; ma nulla affiorava dal terreno, né esisteva alcun disegno anche solo approssimativo, per fornire una direttiva qualsiasi circa la dislocazione dei resti. Il progetto della sistemazione fu affidato all’ing. V. Privileggi, del Comune di Trieste. Il Monumento fu ubicato all’estremità nord della zona antistante San Giusto, in modo tale che esso bene si inquadrasse nel paese, che fosse isolato dal Castello e dalla Chiesa e non rimanesse precluso alla vista della città, dominando anzi sullo sfondo della Via XXX Ottobre a partire d Piazza Oberdan, dal luogo cioè del supplizio del “protomartire”, quasi a richiamo spirituale. Il luogo era suggestivo e le prove fatte con schermi al naturale confermarono la bontà della scelta. Attorno a questo punto furono iniziati poi scavi per saggiare il terreno, specie dal punto di vista archeologico: gli scavi furono doppiamente fortunati, poiché nel luogo prescelto nulla si trovò all’infuori del terreno naturale, degradante verso la città, mentre invece nel lato verso il Castello cominciarono ad affiorare le prime tracce di pavimento romano a blocchi di calcare rettangolare che ben presto risultò essere quello di un vasto piazzale di cui poterono subito essere identificati la pianta rettangolare, e i confini a nord ed a ovest.
Poco discosti da questi, a un livello più alto, si rinvennero resti di un edificio absidato e avanzi di un muraglione, soprastruttura medievale tozza e robusta, interrotto da un vano di porta aperto verso la città. Il risultato di questi primi scavi confermò la bontà della scelta del posto del monumento, ma richiese una sistemazione e valorizzasse i resti dissepolti.
Il progetto previde pertanto il ripristino del piazzale, in prolungazione del quale si creò una platea semicircolare con nel centro il monumento e al margine il muraglione medievale. Platea e piazzale furono collegati alla sottostante Via Capitolina, ormai ultimata, con ripiani erbosi e con scalee radicali. Elemento indispensabile nel piazzale risultò il doppio filare di cipressi per segnarne il limite e indirizzare le visuali. Il pavimento del piazzale fu ripristinato, con materiale di identica struttura a blocchi rettangolari, ma di diverso colore, talché risultasse netto il distacco tra il calcare bianco di Aurisina romano e il grigio dell’arenaria di Muggia del pavimento aggiunto. I confini furono tracciati con banchine di pietra bianca in rialzo. Il progetto, ottenuta l’approvazione delle competenti autorità triestine del tempo, fu presentato al Podestà Salem all’inizio della sua attività, nell’ottobre del 1933. Egli, assieme ad altri importantissimi problemi cittadini, affrontò in pieno anche la sistemazione del Piazzale di San Giusto, opera alla quale era vincolata l’erezione del monumento desiderato e ordinò che nel più breve tempo essa fosse compiuta.
Ulteriori elementi, appartenenti ai resti romani, vennero alla luce colla ripulitura completa del piazzale; così una cunetta aperta per lo scolo dell’acqua piovane, che fu ripristinata all’antica funzione lungo il margine est, e un marciapiede rialzato a nord, che fu pure ripristinato. Restava da esplorare ancora tutta la zona fra il piazzale e il Castello; ma intanto l’opera, inquadrata nelle sue linee essenziali, poteva avere inizio. Contemporaneamente il Podestà volle che fosse subito incominciato e proseguito alacremente lo sterro sotto il castello, e se ne ebbero risultati insperati: si ritrovarono i resti di una imponente basilica, purtroppo limitati al piantato e alle basi dei doppi filari di colonne. Per strana coincidenza i filari ne risultarono paralleli a quelli dei cipressi previsti nel progetto di sistemazione del vicino piazzale.
Questa cornice magnifica di opere, conclusa in un anno e mezzo di lavoro, era pronta il XXIV Maggio 1935 per accogliere prima il raduno del Volontari nel XX anniversario dell’entrata in guerra, e poi il monumento di Attilio Selva, il valoroso artista triestino, a cui la città aveva trasmesso l’incarico di sciogliere il suo voto. Il 1° settembre 1935, alla presenza del Re e di Cobolli – Gigli, Ciano e Federzoni, oratore Carlo Delcroix, il monumento fu inaugurato.
Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia