(ASI) Napoli - Sono passati oltre 72 anni dalla sollevazione della città di Napoli contro l'esercito tedesco che dovette ritirarsi dalla città, e lasciare campo libero agli Alleati, sbarcati a Salerno.
L'episodio che storicamente prende il nome di: Quattro Giornate di Napoli. La sua memoria storica comincia a sbiadirsi con la scomparsa di tutti i testimoni diretti. Cosi, al fine del ricordo e della ricerca della verità storica siamo andati ad intervistare un combattente ancora in vita delle Quattro Giornate di Napoli, il Presidente dell'ANPI napoletana, l'ottantottenne Antonio Amoretti che all'epoca era solo un sedicenne che imbracciò il fucile, il quale oggi ci ha lasciato la sua testimonianza con una video - intervista di circa venti minuti.
La Wermacht, all'epoca l'esercito di terra più forte del mondo, aveva ricevuto da Hitler l'ordine di trasformare Napoli in "cenere e fango", sia per arrestare l'avanzata dell'esercito anglo - americano, sia per punire quella popolazione così restia ad ubbidire agli inflessibili ordini del Colonnello Walter Scholl, comandante del presidio militare tedesco in città. Ma, la Wermacht dovette contravvenire all'ordine del Fuhrer e arrendersi ai rappresentanti degli insorti (tra cui civili di ogni estrazione sociale e militari italiani sbandati che al momento dell'armistizio dell'8 Settembre si trovavano in città) e ritirarsi dalla polveriera partenopea. Grazie a quell'atto di coraggio del popolo napoletano, la città fu l'unica metropoli europea a liberarsi "da sola" alle armate del Reich e poté salvarsi dalla più totale devastazione.
Sulla vicenda delle Quattro Giornate di Napoli è stato detto tutto e il contrario di tutto. Tra l'altro é stato proiettato nel 1962 anche un film di Nanni Loy che ha suscitato in Germania pesanti reazioni negative, soprattutto fra i reduci. C'è stato finanche chi ha negato l'esistenza di questo avvenimento o ha di molto ridimensionato il ruolo della resistenza popolare, sostenendo che l'esercito tedesco avrebbe abbandonato Napoli in ordine per l'imminente arrivo degli Alleati e il tutto si sarebbe ridotto a semplici scaramucce.
Comunque sia, ogni versione di quanto avvenuto, in un senso o nell'altro, deve essere letta attentamente, liberi da pregiudizi.
A dimostrazione di ciò, le dichiarazioni di Amoretti, se si leggono depurate dai residui ideologici, hanno contribuito a chiarire alcuni aspetti della vicenda.
Però prima di entrare nello specifico è necessario fare un ulteriore parentesi storica.
L' 8 Settembre 1943, il Re Vittorio Emanuele III di Savoia e il Maresciallo d'Italia Pietro Badoglio annunciarono l'armistizio dell'esercito italiano con gli Alleati Anglo - Americani, a loro dire per evitare ulteriori sofferenze al Popolo italiano, già troppo provato da tre lunghi anni di una guerra mondiale ( la seconda), veramente totale che non coinvolgeva direttamente solo i soldati al fronte come durante la Grande Guerra (1915-1918), ma tutto il sistema Paese, compresa la popolazione civile.
Il Re e il suo Primo Ministro, Badoglio, con l'armistizio di Cassibile firmato con gli Alleati, tentarono un delicatissimo cambio di fronte a guerra in corso, ordinando di rispondere ad attacchi provenienti da ogni altra parte, ovviamente quella degli ex alleati tedeschi che già erano nel territorio italiano; ma, in realtà, viene considerato da più parti il classico proclama della serie "armatevi e partite", poichè il sovrano e il suo stato maggiore, portate in salvo "baracche e burattini", abbandonarono in fretta e furia Roma e gran parte dell'Italia in mano all'esercito tedesco, che fu libero di rastrellare i soldati italiani (che senza direttive si sbandarono) e di trasformare con gli Anglo - Americani il territorio italiano in un campo di battaglia pieno di croci.
Dunque, quella decisione del Re savoiardo e del Maresciallo Badoglio che poteva sembrare una mossa disperata per salvare l'Italia dalla distruzione pressoché totale, ebbe, alla luce di quanto avvenuto, conseguenze catastrofiche.
In questo contesto si intersecano le Quattro Giornate di Napoli (dal 27 al 30 Settembre 1943) in cui il popolo napoletano, spinto dall'amore per la propria terra, la propria città, la propria patria, la propria vita e quella dei propri cari, e dalla forza della disperazione, decide di ribellarsi contro la Wermacht.
A tal proposito, dal racconto di Amoretti, sono venute fuori alcune interessanti notizia:
1) I soldati tedeschi non erano tantissimi in città, e non ci vollero tantissime persone per costringerli ad abbandonare Napoli. Poco oltre le 1500 unità ufficialmente furono i patrioti di ogni sesso ed estrazione sociale; i soldati tedeschi erano sicuramente di meno. Infatti, probabilmente il fine dei militari della Wermacht, ci ha detto Amoretti, era quello di asserragliarsi nella città con un gruppo non numerosissimo di uomini e combattere casa per casa; con conseguenze devastanti per la città come è avvenuto, ad esempio, in Abruzzo ad Ortona, soprannominata la Stalingrado d'Abruzzo, perché distrutta pressoché totalmente.
2) Fu marginale il ruolo del Comitato di Liberazione Nazionale nelle Quattro Giornate di Napoli, poiché furono comuni cittadini con dei militari datisi "alla macchia", provenienti da ogni parte d'Italia, presenti a Napoli nel Settembre 1943, a liberare la città.
3) La rivolta aveva diversi focolai spontanei, inizialmente non coordinati, poi sempre meglio organizzati.
4) Ci furono dei collaborazionisti dei tedeschi ma erano pochi. Essi segnalavano delle persone da arrestare o fucilare, oppure facevano opera di cecchinaggio dai tetti delle case. A Napoli però, come ci ha detto Amoretti, ad onor della verità storica, c'erano anche Fascisti che combatterono contro i Tedeschi per difendere la città dalla distruzione.
5) Considerata la variegata estrazione sociale, territoriale ed ideologica degli insorti delle Quattro Giornate di Napoli, essi possono essere considerati dei patrioti più che dei veri e propri partigiani (termine che tra l'altro ancora si usava molto in quel Settembre).
Pertanto, in conclusione dalle dichiarazioni di Amoretti ai nostri microfoni, secondo quanto dedotto dal video, si evincerebbe che le Quattro Giornate di Napoli, più che un atto di mera resistenza antifascista, rappresenterebbero un atto di ribellione popolare a difesa della propria patria, della propria città, insomma dei propri affetti più cari, perciò l'episodio storico non deve essere oggetto di strumentalizzazioni politiche - ideologiche, ma contestualizzato nel periodo storico in cui è avvenuto.
Sentiamo ora le dichiarazioni di Antonio Amoretti, Presidente Anpi Napoli, ai nostri microfoni:
Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia