(ASI) PECHINO - Pochi Paesi possono vantare una tradizione culturale pari, per volume e longevità, a quella cinese. Cinquemila anni di civiltà costituiscono un patrimonio storico di incommensurabile spessore, ma anche una responsabilità di grande portata, un'eredità vastissima da difendere e conservare indenne attraverso il processo di modernizzazione e di adattamento globale.
E' proprio questa la sfida principale che vede oggi impegnato il gigante asiatico, tornato alle posizioni mondiali che per secoli lo hanno visto protagonista indiscusso sia sul piano politico che su quello economico e commerciale. La rivoluzione nazional-repubblicana di Sun Yat-sen, quella socialista di Mao Zedong e soprattutto le politiche di riforma e apertura adottate da Deng Xiaoping nel 1979 hanno radicalmente cambiato, in appena cento anni, il volto della Cina, trasformando una nazione prevalentemente agricola, in rapido declino, aggredita da Est (Giappone) e da Ovest (potenze coloniali europee) in una potenza mondiale capace di competere, almeno sul piano economico, con le più avanzate realtà occidentali, a partire dagli Stati Uniti. Eppure, girando le strade di Pechino o dell'antica capitale Xi'an, l'osservatore più attento e meno epidermico noterà che dietro quasi ogni progetto di innovazione infrastrutturale, commerciale, finanziaria o urbanistica ci sono una mente e un braccio diversi da quelli occidentali, distanti dal nostro modo di pensare lo sviluppo e profondamente ancorati ai valori e alle tradizioni che per millenni hanno caratterizzato il Celeste Impero.
La Cina Popolare resta un mistero in Occidente, al quale in tanti cercano di dare risposta ricorrendo alle più bizzarre supposizioni quando non a vere e proprie invenzioni e luoghi comuni, ormai consolidatisi nell'opinione pubblica. Tra i primi responsabili di tanta incomprensione, ci sono senz'altro molti dei nostri mezzi di informazione, spesso incapaci di leggere ed interpretare le realtà extra-occidentali in modo realistico e obiettivo. Gli incontri che l'Associazione dei Giornalisti di tutta la Cina ha voluto fissare per la delegazione della stampa italiana, in visita in Cina tra il 23 e il 30 novembre scorsi, hanno avuto il duplice obiettivo di stabilire un contatto e di avviare un percorso di cooperazione che possa portare due realtà e due modi di comunicare i fatti e la cultura, apparentemente lontanissimi fra loro, a confrontarsi pacificamente e a comprendersi reciprocamente. Non deve sorprendere, in tal senso, che il panorama mediatico cinese possa avere molte cose da insegnare, non solo da apprendere.
Chen Tao, presidente dell'Associazione dei Giornalisti di tutta la Cina, ha voluto ribadire l'importanza dei rapporti bilaterali tra Italia e Cina, fissando l'obiettivo di aumentare la comprensione reciproca attraverso l'informazione e lo scambio di dati. L'emblematico caso della recente crisi di Hong Kong ha mostrato ancora una volta le grandi distanze tra i due mondi e l'incapacità per molti media occidentali di raccogliere notizie in modo imparziale e di inserirle in un contesto storico-politico conosciuto. Ignorando le specificità e il corso storico dell'ex colonia britannica, diverse redazioni hanno preso per buona la versione favolistica della "rivolta democratica" contro il presunto "autoritarismo" del governo regionale autonomo e del governo di Pechino. Nella realtà, Hong Kong ha conosciuto i primi elementi di democrazia rappresentativa proprio da quando è tornata sotto la sovranità cinese.
In Cina, la condizione dei media risente necessariamente di un clima culturale particolare, incanalato sul solco di una storia nazionale che va dai grandi pensatori dell'antichità a Mao Zedong e ai giornalisti rivoluzionari, a quelle "penne", cioè, che per decenni hanno cercato di raccontare i fatti al popolo attraverso fotografie, dazibao e articoli. Depurato definitivamente dalle distorsioni dogmatiche e dalle amplificazioni ideologiche della Rivoluzione Culturale, oggi il giornalismo cinese ha raggiunto standard di qualità notevoli, eccellente preparazione professionale e criteri di selezione del personale molto duri, destinati ad aumentare il proprio livello con la riforma del sistema giornalistico, annunciata da Xi Jinping. Come l'economia, anche l'informazione sta vivendo una fase di transizione sotto la duplice egida della "mano visibile" (Stato) e della "mano invisibile" (mercato): due forze che, secondo l'antico schema del Tao, si completano a vicenda. Sono passati molti anni da allora, ma la massima di Mao secondo la quale chi non faceva inchiesta non poteva pretendere il diritto di parola all'interno delle assemblee e degli incontri del Partito, sembra essere rimasta, come intatto è lo spirito della politica (meritocratica e competitiva) dei "cento fiori", preservato da Liu Shaoqi e attuato compiutamente negli anni di Deng Xiaoping, con le politiche di riforma e apertura, e di Jiang Zemin, con la teoria della triplice rappresentanza.
Una regione importante come lo Shaanxi, culla della lingua e della cultura cinese più profonda, dispone oggi di una testata a diffusione nazionale, lo Shaanxi Daily, capace di sfornare sei pubblicazioni cartacee (un'edizione nazionale, due edizioni locali, due riviste periodiche tematiche ed un inserto settimanale dedicato alla moda) e una pubblicazione multimediale, e di un'emittente radiotelevisiva, la SXBC, composta da dieci canali (due satellitari nazionali e otto a carattere locale) e due stazioni radiofoniche, che impiega circa 4.000 dipendenti in totale, pronti ad informare la popolazione sulle attività del governo, sui movimenti sociali, sulle trasformazioni economiche e sui principali fatti di cronaca, costume e società.
Xi'an, capitale dello Shaanxi, sta vivendo oggi i picchi di una fase di sviluppo economico, infrastrutturale e sociale, cominciato nel 1991 con la costruzione della Xi'an Hi-Tech Industries Development Zone (XHDZ), uno dei primi parchi scientifico-tecnologici del Paese e una delle principali eccellenze tra le tante aree territoriali coinvolte nelle Zone Economiche Speciali. Come ha sottolineato Li Qungang, direttore del Dipartimento Informazioni del Partito Comunista Cinese per la XHDZ, si tratta di un'area di poco meno di 60 km2, edificata in appena ventitre anni, che in futuro dovrà raggiungere un'estensione di ben 300 km2: una città nella città, che sta già ospitando operatori stranieri di alto profilo nel settore come ad esempio Siemens, Samsung, IBM o Toshiba, oltre ai soggetti nazionali attivi sia nel campo del R&D civile (es. Huawei) che militare (es. Shenyang Aircraft Corp.). Secondo le previsioni di Xi Jinping, nativo proprio di Xi'an, quest'area costituirà l'inizio della nuova Via della Seta, sopra le orme di quella antica, che dalla vecchia capitale cinese giungeva sino a Roma, attraverso l'Asia Centrale e il Medio Oriente.
Andrea Fais – Agenzia Stampa Italia