Consiglio Nazionale Udc. Il discorso dell'On. Lorenzo Cesa, segretario nazionale dl partito

(ASI) Vi proponiamo la versione integrale del discorso dell'On. Lorenzo Cesa, segretario nazionale dell'UDC, tenuto ieri al Consiglio Nazionale del partito in corso a Roma.

Buongiorno a tutti e grazie di essere qui oggi. Normalmente nelle mie relazioni esamino prima la situazione politica generale del Paese e poi quella che ci riguarda più da vicino, il partito e tutto quel che si muove intorno a noi. Questa volta vorrei fare il contrario.

Credo sia indispensabile partire da noi, da quello che stiamo facendo e che vorremmo fare in queste settimane e nei prossimi mesi. Mi sembra più utile anche per inquadrare meglio il nostro posizionamento rispetto ai problemi del Paese che rimangono drammatici purtroppo.

E rispetto alla nostra presenza e al nostro appoggio al Governo, alle riforme istituzionali e alla legge elettorale che sono in via di definizione.

Così come con riferimento alle riforme economiche che mi sembra siano finite in secondo piano e invece penso che dovrebbero essere un chiodo fisso per tutti.

Chiuderò poi questa mia relazione tornando alle questioni più interne per accennare ad alcune decisioni organizzative importanti e alla festa di Chianciano di settembre.

Partiamo da noi e dal posizionamento politico dell’Udc.

Sapete tutti il lavoro politico che abbiamo svolto in questi mesi.

Ci sono state le elezioni europee e questo ha reso ancora più obbligata una scelta che a mio avviso era comunque già obbligata.

La scelta di collocarci chiaramente nel campo alternativo a quello dei socialisti europei, e dunque anche del Pd.

E di ribadire invece con forza la nostra collocazione nel campo del popolarismo, dell’europeismo convinto, in quell’area riformatrice, liberale, popolare e moderata che è la nostra area naturale e che non può confondersi con l’area del populismo.

Non avremmo potuto confonderci né con chi pensava di uscire dall’euro e di poter fare a pugni con l’Europa senza ritrovarsi con le ossa rotte, né con l’area del razzismo strisciante della Lega o dell’irresponsabilità totale di Grillo e Casaleggio.

Oltre che obbligata nel momento in cui l’abbiamo fatta, è stata una scelta giusta anche con il senno di poi.

Perché se andiamo a riguardare a quello che è accaduto con le elezioni europee è fin troppo evidente che mettersi all’ombra del Pd ma anche mettersi all’ombra di Forza Italia sarebbe stato un suicidio.

Il Pd ha divorato e continua a divorare tutto lo spazio intorno a sé.

Ci aveva già provato Veltroni come ricorderete, ma aveva fallito.

Questa volta invece Renzi ci sta riuscendo.

Il suo obiettivo è far coincidere il centrosinistra con il Pd stesso, la vocazione maggioritaria: e lo smembramento del partito di Vendola e lo zero virgola di Scelta Civica alle Europee dicono che ci sta riuscendo. Qualcuno ha paragonato nelle scorse settimane il leader del Pd a Crono che divorava i suoi figli.

Secondo me molto più semplicemente il premier in politica ha scelto di rimanere scapolo e non avere figli.

Quanto a Forza Italia.

Forza Italia dopo aver perso sei milioni di voti nel 2013 ne ha persi altri 3 alle Europee. E io sono convinto che li abbia persi non solo per i problemi del suo leader, per i dissidi interni, ma anche per la linea ambigua che ha tenuto nell’ultimo anno, stando prima dentro al governo Letta e poi fuori.

Stando all’opposizione del governo Renzi ma di fatto appoggiandolo nelle scelte più importanti.

Prendendo posizioni europeiste e antieuropeiste a giorni alterni.

Ecco, siccome gran parte di quell’elettorato, dei nove milioni che hanno abbandonato Forza Italia ma anche di quel 17% scarso che ha raccolto comunque, sono elettori moderati, è chiaro che tutte queste incertezze li hanno spaventati e disorientati.

E se noi ci fossimo aggiunti ad una situazione simile, essendo più piccoli non credo che avremmo potuto stabilizzare granché.

Anzi avremmo confuso anche chi continua a darci fiducia.

Questa era la linea, che peraltro né io né gli altri dirigenti nazionali abbiamo scelto da soli, ma che ci è stata indicata e confermata all’unanimità dal Congresso Nazionale.

E’ chiaro che al di là delle elezioni europee poi c’era l’obiettivo di costruire qualcosa di nuovo nella nostra area, qualcosa che andasse oltre l’Udc ma anche oltre tutti gli altri soggetti che si richiamano all’area del popolarismo.

Le elezioni rappresentavano un’occasione ma hanno rappresentato anche un freno perché poi è logico che nei momenti in cui si vanno a contare i voti ogni soggetto politico pensa prima di tutto al suo risultato e a quello dei suoi candidati.

Noi abbiamo fatto e siamo pronti a fare ogni passo per arrivare all’obiettivo di far nascere qualcosa di nuovo e più grande che rappresenti finalmente una nuova speranza per tutti i popolari e i moderati italiani.

Ma per crescere e costruire un nuovo contenitore non possiamo fare certo da soli.

Il rinnovamento – su questo apro una piccolissima parentesi che però mi sembra importante anche se molto elementare - non si fa rimescolando le carte dello stesso mazzo, si fa mettendo insieme altre carte, provenienti da altre esperienze ed altre realtà.

Questa è stata ed è la parte più difficile.

 Perché laddove certe scelte non dipendono da noi, ma dipendono dagli altri, più che continuare a dimostrare la massima disponibilità non si può fare.

Sicuramente avremo commesso qualche errore anche noi, magari avremmo potuto essere ancora più incisivi nel lanciare il nostro appello di apertura agli altri.

Ma comunque sia - io credo che dobbiamo continuare ad essere la goccia cinese che buca la roccia e insistere perché anche oggi questa è la via obbligata.

In questo senso abbiamo già avuto un okay all’unanimità due settimane fa dalla Direzione Nazionale e oggi mi auguro che la stessa unanimità si possa registrare anche in Consiglio Nazionale, anche in vista delle novità importanti che sto per annunciarvi.

Guardate, è importante che su questo siamo tutti molto attenti.

E’ un momento in cui dobbiamo essere freddi e lucidi perché secondo me si stanno creando condizioni potenzialmente molto favorevoli per la realizzazione del nostro progetto. Quello che conta davvero, tra noi e anche nell’immagine di noi che diamo all’esterno, è far comprendere a tutti che abbiamo le idee chiare e che non sbandiamo.

Il nostro posizionamento può essere il nostro punto di forza.

Noi siamo collocati in un punto dove inevitabilmente anche altri dovranno convergere prima o poi.

Con il Pd che ha chiuso ogni spazio attorno a sé come dicevo prima, è chiaro che lo spazio aperto è da questa parte, nel campo dei popolari, dei moderati, dei riformatori.

Non ha senso che noi ci spostiamo verso altre posizioni oggi perché non siamo noi ad essere collocati nel posto sbagliato.

Soprattutto non ha senso che ci spostiamo verso posizioni populiste o di protesta che non ci appartengono e che ci taglierebbero fuori da tutto.

Noi siamo al posto giusto e vedrete che saranno gli altri a dover convergere verso di noi.

Quello che è successo nei giorni scorsi secondo me è la prova più evidente di quello che sto dicendo.

La sentenza di assoluzione di Berlusconi, lo avete visto tutti, ha creato qualche sbandamento.

Sicuramente non abbiamo sbandato noi: un partito come il nostro non si sposta a seconda delle sentenze né tantomeno specula sugli esiti di una sentenza, sia che sia di assoluzione, sia che sia di condanna.

Ma al di là di qualche voce fuori dal coro lo stesso ragionamento hanno fatto anche altri, anche nel partito di Alfano che avrebbe potuto essere in teoria il più sensibile ad un certo richiamo.

Al contrario anche in quella realtà ci si è resi conto appunto che non si può cambiare linea politica a seconda delle sentenze.

La linea politica la fanno le scelte politiche.

E oggi semmai, proprio alla luce di quella sentenza, il partito che sta dando qualche segnale di poter cambiare linea è proprio Forza Italia, non il Nuovo Centrodestra.

I toni più moderati – e uso questa parola non a caso – l’atteggiamento più prudente di Berlusconi nei confronti della magistratura ad esempio sembrano il preludio ad una possibile apertura alla realizzazione di una riforma della giustizia condivisa finalmente, non punitiva nei confronti di nessuno ma attenta esclusivamente all’interesse dei cittadini, delle imprese e del Paese, che di una giustizia che funzioni davvero soprattutto in ambito civile hanno un grandissimo bisogno.

Se son rose fioriranno e se il campo popolare moderato si riorganizzerà su basi e proposte realmente moderate noi saremo i primi ad essere contenti.

Ma l’onere della prova dell’abbandono del populismo non spetta certo a noi.

A noi semmai interessa cercare di coagulare l’elettorato moderato e non populista che in questo momento appare smarrito perché non vede punti di riferimento capaci di suscitare la speranza di una vittoria alle prossime elezioni politiche quando saranno.

E mi pare che dopo gli sbandamenti dei giorni scorsi anche il partito di Alfano si sia convinto della stessa cosa.

Per cui il grande lavoro di tessitura delle scorse settimane e degli ultimi mesi è ripreso proprio in queste ultime ore con un nuovo slancio che non possiamo che salutare positivamente.

I contatti con gli amici del Nuovo Centrodestra, così come i contatti con Scelta Civica, Per L’Italia, si sono di nuovo intensificati.

L’Italia ha bisogno di un nuovo soggetto moderato capace di competere e concorrere con la sinistra per il governo del Paese.

Senza un’alternativa vera e credibile al Pd ad andare in sofferenza sarebbe il nostro sistema democratico.

E siamo arrivati alla vigilia di questa assemblea di oggi con la firma di un documento unitario che sulla base di una convergenza politica, nel segno del popolarismo, avvia la costituzione di un Comitato Promotore per un nuovo soggetto politico unitario.

Si tratta di un fatto politico nuovo ed importantissimo che ci consentirà di avere un peso ben maggiore in Parlamento ma che soprattutto vuole parlare all’esterno, ai cittadini, ad un mondo che oggi non ha più rappresentanza ed ha il diritto di essere rappresentato nelle istituzioni, in Italia come in Europa.

Vi leggo dunque questo documento siglato da….:

L’obiettivo dunque, non è non può essere quello di portare avanti questa o quella vecchia sigla.

L’obiettivo deve essere quello di costruire tutti insieme qualcosa di nuovo e di più ampio di quel che c’è in campo ora.

Qualcosa che si caratterizzi partendo dai contenuti, dalle idee: e dunque qualcosa di popolare ed europeista, di moderato e riformatore, qualcosa fondato su valori solidi, come quelli della dottrina sociale della Chiesa che con Papa Francesco è di straordinaria attualità, uniti ad una forte coscienza liberale.

Lo stiamo facendo e lo faremo con chiunque condivida questa impostazione e queste idee politiche, senza chiedere a nessuno di presentarsi con il cappello in mano ma senza nemmeno accettare che qualcuno ci chieda di chiedere permesso.

Così dobbiamo impostare il nostro lavoro di oggi e delle prossime settimane.

D’altro canto se non ci organizziamo non siamo nemmeno in grado di incidere davvero sull’attività del governo.

E qui vengo al secondo punto nodale della mia relazione: la questione del Paese.

Noi appoggiamo con convinzione il governo Renzi perché pensiamo che la crisi durissima che il Paese sta attraversando possa essere superata solo mettendo insieme tutte le forze più responsabili.

E questo governo alcune cose buone le ha fatte e le sta facendo.

Però non vogliamo nemmeno accontentarci degli 80 euro, o di una mezza abolizione del Senato e nemmeno di una legge elettorale che tra l’altro così come è stata sottoscritta nel patto Berlusconi-Renzi è inaccettabile perché ripropone gli stessi difetti del Porcellum.

Noi vogliamo il superamento del bicameralismo perfetto e lo voteremo, ma avremmo voluto di più, un’abolizione vera del Senato, così come avremmo voluto un’abolizione vera delle province.

E vorremmo una legge elettorale che garantisca sì la governabilità, ma che garantisca anche finalmente ai cittadini di scegliersi i loro rappresentanti in Parlamento. E soprattutto vorremmo che si rimettesse al centro, subito, la questione più urgente per il Paese: la crisi economica ed occupazionale.

Il presidente Renzi dice che l’abolizione del Senato è per l’Italia come il pin che sblocca il telefonino.

Ma con una maggioranza amplissima come quella attuale, che può contare perfino sul supporto esterno di Forza Italia, sulla nuova voglia di dialogo di una fetta consistente di grillini, il telefonino è già sbloccato e anzi se non gli si dà corrente rischia di scaricarsi. Oggi ci sono già tutte le condizioni per approvare una riforma del lavoro ad ampio spettro, per approvare la riforma del fisco che renda meno iniqua la distribuzione del carico delle tasse a cominciare dalle famiglie più numerose.

Ci sono le condizioni per pagare finalmente i debiti della pubblica amministrazione alle imprese senza credito: sono due anni che ne sento parlare eppure quello che dovrebbe essere un fiume di pagamenti ancora oggi è un rubinetto semiaperto.

E aggiungo che ci sono le condizioni per approvare quel grande piano straordinario di investimenti infrastrutturali che invochiamo da anni per rilanciare l’occupazione.

In queste settimane ho ripreso ad andare regolarmente anche a Bruxelles e vi assicuro che in Europa ci guardano con sempre maggiore sconcerto perché sembra che a questi temi non stiamo dedicando molta attenzione.

E invece sono questi i temi con i quali possiamo ottenere maggiore flessibilità dall’Europa.

Se facciamo le riforme economiche che rimettono in moto la creazione di ricchezza, l’Europa è pronta a venirci incontro.

Se passiamo la nostra vita solo ed esclusivamente a modificare la struttura e il sistema elettorale del Senato in Europa ci prendono per pazzi e difficilmente ci daranno ascolto.

Il semestre europeo, anche questo va detto, è iniziato male.

Io ho difeso e difendo la nomina del ministro Mogherini come rappresentante dell’Italia in Europa, ma se non usciamo dallo stallo rischiamo di arrivare ad ottobre senza un nuovo governo dell’Europa e a quel punto non avremo già più tempo di incidere perché dopo poche settimane la nostra presidenza sarà scaduta.

Allora io penso che l’area moderata e popolare di questo Paese abbia un dovere morale e politico fortissimo di fronte ad un governo di larga coalizione guidato dal leader della sinistra come quello attuale: ha il dovere di pungolare il premier ed il suo governo, di spingerlo a fare di più, ad accelerare sulle cose che servono davvero ad un’Italia che ha ormai dieci milioni di poveri su sessanta milioni di abitanti.

Ma per esercitare efficacemente questo ruolo di pungolo, quest’area deve essere organizzata e coesa, deve avere numeri dentro e fuori il Parlamento in grado di pesare ed incidere.

Deve mettere da parte ogni personalismo e saper andare oltre.

Questo è il nostro compito di oggi e di domani ed il fatto che siamo arrivati ad un documento comune e alla nascita finalmente di un comitato promotore mi fa ben sperare per il futuro.

Mentre dico basta a quelli che ancora passano il loro tempo a pensare alle alleanze, a quelli che si rovinano l’esistenza a cercare di capire se sia meglio andare a destra o a sinistra e che vorrebbero che si decidesse ora, adesso, subito, dove andare e con chi andare.

A tutti questi voglio dire basta.

E vorrei far notare che Renzi sta con una maggioranza in Parlamento, fa accordi con l’opposizione di Forza Italia sulle riforme e cerca altri accordi con Grillo.

Che Berlusconi guarda al centro e intanto fa accordi con Renzi.

Che Grillo litiga con tutti e intanto dialoga con la sinistra.

E in una situazione del genere noi dovremmo fare qui e ora una scelta?

La nostra scelta è una sola: costruire quell’area moderata e popolare che non c’è e che è necessario per il Paese che ci sia.

Solo successivamente affronteremo il tema delle alleanze.

Chi deve costruire una cosa nuova come noi deve parlare fuori dal Palazzo, al Paese, alla gente sui territori, molto più che dentro il Palazzo.

Solo quando esisti e sei forte puoi valutare se sia il caso di allearsi ed eventualmente scegliere uno schieramento.

Il lavoro di oggi dunque è costruire e rafforzare noi e la nostra area.

E qui mi avvio alla conclusione guardando di nuovo soprattutto alle nostre questioni interne.

Intanto dando appuntamento a tutti voi alla Festa di Chianciano che si terrà dal 12 al 14 di settembre.

E’ mia intenzione trasformarla nella festa di tutti e non solo dell’Udc.

E poi avviando quella fase di rinnovamento interno che come dicevo prima può essere realizzato solo dall’ingresso di persone nuove e non da un semplice rimescolamento di carte.

Forse avrei dovuto già avviare una nuova fase di tesseramento.

Ma visto come stanno andando le cose, come avete sentito anche dal documento, dovremmo riflettere con gli altri amici sull’esigenza di fare un nuovo tesseramento, di farlo insieme e farlo presto.

Detto questo, ritengo doveroso nei prossimi giorni provvedere a varare un esecutivo, in modo da farci trovare pronti per poter affrontare questa nuova fase che si sta aprendo.

Credo davvero di avervi detto tutto.

Quello che mi auguro più di ogni altra cosa è comunque che alla fine di questo Consiglio Nazionale usciamo tutti da questa sala come siamo usciti due settimane fa dalla sala della Direzione Nazionale.

Con la convinzione cioè che possiamo ancora giocare un ruolo molto importante nella politica italiana.

Anche perché, guardate, in giro, soprattutto nel nostro campo, guardando alle altre formazioni non vedo campioni del mondo.

Le difficoltà che stiamo incontrando noi, per gli altri sono ben maggiori.

E dunque lavoriamo tutti insieme con un po’ di sano ottimismo.

E vedrete che sapremo fare ancora cose importanti per il bene dell’Italia e per il bene dei moderati e popolari italiani.

Grazie.

 


Redazione Agenzia Stampa Italia

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