Il Trust  come strumento di tutela e gestione dei beni culturali: il modello anglosassone  è vincente ? II parte

 

La sinergia tra pubblico e privato nella tutela, valorizzazione e gestione dei beni culturali

La categoria degli attori privati non è, del tutto omogenea ed è anzi dominata del fenomeno dell'associazionismo e dall'operato delle fondazioni di diritto privato, generalmente costituite attraverso la forma delle charities o del trust.

Nell'ordinamento inglese, l'intervento delle associazioni e delle fondazioni private costituite su base volontaristica per scopi di conservazione e di beneficenza ha assunto fin dal XIX secolo un ruolo decisivo nel settore culturale anche prima e indipendentemente da qualsivoglia regime pubblicistico di tutela. La Society for the Protection of Ancient Buildings, per esempio, creata nel 1877 da William Morris per la protezione e il recupero dei monumenti di interesse storico e archeologico, diede vita alle prime forme di catalogazione dei beni divenute poi il fondamento degli interventi di tutela contenuti nella legislazione successiva.

Allo stesso tempo, con riferimento alla lotta al traffico illecito di opere d'arte, negli anni '80 del secolo scorso, fu la Museums Association, quale associazione di diritto privato rappresentativa dei musei, ad adottare un codice di comportamento che regolasse le politiche di acquisizioni delle opere d'arte richiamando le organizzazioni museali all'osservanza dei principi della Convenzione UNESCO del 1970 al fine di evitare l'accoglimento nelle collezioni di opere esportate illegalmente.

Per quanto riguarda la disciplina applicabile a questo tipo di organizzazioni - riconducibili con una certa approssimazione alle categorie giuridiche italiane delle associazioni e della fondazioni di diritto privato e alla loro attività occorre riferirsi al diritto delle charity entities e dei trusts; questi, infatti, come è noto, sono costituiti essenzialmente o da un vincolo di natura patrimoniale o da un accordo di tipo associativo con intestazione di beni e attribuzione di responsabilità gestorie in capo ai trustees.

In virtù del Charity act del 1993 così come riformato nel 2006 uno degli scopi per cui una charity può essere costituita riguarda appunto "the advancement of the art, culture, heritage or science"La Charity Commission, autorità indipendente e responsabile nei confronti del Parlamento della regolazione in materia ha più volte chiarito che il riferimento all'advancement di cui al testo legislativo richiama la funzione generale di promozione del patrimonio culturale, espressione della storia e dell'identità nazionali. L'ambito di intervento di una charity in questo settore dovrebbe quindi comprendere oltre alle attività di conservazione materiale e di restauro delle opere anche quelli di più ampia valorizzazione affinché ne sia garantita la fruizione da parte del pubblico .

In questo settore la tipologia delle organizzazioni senza fine di lucro che perseguono charitable purposes è varia. Da un punto di vista costituitivo, infatti, si rinvengono organismi creati sulla base di un atto di natura privata (bylaw; memorandum of association; trust) così come organizzazioni istituite attraverso Royal Charter (come nel caso della National Gallery) o per Act of Parliament (come nel caso del National Trust)

In base alla natura delle attività perseguite è possibile distinguere charities a base associativa le cui finalità si identificano nella conservazione di un gruppo o di un tipo di beni attraverso la promozione di studi specializzati e campagne di informazione e sensibilizzazione a livello nazionale e locale cui viene dato il nome di amenity societies, da altre, definite "building preservation trusts"Queste ultime acquistano edifici di interesse storico ed artistico al fine di provvedere al loro restauro per poi venderli, affittarli o gestirli. In questo modo, infatti, le organizzazioni recuperano i fondi necessari a intraprendere attività future dello stesso tipo. Alla categoria delle charities vanno, infine, ricondotte la maggior parte delle istituzioni museali e altri charity trusts, istituiti per la tutela, la valorizzazione e la gestione di un solo edificio o di un complesso architettonico di proprietà privata.

A questa ultima categoria è dedicata in particolare la guidance RR9 dal titolo "preservation and conservation" elaborata nel febbraio del 2001 dalla Charity Commission la quale disciplina nello specifico il rapporto tra l'obbligo imposto alla charity di garantire l'accesso al bene da parte del pubblico ("the benefit of the public") e eventuali interessi contrapposti tra i quali quello del privato proprietario o detentore dell'immobile e  quello generale di prevenzione da possibili rischi di deterioramento. In questi casi sono, infatti, consentite l'individuazione e l'elaborazione di modalità diverse di fruizione, come, per esempio, l'accesso parziale o esterno e l'utilizzo di supporti multimediali e cartacei.

A tutela della realizzazione di questi obiettivi è posta la attività di controllo e monitoraggio della stessa commissione che richiede, in sede di registrazione della costituenda charity, la presentazione di un piano dettagliato relativo agli rari di apertura e alle forme di pubblicità delle informazioni rivolte agli utenti.

 Le amenity societies strumento di  tutela del patrimonio culturale

Le amenity societies costituiscono un particolare tipo di registered charities a base associativa. Esse esercitano la propria attività nel settore del patrimonio culturale con riguardo soprattutto alle finalità di conservazione e di promozione dei beni anche attraverso l'elaborazione di iniziative promozionali, di studio ed educative a livello centrale e locale.

La loro presenza nel contesto culturale ed artistico in Inghilterra risale alla fine del XIX secolo con la creazione della Society for the Protection of Ancient Buildings avvenuta nel 1877, seguita nel 1898 dalla Society of Antiquaries of London (divenuta oggi il Council for British Archaeology), dall'Ancient Monuments Society del 1924, dal Georgian Group del 1937, dal Civic Trust e dalla Victorian Society costitutuiti nel 1957 e, negli anni più recenti, dalla Garden History Society e dalla Twentieth Century Society.

Proprio per la loro riconosciuta competenza tecnica in materia di beni culturali, dovuta in molti casi a una compagine partecipativa composta da volontari ed esperti del settore, queste organizzazioni hanno ottenuto, a partire dalla metà del secolo scorso, un espresso riconoscimento in molti atti normativi di legislazione primaria e secondaria, che le hanno qualificate come soggetti consultivi (statutory consultees) nell'ambito dei procedimenti amministrativi riguardanti i beni oggetto di tutela.

Questo si è verificato soprattutto con riferimento agli interventi edilizi sui beni immobili in relazione ai quali fin dal Town and Country Planning Act del 1968 si è previsto l'obbligo per le autorità locali di notificare le domande di autorizzazione per le demolizioni degli edifici protetti (listing building consent) alle amenity societies sia nazionali che locali, in modo da consentire loro di esprimere un parere in merito alla istanza .

A tale previsione, ripresa dal Planning (Listed Buildings and Conservation Areas) Act del 1990 e disciplinata nel dettaglio dalla circolare del ministero dell'Ambiente n. 01 del 2001 relativa agli "Arrangements for Handling Heritage Applications - Notification and Directions by Secretary of State", si è aggiunta negli anni successivi anche la possibilità per lenational amenity societies di segnalare al ministero per la Cultura, gli edifici di interesse storico ed artistico per i quali si ritiene opportuna l'iscrizione nel registro di tutela .

Dello stesso tenore sono anche le disposizioni contenute nelle proposta di legge presentata dal ministero per la Cultura nell'aprile del 2008 e relativa al patrimonio culturale (Heritage Protection Bill)Viene previsto, infatti, l'obbligo dell'Autorità competende a gestire il registro dei beni soggetti a protezione di informare "any national amenity society specified in an order made by the appropriate national authority for the purposes of this paragraph which has special knowledge of, or interest in, the structure concerned or registrable structures of its type", invitandola a presentare le proprie valutazioni [

Tra le amenity societies quelle che esercitano la propria attività a livello nazionale godono di una posizione privilegiata nel sistema di tutela non solo a causa del numero di associati, ma anche e soprattutto per la dimostrata competenza specialistica di cui sono portatrici. La constatazione del ruolo assunto ha spinto queste organizzazioni a costituire nel 1972 un organismo che ne coordini e ne regoli l'attività, il Joint Committee of the National Amenity Societies, con l'intento di elaborare e presentare proposte di modifica per la legislazione, il sistema fiscale e le politiche che riguardino gli edifici di interesse storico e artistico. La rilevanza del comitato ha trovato da ultimo conferma nella partecipazione agli incontri dello stesso di funzionari del ministero e dell'English Heritage in qualità di osservatori .

Al Joint Committee spetterebbe, inoltre, la designazione di alcuni dei membri dei Conservation Area Advisory Commitees, organismi di tutela a livello locale composti principalmente da rappresentanti dei governi e delle associazioni locali, previsti dal paragrafo 4.13 della National Planning Policy n. 15 "Planning and the Historic Environment".Questi organismi dovrebbero affiancare le autorità territoriali nella elaborazione delle politiche e degli interventi riguardanti le aree caretterizzate da una particolare esigenza di protezione (conservation areas).

Sul punto, però, il condizionale è d'obbligo dal momento che la previsione è rimasta pressoché inattuata e delle 9.000 autorità locali sul cui territorio insiste una conservation area, solo una minima parte si è dotata dei comitati competenti.

Alle organizzazioni a competenza specifica, infine, come per esempio nel caso del Council for British Archaeology, della Garden History Society, del Georgian Group o dellaVictorian Society, è spesso riconosciuta una funzione consultiva nei procedimenti per l'emanazione delle policies, guidances best practices finalizzate all'aggiornamento e all'integrazione della normativa di settore, nonché e per la completa attuazione di quella vigente.

 I Building Preservation Trusts e l'attività del National Trust

Nello svolgimento degli interventi di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali immobili di interesse storico, artistico e paesaggistico, di particolare interesse è l'attività dei building preservation trusts, vale a dire charities costituite su iniziativa privata poste a tutela di edifici singoli o di complessi immobiliari a rischio di degrado. Tali organizzazioni agiscono in base a una logica parzialmente commerciale e imprenditoriale nonostante non vi siano finalità di profitto e prospettive concorrenziali. La loro attività si sostanzia tradizionalmente nell'acquisto per somme modeste di edifici bisognosi di interventi conservativi e nel loro restauro mediante l'utilizzo di fondi propri integrati da finanziamenti statali; una volta ultimati gli interventi l'edificio viene gestito direttamente dal trust oppure venduto o affittato nuovamente a privati dietro accettazione di una serie di vincoli a carattere conservativo.

Le attività dei building preservation trusts sono sovente coordinate dal National Trust, probabilmente uno dei più importanti organismi senza fine di lucro nel campo delle attività di natura conservativa e promozionale in materia culturale; per quanto riguarda i beni immobili, queste ultime sono, infatti, in parte assimilabili a quelle esercitate dai building preservation trusts, anche se, in generale, i settori di intervento del National Trust sono piuttosto vasti e comprendono la valorizzazione e la gestione anche di beni culturali mobili o di collezioni artistiche.

Proprio quest'ultimo profilo ha via via assunto maggior rilievo tanto che a partire dal 2005 il National Trust è stato riconosciuto come una delle autorità museali più importanti del Regno Unito grazie alle proprietà di oltre 150 collezioni ognuna delle quali ha ottenuto l'accreditamento da parte dell'Museum, Libraries and Archives Council.

Nato come associazione di diritto privato nel 1894, il National Trust for Places of Historical Interest or Natural Beauty è stato sciolto e nuovamente costituito come statutory charity con personalità giuridica in base al National Trust Act del 1907 mantenendo gli scopi originari dell'organizzazione, vale a dire "promoting the permanent preservation for the benefit of the nation of lands, tenements, (including buildings) of beauty or historic interest and as regards lands for the preservation (so far as practicable) of their natural aspect features and animal and plant life", ai quali, con le riforme legislative successive, sono stati aggiunti gli obiettivi di conservazione di beni mobili ("preservation of furniture and pictures and chattels of any description having national or historic or artistic interest") e di valorizzione dei beni culturali anche attraverso la realizzazione di programmi di informazione, di educazione e di studio .

In quanto charity costituita secondo forme pubblicistiche e attraverso un atto del Parlamento, il National Trust , sebbene indipendente finanziariamente dal governo e soggetto come tutte le organizzazioni non lucrative al controllo della Charity Commission presso la quale è registrato di diritto, presenta un ordinamento disciplinato direttamente dalla legge, la quale dispone, tra gli altri aspetti, l'inalienabilità di parte del suo patrimonio (c.d. fixed heritage) .

L'attività del trust si sostanzia nella acquisizione di beni culturali e in interventi di tutela, conservazione e gestione degli stessi, resi possibili dalla continua elaborazione di programmi di funding raising.

Mentre le acquisizioni dei beni possono avvenire generalmente sia a titolo gratuito che a titolo oneroso a seguito di contratti di compravendita, di leasing o di locazione, la loro gestione può essere esercitata secondo schemi differenziati: accanto a modalità ormai poco utilizzate, quali la successiva vendita, l'affitto o il leasing a terzi il National Trustha elaborato nel corso degli anni varie politiche di fruizione  e ha dato vita alla società a responsabilità limitata denominata National Trust (Enterprises) Ltd per l'esercizio di molti servizi aggiuntivi a natura commerciale, come la pubblicazione di cataloghi o l'organizzazione e l'affitto delle strutture per convegni e manifestazioni .

Dato che il National Trust non riceve alcun tipo di erogazione diretta da parte degli apparati pubblici, gli strumenti di finanziamento più diffusi sono, quindi, rappresentati oltre che dalle rette annuali dei membri e dalle erogazioni liberali provenienti da soggetti privati stimolate attraverso le campagne di raccolta fondi (c.d. appeals), da nuovi meccanismi di on line fundraising e dalle operazioni commerciali del National Trust (Enterprises) Ltd che ha promosso, negli anni più recenti, la conclusione di accordi di sponsorizzazione e di parternship .

 Le attività museali

La politica di gestione delle attività museali in Inghilterra si presenta alquanto articolata soprattutto in relazione alla presenza di tipologie di musei differenti per natura, dimensione e ambito territoriale di riferimento.

L'attività museale è svolta, infatti, da musei nazionali (national museums)  da musei locali (local authority funded museums), da musei universitari (university museums) e da musei indipendenti i quali possono avere a loro volta rilevanza sia locale che nazionale (independent museums.

Tra tutte queste categorie quella dei musei nazionali o di rilevanza nazionale gode ancora oggi di un regime normativo del tutto peculiare in quanto riservato alla disciplina di fonte legislativa.

I musei statali, infatti, nati originariamente come pubbliche istituzioni, sono divenute nel corso del tempo charity trusts di diritto speciale in virtù di quanto disposto dal Museums and Galleries Act del 1992; per questo motivo da un lato sono sottratti al controllo della Charity Commissions in quanto exempt charities, dall'altro, ai fini dell'individuazione della disciplina applicabile, vengono classificati come quangos, ovvero come enti pubblici esecutivi non dipartimentali .

A partire dagli anni '80 il ruolo dell'apparato pubblico ministeriale nei confronti delle istituzioni museali e, nello specifico, del ministero per la Cultura, è stato notevolmente ridimensionato; è stata infatti riconosciuta una maggior autonomia finanziaria mediante l'affidamento, secondo lo schema generale previsto dalla charity law, delle funzioni gestorie ai boards of trustees i quali sono tenuti a valorizzare il potenziale economico delle collezioni .

Appare nondimeno evidente che il principio di autonomia comporta necessariamente il risultato di una elaborazione delle politiche di gestione differenziate a seconda delle diverse strutture: mentre, per esempio, per le collezioni che fanno capo al National Trust quest'ultimo predilige un regime che ne assicuri, ove possibile, la conservazione nel contesto di riferimento più appropriato, per altre tale aspetto della tutela è spesso poco considerato, basti ricordare il recente fatto di cronaca che ha visto il primate cattolico d'Inghilterra contrapporsi al direttore della National Gallery con riferimento alla collocazione della celebre opera Il Battesimo di Cristo di Piero della Francesca entrata a far parte della collezione del museo nel 1861 .

Il cambiamento avviato non ha determinato, però, un generale arretramento dell'intervento dei pubblici poteri, quanto piuttosto un nuovo modo di elaborazione delle politiche affidate ora al Museums, Libraries and Archives Coucil (MLA), agenzia esecutiva con uffici decentrati a livello regionale .

Il MLA ha in primo luogo il compito di attuare un sistema di controlli ad intensità variabile a seconda della natura pubblica o privata dei finanziamenti raccolti dalle strutture museali e avente ad oggetto soprattutto la qualità della gestione e dei servizi; l'obiettivo è quello di favorire per quanto possibile la collaborazione delle diverse istituzioni sia nazionali che locali e la conclusione di accordi con soggetti terzi e sponsors privati .

Il finanziamento diretto da parte del governo - come avviene nel caso del British Museum o della National Gallery - determina, per esempio, modalità di controllo specifiche con riferimento al rispetto dell'obbligo di garantire un accesso gratuito alle collezioni, oltre alla nomina da parte del ministro per la Cultura della maggioranza dei componenti delboard of trustees e del direttore del museo .

Quest'ultimo, è tenuto a rispondere dell'utilizzo dei fondi pubblici assegnati direttamente agli organi ministeriali in virtù di un funding agreement, di un management statement e di un financial memorandum che impongono la presentazione di una relazione annuale sulla stato di tutela delle collezioni, sul piano di sviluppo del museo e sulla situazione finanziaria.

La disciplina dei musei locali, universitari e indipendenti è, invece, meno invasiva e ruota essenzialmente attorno all'istituto della accreditamento introdotto nel 1988 con ilMuseum Registration Scheme e contenuto a partire dal 2004 nell'Accreditation Scheme for Museums il quale, sebbene formalmente facoltativo, rappresenta attualmente il presupposto necessario per la concessione dei finanziamenti pubblici sia statali che locali.

Lo schema sottoscritto dal ministero per la Cultura, dalle associazione rappresentative del governo locale e dall'Heritage Lottery Fund introduce una livello minimo di standardsche le organizzazioni museali al momento della richiesta di accreditamento si impegnano ad osservare sottoponendosi a un controllo successivo e periodico in ordine alla loro attuazione.

Il contenuto degli standards che riprendono in parte quanto stabilito dal codice etico elaborato dalla Museum Association nel 1994, riguardano quattro settori fondamentali, vale a dire il governance and museum management, gli user services, le visitor facilities e il collection management; la procedura amministrativa di accreditamento è gestita dal MLA che affida l'istruttoria e il controllo all'accreditation commitee, composto da esperti e professionisti del settore.

Al fine di garantire un adeguato uso delle risorse anche nel senso di consentire l'accrescimento quantitativo e la valorizzazione qualitativa delle collezioni, il governo centrale ha, inoltre, previsto due istituti particolari: l'acceptance in lieu e il government indemnity scheme.

Il primo, simile al nostro meccanismo di pagamento della imposta di successione tramite cessione  consente ai contribuenti, che non desiderino pagare l'imposta di successione sui beni ereditari, di trasferire al ministero per la Cultura la proprietà dei beni culturali di interesse storico e artistico rientranti nell'asse ereditario dietro pagamento di un corrispettivo pari al valore di mercato del bene, affinché possano essere assegnati all'istituto museale più appropriato per garantirne una adeguata fruizione da parte del pubblico .

Il secondo rappresenta, invece, una forma di assicurazione non commerciale rivolta ai musei che vogliano ampliare le proprie collezioni mediante l'acquisto o il prestito di opere d'arte provenienti da paesi stranieri.

L'attività di grantmaking svolta dalle fondazioni e dai trusts patrimoniali

Come già anticipato in apertura di questa sezione in molti casi l'attività di finanziamento alle attività culturali è svolta da charities foundations nate dal conferimento di un patrimonio e prevalentemente dedite alla raccolta e all'erogazione o alla sola erogazione di fondi a favore di attività sociali di pubblica utilità.

Nel gennaio del 2007 la Charities Aid Foundation (CAF) e l'Association of Charitable Foundations (ACF) hanno pubblicato un manuale relativo al "grantmaking by trusts and charities" dal quale emerge che nel biennio 2004/2005 i fondi distribuiti per attività culturali hanno raggiunto un valore pari all'8% del totale, per un ammontare totale di 230 milioni di sterline.

Generalmente il patrimonio delle charities che si occupano delle sovvenzioni e dei finanziamenti è in origine costituito da un lascito testamentario il quale viene poi investito dalboard of trustees.

A questo proposito occorre rilevare, infatti, che i charity trustees hanno un obbligo generale di investire i fondi patrimoniali che fanno capo al trust anche attraverso la partecipazioni in holding con società commerciali .

L'erogazione dei fondi avviene, quindi, sulla base di un programma e a seguito di una istanza proveniente dai soggetti privati, sia singoli individui che associazioni, imprese o altre charities impegnate nella gestione dei beni; ogni fondazione rende pubbliche le condizioni in base alle quali l'iniziativa potrà essere finanziata e spesso, tra i criteri ritenuti necessari, ne vengono previsti alcuni relativi a progetti finalizzati alla promozione di interessi affini ma ulteriori rispetto a quelli culturali di tutela e valorizzazione, come, per esempio, nel caso dell'educazione alla cultura nei settori scolastici e giovanili o del sostegno di gruppi sociali svantaggiati o disabili.

Gli strumenti tipici di finanziamento delle charities di gestione: donazioni, memberships e programmi di sostegno

Da quanto emerso finora dal presente lavoro, nel settore culturale in Gran Bretagna si registra un ruolo piuttosto rilevante del modello organizzativo delle charitable insititutions,quali i trusts o le charities a forma associativa.

Questo dato trova giustificazione in parte in ragioni di carattere storico, in parte si spiega con la possibilità che questi organismi hanno di ricorrere a svariate forme di finanziamento, agevolate dal contesto normativo che prevede una serie di esenzioni di natura fiscale .

Innanzitutto le charities che sono istituzioni museali hanno la possibilità di svolgere tutte quelle attività economiche che siano direttamente connesse con gli scopi di pubblica utilità delle stesse (primary purpose trading); nel caso in cui, invece, le attività economiche svolte non siano immediatamente connesse con tali scopi (non primary purpose trading) esse devono costituire una società collegata la quale godrà di regimi di esenzione per i trasferimenti in denaro a favore della charitiy controllante .

Oltre a ciò, tra i più importanti sistemi di finanziamento delle charities che gestiscono beni rientranti nel patrimonio culturale vi sono le erogazioni provenienti dai singoli individuali, cui l'Art and Business ha di recente dedicato l'Individual Giving Manual pubblicato nel 2006.

Sulla base di quanto riportato dal documento, tra il 2004 e il 2005 le erogaziono private hanno raggiunto un ammontare totale pari a 244 milioni di sterline, rispetto ai 119 milioni raccolti tramite il generale ricorso ai contratti di sponsorizzazioni.

Diverse sono le modalità con cui questo tipo di erogazioni individuali possono essere raccolte dal momento che ciò può avvenire sia sporadicamente (tramite campagne di raccolta o appeals) che stabilmente (tramite procedure di partecipazione all'organizzazione). Quanto alla prima modalità il governo ha previsto alcuni istituti giuridici di natura fiscale con il fine di incentivare i finanziamenti ottenuti tramite donazioni, campagne o appelli rivolti al pubblico, quali il gift aid scheme e il payroll giving.

Mentre quest'ultimo riguarda uno strumento introdotto nell'ordinamento verso la fine degli anni '80 che consente ad ogni lavoratore e datore di lavoro di destinare parte delle trattenute salariali a organizzazioni no profit, il gift aid scheme è un istituto piuttosto particolare dal momento che consente all'organizzazione di ottenere da parte dell'amministrazione tributaria un ammontare monetario aggiuntivo pari a 28 centesimi per ogni sterlina donata e raccolta.

Per quanto riguarda invece meccanismi di finanziamento a carattere continuativo, le charities a struttura associativa possono beneficiare dei ricavi collegati ai sistemi di friends' schemes e di memberships annuali o pluriennali.

In questo caso, infatti, si possono prevedere varie tipologie di partecipazione dei privati all'associazione, come, per esempio, quelle onorarie, ordinarie o relative alle categorie dei semplici sostenitori, cui si collegano sistemi di agevolazioni in sede di visita e di fruizione delle opere, diritti di informazione periodica e benefits particolari. Fine II parte. Segue.

 Prof.Mauro Norton de Neville Rosati di Monteprandone de Filippis Dèlfico per Agenzia Stampa Italia

I Parte: http://www.agenziastampaitalia.it/speciali-asi/speciale/20796-il-trust-come-strumento-di-tutela-e-gestione-dei-beni-culturali-il-modello-anglosassone-e-vincente-prima-parte

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