Il Trust  come strumento di tutela e gestione dei beni culturali: il modello anglosassone  è vincente? Prima parte

(ASI) Nell'ordinamento giuridico inglese la dicotomia pubblico - privato nella materia dei beni culturali contribuisce a realizzare un sistema di tutela aperto e diffuso in quanto composto dall'interazione di diversi soggetti e dalla compresenza di molteplici istituti.

Alla complessità caratterizzante il quadro generale si affianca un sistema regolatorio che solo in minima parte è riconducibile alla legislazione di livello primario, dal momento che comprende atti di normazione secondaria, provvedimenti amministrativi sia generali che individuali e moduli consensuali.

In questo contesto il rapporto tra interessi pubblici e istanze private ha assunto storicamente - e ancora oggi presenta - una varietà di dinamiche e significati.

Secondo una struttura definita dalla dottrina italiana bilaterale, anche in Inghilterra, la relazione tra il polo pubblico e quello privato si è ispirata in primo luogo a una logica di netta contrapposizione.

In altre parole l'interesse pubblico, identificato sia con l'interesse alla conservazione materiale del bene culturale immobile di interesse storico, archeologico ed artistico, che con quello diretto alla ritenzione e al controllo delle esportazioni delle opere d'arte, ha legittimato la previsione di poteri amministrativi essenzialmente di natura ablatoria e/o autorizzatoria al fine di condizionare, da un lato, l'esercizio delle facoltà dispositive ed edificatorie in capo al proprietario e, dall'altro, le scelte di quest'ultimo in ordine alla circolazione giuridica dei beni.

A questo schema, presente nelle sue linee fondamentali ancora oggi, si sono nondimeno affiancati ruoli diversi svolti dei soggetti privati.

La presenza di un interesse alla fruizione e alla diffusione dei beni culturali - riconosciuto dalla legislazione nazionale già a partire dall'inizio del secolo scorso mediante la ricostituzione per via legislativa del National Trust - ha, infatti, agevolato l'individuazione di una molteplicità di interessi aventi carattere collettivo e diffuso legati alla protezione del patrimonio culturale .

Questi ultimi hanno trovato fin da subito espressione non solo mediante il rinvio a una nozione generale di pubblico inteso quale fruitore delle opere d'arte e di cultura, ma anche attraverso il fenomeno spontaneo dell'associazionismo e della costituzione di fondazioni e organizzazioni (charitable trusts) di diritto privato titolari di funzioni consultive e di gestione rispetto ai quali le istituzioni pubbliche hanno finito per assumere un ruolo meramente sussidiario di regolazione generale e di controllo ex post .

 A titolo esemplificativo, proprio a due organismi di diritto privato - la Society for the Protection of Ancient Buildings creata nel 1877 e il National Trust for Places of Historical Interest or Natural Beauty istituito nel 1895 - si devono le prime catalogazioni degli edifici di interesse antico di proprietà privata (ancient buildings) finalizzate alla individuazione di misure conservative e di restauro.

Il riconoscimento della rilevanza economica dei beni culturali e la crescita di una coscienza sociale dell'importanza del patrimonio culturale ha, inoltre, accentuato il ricorso ai privati in qualità di finanziatori delle attività culturali, inizialmente avviato dal primo governo Thatcher attraverso una serie di politiche risalenti ai primi anni '80. L'obiettivo era quello di ridurre l'intervento diretto del governo nel campo dell'arte promosso nel secondo dopoguerra con l'istituzione dell'Arts Council of England, ente pubblico nazionale, cui spetta ancora oggi il compito di provvedere alla distribuzione dei fondi ministeriali e di quelli collegati alla national lottery .

A tal riguardo, nel 1984 venne emanato dal Governo il Business Sponsorship Incentive Scheme la cui attuazione venne affidata alla Association for Business Sponsorship of the Arts (ABSA oggi Arts and Business), organizzazione non profit nata nel 1976 per incoraggiare l'intervento di soggetti privati nel finanziamento delle attività culturali, cui vennero aggiunte, successivamente, le prime disposizioni normative dirette a introdurre una serie di agevolazioni di natura fiscale per le imprese.

La peculiare complessità del sistema inglese di disciplina e gestione della materia culturale e gli effetti che le diverse relazioni tra interessi pubblici e privati determinano non potrebbero, però, essere comprese compiutamente se non una volta inserite in un contesto concettuale, definitorio e normativo generale dai confini talvolta incerti.

La prima incertezza riguarda la stessa nozione di bene culturale cui si somma un contesto normativo frammentario e caratterizzato dalla mancanza di una legislazione chiara, univoca e onnicomprensiva. Per quanto riguarda il primo aspetto, infatti, la classificazione maggiormente rilevante all'interno della categoria dei beni culturale non è dovuta, come nell'ordinamento italiano, al differente regime proprietario ma piuttosto alla natura mobile o immobile dei beni stessi .

Mentre i beni mobili di interesse culturale rientrano nella categoria della cultural property ,i beni immobili appartengono, invece, al cultural heritage in quanto caratterizzati da uno speciale interesse storico, archeologico, architettonico, artistico o ambientale, come avviene, per esempio, nelle ipotesi di ancient monuments, listed buildings of special architectural or historic interest, royal palaces, historic and natural parks and gardens, considerati sia nella loro singolarità che complessivamente nelle c.d. conservation areas[.

A questa disitinzione e alle ulteriori ripartizioni interne si collegano le differenze in termini di competenze amministrative assegnate oltre che agli organi del governo centrale -Department of Environment Food and Rural Affairs (DEFRA)Department of Culture, Media and Sport (DCMS)Department of Communities and Local Government (DCLG) - agli enti locali, agli organismi semi pubblici (i c.d. quangos) e alle agenzie esecutive .

Proprio nel senso di una parziale soluzione dei problemi collegati ai problemi definitori e alle carenze nell'efficacia, effettività e adeguatezza degli interventi, con riferimento ai beni immobili, nell'aprile 2008 il Department of Culture, Media and Sport (d'ora in poi ministero per la Cultura) ha presentato al Parlamento un disegno di legge dal titoloHeritage Protection Bill, il quale persegue apertamente l'obiettivo di unificare i regimi di protezione del patrimonio culturale promuovendo interventi di valorizzazione sia generali che puntuali anche attraverso la conclusione di accordi plurilaterali di gestione con i soggetti privati interessati (sia proprietari che finanziatori) già sperimentati in materia ambientale (c.d. Heritage Partnership Agreements HPAs) .

Il ruolo dei privati nell'ambito della tutela dei beni culturali in Inghilterra consente, quindi, di svolgere alcune interessanti riflessioni in ordine al rapporto e ai modi di composizione dei conflitti tra questi e gli interessi pubblici  oltre che all'apporto da costoro garantito nella realizzazione delle finalità di valorizzazione e di efficienza gestionale.

Ciò nonostante, occorre dar conto di alcune contraddizioni di cui l'ordinamento di common law si fa espressione.

Basti pensare che se da un lato molte delle collezioni museali anche a livello locale sono arricchite e valorizzate grazie all'agire congiunto dei governi locali e delle associazioni private, come è avvenuto nel caso del National Maritime Museum, la cui gestione e promozione è stata affidata a un atto di indirizzo chiamato Uk Maritime Collections Strategyelaborato nel 1998 da operatori del settore e da soggetti privati, in altri casi interessi privati all'uso del bene di natura spesso prettamente commerciale finiscono per limitare talvolta del tutto l'interesse pubblico alla garanzia di una piena accessibilità e fruizione.

Un esempio significativo al riguardo si trova nella città di Oxford dove una nota catena di fast-food e una celebre compagnia assicurativa esercitano la propria attività nel centro cittadino all'interno di uno degli edifici più antichi, un tempo una locanda, dove anche William Shakespeare ebbe a soggiornare durante un viaggio di ritorno da Londra alla sua città natale. In questo caso solo gli avventori dell'esercizio commerciale e gli impiegati della agenzia possono godere degli affreschi e dei pavimenti originali dell'edificio risalenti al 1182 .  Fine Prima parte - Segue.

 Prof.Mauro Norton de Neville Rosati di Monteprandone de Filippis Dèlfico per Agenzia Stampa Italia

 

 

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