(ASI) Per la prima volta il Chiostro adiacente la Basilica di San Gregorio Maggiore, di Spoleto ha fatto da sfondo ad uno spettacolo del Festival dei due Mondi. Non si poteva scegliere luogo migliore, candele accese, profumo di citronella, luci soffuse, immaggini di una bellissima Gerusalemme sullo sfondo e le ottime interpretazioni di Paolo Bonacelli e Lucilla Glagnoni sotto la regia di Felice Cappa hanno accompagnato lo spettacolo scritto da Marco Garzonio,
il quale attraverso un racconto drammaturgico racconta la storia di vita di Carlo Maria Martini, mettendo in evidenza i contesti storici e sociali che ruotano intorno alla vita del Cardinale e come questi sia riuscito a rapportarsi con la Chiesa del suo tempo. Nel corso del racconto infatti trapela l'obiettivo del narratore, ovvero ricostruire come Carlo Maria Martini abbia fatto il Vescovo moltissimi anni a Milano, per poi ritirarsi a Gerusalemme, dove in lui avviene qualcosa di straordinario, l'incontro con Dio, con Gesu, un luogo Gerusalemme che attraverso i suoi vicoli, le sue strade, le sue mura fa rivivere ogni istante della vita di Cristo morto e risorto. Marco Garzonio però nel testo originale scritto per il Festival dei due mondi mette in contrapposizione due generi di racconto, uno soggettivo incentrato sulla vita di un uomo che si rende conto dopo 22 anni di Vescovato a Milano della chiamata del Signore, da qui il suo ritiro a Gerusalemme; l'altro oggettivo che parla della Milano ma dell'Italia e anche dell'Europa in genere degli ultimi trent'anni, non che della posizione della Chiesa verso le tematiche più attuali, quali le unioni civili, il sesso i divorzi, l'eutanasia il terrorismo e i dialoghi con le altre religioni. Un racconto forte, intenso ed estremamente profondo che porta a più riflessioni, un racconto che di certo ha saputo arrivare al cuore, e far prendere coscienza di quanto a volte ci si attacca a mere convizioni che ci allontanano dal senso della vita, che è e resta il dono più grande che l'uomo abbia mai ricevuto e di come invece ci si perde e ci si allontana dal senso dell'amore che non dovrebbe mai essere stanco ma anzi infervorarsi ed alimentarsi attraverso il dialogo e la misericordia. Proprio come diceva Giovanni Paolo II " non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono".
Erika Cesari - Agenzia Stampa Italia
Foto: Fabio Gasparri