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Da Perugia a Le Iene, e la prossima fermata? - Intervista a Mauro Casciari
(ASI) PERUGIA  – Arriva senza l’abito nero e senza gli occhiali – gli sponsor non li fornisce più - e quasi si stenta a riconoscerlo in abiti borghesi ed estivi. La iena Mauro Casciari, dell’omonima trasmissione televisiva, si presenta all’appuntamento con l’intervista puntualissimo e con la mente ai prossimi impegni perché, anche se la trasmissione riprenderà in autunno, “E’ bene avere servizi già pronti per quando si comincia”. Una chiacchierata a trecentosessanta gradi parlando del lavoro da iena, di sogni per il futuro, delle radio e televisione, di sport, del Perugia e di Perugia, di quanto è bella la nostra Umbria.

 

 

Mauro Casciari, noto ai più come iena della trasmissione televisiva Le Iene di Italia Uno, ma anche conduttore radiofonico e disc jockey, così recita la tua pagina su Wikipedia. È corretto?

No, disc jockey proprio no. Il fatto è che non ha mai mixato in vita mia e non sono neanche un tipo da discoteca. Conduttore radiofonico invece sì, non sono nemmeno uno speaker in quanto presuppone che qualcuno legga un testo senza metterci grande personalità mentre io modestamente ritengo (ride) di averne.

 

Ricominciamo dal presente, iena si nasce o si diventa?

 

Si diventa, con esercizio, pazienza, curiosità e testardaggine. Questi sono i requisiti minimi per essere una brava iena. Non è un lavoro che si impara così dal niente, si deve sbagliare, provare e correggersi; ovviamente non c’è il manuale della perfetta iena e nessuno ti dice questo si fa o questo no. Quando arrivi al programma, devi saperti muovere da solo e imparare sul campo.

 

C’è il rischio di copiare?

 

Copiare no, però devi osservare il lavoro di chi è più esperto e capire, o meglio carpire i trucchi del mestiere.

 

Una curiosità, il vestito nero d’ordinanza ve lo fornisce la trasmissione o siete voi che arrivate già incravattati e inamidati?

Ce li fornisce la trasmissione, uno per stagione ed io ne ho già collezionati cinque. Sono dello stilista Carlo Pignatelli e non sono su misura ma sono poi adattati dalle sarte. Idem per gli orologi e le scarpe, sono uguali per tutti e forniti dagli sponsor.

 

Nell’impegno quotidiano qual è la cosa che ti fa dire basta, è l’ultimo servizio, non ne faccio più?

Ho deciso di non fare più servizi che definirei “pesanti” che implichino violenza, maltrattamenti su minori, casi di pedofilia o addirittura dei decessi. Questo perché prima di tutto non rispecchiano il mio carattere e poi c’è un contorno di cose da fare quando affrontiamo certi argomenti come ad esempio parlare costantemente con i nostri avvocati e quelli delle persone coinvolte, coordinarci con le Forze dell’Ordine con i magistrati, a volte consegnare loro il girato, il che rende tutto più complesso e sembra di non arrivare mai alla fine. Fai tutto anche per proteggere le persone che ti hanno chiesto di intervenire ma ora cerco di selezionare con maggiore attenzione gli argomenti.

 

E cosa invece ti fa dire invece, non smetto più?

Beh sicuramente quando riesco anche a essere autore dei miei servizi e confeziono pezzi che mi piacciono, e poi quando il tuo lavoro è utile alle Forze dell’Ordine e i pubblici ministeri come nel caso degli undici arresti di quei personaggi che si spacciavano per volontari e raccoglievano fondi fuori dagli ospedali per la sclerosi multipla.

 

C’è stato un servizio particolarmente “rischioso” che, con il senno di poi, non avresti fatto?

 

Non mi pento di averlo fatto, ma non lo rifarei: quello sulle messe nere e la pedofilia. In quella circostanza abbiamo veramente rischiato molto, le abbiamo prese e c’è stata tanta paura per me, l’operatore e per la ragazza che mi aveva accompagnato in quella storia.

Se dico la parola “denuncia” cosa ti viene in mente?

Che ne riceviamo abbastanza, ma due ne ho fatte anch’io. Una è stata proprio nella storia che ho raccontato prima sulle messe nere, l’ho fatto a seguito delle percosse ricevute anche per rispetto della ragazza che ha rischiato insieme a me. La possibilità di denunce non ci spaventa poi così tanto perché quando ci muoviamo interpelliamo sempre i nostri avvocati e quelli di Mediaset, per tutelare noi e l’azienda. Siamo molto prudenti.

 

E se dico la parola “beneficenza”?

Nella mia situazione è molto facile farla e cerco di essere presente quando è a kilometri zero, non chiedo rimborsi insomma, e tutto quello che riesco a fare in Umbria, lo faccio volentieri.

 

Recentemente, infatti, sei stato tra i protagonisti della serata di beneficenza organizzata dal Comitato per la vita Daniele Chianelli e Perugia per Sendai allo Stadio Renato Curi. Com’è nata l’idea della manifestazione e quali ricordi hai?

Nel 2011 ero stato invitato dal Comitato Chianelli e da Perugia per Sendai in due serate distinte, quest’anno che le hanno organizzate insieme non potevo dire di no, inoltre conosco da anni le attività del Comitato e non avuto dubbi sulla mia partecipazione.

Il ricordo più bello è stato sentirmi al centro del campo del Curi con la Curva Nord e la tribuna piene di gente, circondato al Perugia vittorioso di questa stagione e le vecchie glorie del Grifo, e c’erano anche le ragazze del Grifo Femminile, un’emozione fortissima. Mi sono detto: “A Perugia sono arrivato”, di più non posso chiedere.

 

Segui le sorti del Perugia Calcio?

Ora di meno, quando lavoravo a Tele Perugia facevamo dirette dallo stadio ed ero sempre presente. In quella famosa serata con il Perugia “oro” conoscevo molto di più i giocatori di allora che quelli di oggi. Il tifo per i grifoni c’è sempre stato e non ho mai “portato” altre squadre, sono molto disilluso dal mondo del calcio in generale, e non ho molto compreso alcune delle vicende societarie.

 

Continuando con il gioco delle parole, se dico Perugia?

 

Perugia è la città dove principalmente vivo e dove vorrei vivere anche in futuro. Non ho, e non voglio mettere radici a Milano, dove lavoro e sto per il restante cinquanta per cento della mia vita. Da quando sono fuori apprezzo ancora di più la bellezza dell’Umbria, sono una trottola da dodici anni e quando torno a casa capisco che a me piace davvero la vita in provincia. Amo vivere qui e, per scelta, non faccio servizi con Le Iene che possano compromettere la mia armonia con la città.

 

Cosa è per te la radio?

La cosa che più di altre mi piace fare. Ho iniziato da bambino per gioco ed è quello che vorrei fare in futuro. Spero continui a esistere, non ha subito scossoni dalla digitalizzazione e quindi dalla frammentazione dell’offerta; è rimasta sostanzialmente quella di trenta quaranta anni fa, con ascolti sempre quasi costanti. Al contrario le televisioni generaliste stanno perdendo ascolti e risorse, quindi ci sono sempre meno finanziamenti per costruire i programmi e per pagare noi che in gergo “facciamo televisione”.

 

Le mie radio preferite sono Radio DeeJay e Radio Due, dove ho lavorato anni fa. Il mio sogno è tornare a DeeJay, prima o poi ce la farò.

 

Meglio la radio o la televisione?

Meglio la radio per svariati motivi. Il primo perché, almeno nelle due dove ho lavorato, hai la possibilità di esprimerti liberamente, direttamente e avere immediatamente delle risposte dagli ascoltatori. Ora la tecnologia permette un’interazione costante fra mittente e chi riceve il messaggio: gli sms e i social network sono un vero spasso per chi fa questo mestiere, riesci ad avere un rapporto diretto con chi ti segue.

La radio è meglio della televisione anche perché ha costi minori, è più vera e la puoi portare sempre con te.

 

Una domanda di attualità. Quale importante evento sportivo si terrà questa estate?

Se non sono gli Europei di calcio, sono le Olimpiadi.

 

La domanda era un trabocchetto per cercare di capire qual è il rapporto di Mauro Casciari con lo sport?

Lo dico fin da subito, non sono mai stato un asso nell’attività sportiva. Da bambino ho tentato senza grandi successi la pallacanestro e la pallavolo, poi ho smesso di fare tutto e poi sono abilità che non si possono recuperare. Sono particolarmente negato a tennis, non ho il movimento del gomito (ride).

 

Se non vado errato sei un appassionato della corsa?

 

Sì, lo faccio per dimagrire. L’obiettivo era scendere da 111 a 90 kili e andare a parlare con Linus (direttore artistico di Radio DeeJay, n.d.r.) da magro, mi sto impegnando. Corro sempre all’aperto, mai sul tapis-roulant, con grande piacere faccio 10 kilometri un giorno sì e uno no, faccio percorsi in campagna e cerco sempre di variare, diventa così l’occasione per vedere un po’ di mondo.

 

Hai in programma di partecipare a qualche gara ufficiale?

Attualmente no. Ho corso la StraCastello, 10 kilometri non competitiva, e ho tenuto un ritmo di circa 5 minuti e 20 a kilometro. Invece alla maratona di Milano, dove ho preso parte alla staffetta, ho corso in 5 minuti e 50 secondi a kilometro, però la prestazione può essere falsata dal fatto che c’era vento ed era piuttosto freddo.

 

Quale disciplina sportiva segui con maggiore interesse?

Il motociclismo mi appassiona perché è uno sport molto adrenalinico, lo guardo e non riesco a staccarmi dalla televisione.

 

Se potessi girare al posto di Tom Hanks la scena del film Forrest Gump in cui lui corre senza mai fermarsi per tutti gli Stati Uniti, dove arriverebbe Mauro?

Arriverei al Pian Grande di Castelluccio di Norcia. Da lì puoi fare il giro del Monte Vettore fino a Pian Perduto, ci sono posti incredibili che riempiono gli occhi, credo sia uno dei paesaggi più spettacolari che ci sono in Italia.

Correre dalla piana di Castelluccio fino al Vettore potrebbe anche essere la descrizione della parabola della tua carriera, dalle radio locali di Perugia e dintorni alle televisioni nazionali, c’è un sogno che …

Sì…Radio DeeJay!! [Neanche avevo finito di formulare la domanda].

Linus lo sa, tutti lo sanno. Hanno un mio cd di presentazione e conoscendo le logiche interne posso anche pensare che non faccia al caso loro. Ma non posso credere che non gli piaccia, quindi non mi rassegno. E poi un no secco Linus ancora non me l’ha dato! Nel 1999 quando ho lavorato da loro per il programma W la Fitness, ho anche ricevuto dei complimenti e questo mi ha dato lo stimolo per andare avanti.

 

Jovanotti nella sua “Ragazzo fortunato” canta “…se io potessi starei sempre in vacanza…” e Mauro Casciari?

I soldi spesi meglio sono quelli per viaggiare, assolutamente. Io non ho grande pazienza per leggere libri o documentarmi, quindi viaggiando per il mondo conosci persone, vedi posti e questo necessariamente ti si apre la mente verso altri modi di pensare e vivere. Mi piacerebbe molto imparare le lingue, come l’inglese e lo spagnolo, e stare in una condizione di vacanza all’infinito non sarebbe male, anche se la vedo dura. Jovanotti ha ragione sullo stare sempre in vacanza, viaggiare è una condizione eccezionale per conoscere, capire, confrontarti e arricchirsi.

 

Grazie, abbiamo finito!

Già fatto?!?

 

 

Chiara Scardazza – Agenzia Stampa Italia

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