I nostri porci comodi nascono nel 1990, però per trovare una loro dimensione hanno impiegato molti anni. Qual è il segreto di questa longevità e cosa vi ha dato il coraggio di non abbandonare pur tra alti e bassi?
Jeff Burton: Siamo nati come gruppo di amici, stavamo sempre insieme prima e continuiamo a stare insieme anche ad esso; la nostra vera forza è stata quella di non aver mai fatto troppo. In realtà noi suoniamo, facciamo un disco, una serie di concerti e poi ognuno segue dei suoi progetti paralleli e quindi magari torniamo ad occuparci seriamente di questo progetto ogni due anni, e quindi con questa tempistica molto lenta è difficile che si arrivi a litigare, anche se tutta via qualche screzio si registra ugualmente.
Danny Loy Massetti: Il segreto della nostra longevità è stato proprio questo, ovvero fare tutto con molta calma; ad ogni modo c’è di fondo che abbiamo sempre reputato le nostre canzoni ed i nostri lavori validi, anche per il pubblico e così facendo siamo andati sempre avanti sfornando nuove canzoni; a tenerci uniti inoltre la passione comune per la musica, alla fine ci ritroviamo a suonare e quindi fare quello che ci piace tutti insieme, siamo cresciuti ed invecchiati insieme.
Come nasce questo nome per molti versi provocatorio?
JB: Il motivo è molto semplice e banale, eravamo in vacanza studio a Londra io, Danny ed il cantante di allora e ci misero in gruppo con una scolaresca di Gallipoli con cui non avevamo nulla a che fare. Non seguivamo proprio alla lettera ciò che diceva l’insegnate di quella classe che diceva sempre che non potevamo fare sempre i nostri porci comodi e così quando siamo tornati a Roma dove ci attendeva GPC per creare la nostra rock band dopo la prima prova abbiamo deciso che quello sarebbe stato il nostro nome.
Voi in passato avete partecipato a Emergenza rock, una sorta di talent show ante litteram. Cosa pensate di programmi come Amici o X factor?
GPC: queste manifestazioni sono fatte dagli organizzatori per avere un loro ritorno con il pretesto di offrirti una vetrina per farti conoscere. Una esperienza del genere si può anche fare perché, comunque si ottiene un po’ di visibilità. X factor, a me, risulta organizzato dalla Sony che infatti gestisce tutto il programma trovando un cantante sicuro da lanciare senza rischiare con la produzione e la distribuzione di troppi esordienti. Alcuni giorni fa sono andato dal nostro ex produttore Alfonso Bettini gli ho fatto ascoltare il nostro disco e gli ho chiesto il suo parere. E lui mi ha risposto: dovreste andare ad X factor. A quel punto gli ho fatto notare che non abbiamo l’età o il repertorio per provare una simile strada, lui invece mi spronava a provarci proprio per la nostra diversità rispetto ai concorrenti abituali. Forse ci proveremo anche se io personalmente sono fermamente contrario a queste trasmissioni e a tutto ciò che ruota intorno all’universo discografico.
Euroz: Anni fa una persona ci disse ciò che governa il mondo dell’arte, ovvero i soldi, le conoscenze e donne di bella presenza. Noi siamo poveri, non conosciamo nessuno e siamo tutti maschi.
Da musicisti invece cosa pensate di Sanremo?
JB: Da addetti ai lavori, ma solo perché suoniamo e viviamo in questo ambiente, dobbiamo riconoscere che è la più importante vetrina della musica italiana. Anche se tranne rare eccezioni si tratta sempre della solita melodia italiana, come se questa fosse l’unica cosa che, musicalmente parlando, riusciamo a produrre. Per chi suona è comunque un evento troppo importante e quindi non posso esimermi dal guardarlo.
DLM: Io invece penso che Sanremo dovrebbe proprio chiudere. A mio avviso dovrebbe essere una vetrina per gli artisti ed invece ci si ritrova sempre con cantanti con molti anni di carriera alle spalle, Morandi, Albano, Vecchioni che l’ha vinto, che sono grandi artisti ma non hanno bisogno di questo palcoscenico; se Sanremo deve essere una vetrina per la musica italiana diamo spazio ai giovani, gli artisti più famosi dovrebbero accompagnare gli esordienti ma non cantando o facendo una gara, dovrebbero limitarsi a sponsorizzarli.
GPC: Io aggiungerei a quanto già detto che finché non ci sarà una vera giuria popolare ma ci si affiderà al televoto difficilmente si avrà una classifica veritiera rispetto al gusto del pubblico che poi compra i dischi.
Quanto c’è di autobiografico nei vostri testi? In generale come nascono?
GPC: Alcune cose sono autobiografiche, anche se, come nel nostro stile, abbiamo cercato di presentarle in modo scherzoso. Non tutto però è strettamente autobiografico visto che spesso ci ispiriamo anche ai racconti dei nostri amici e mettiamo in musica le loro esperienze.
Alcuni testi li abbiamo scritti proprio in collaborazione con persone che conosciamo da una vita. Alcune volte io faccio la melodia e poi tutti insieme ci costruiamo intorno il testo. Altre volte capita che Marco (Jeff Burton) arriva con la canzone fatta e tutti insieme la sistemiamo. L’intento comunque è quello di lavorare tutti insieme per rendere i testi più orecchiabili possibili visto che il primo a cui devono piacere sono proprio io.
E: Inoltre cerchiamo di confermare il nostro stile, senza cadere nel banale o essere troppo simili alle tipiche melodie italiane.
JB: A mio modo di vedere invece sono quasi totalmente autobiografiche perché anche se molte sono state scritte con l’aiuto di amici si parla comunque delle nostre vite, di quando eravamo più giovani ed uscivamo tutti insieme. Se anche il testo era di un nostro amico riguardava delle serate passate insieme. Specie le prime canzoni che abbiamo composto parlano di noi, di come eravamo.
Quali sono le vostre influenze musicali?
JB: Guns’n roses, Sex pistols, Who e Queen. Ovviamente non pensiamo di suonare come loro, ma questi sono i gruppi che ci hanno influenzato e con cui siamo cresciuti musicalmente e socialmente. Nelle nostre canzoni ci sono anche delle cose dei Queen anche se è molto difficili scovarle.
A cosa pensate mentre siete su un palco ed il pubblico canta le vostre canzoni?
E: Per me è la realizzazione di un sogno, anche quando ci sono poche persone se le vedo felici mentre cantano e ballano le nostre canzoni, provo una soddisfazione incredibile. Significa che la canzone arriva. All’inizio ai concerti ci sono solo gli amici più cari che ti seguono perché hai necessità riempire il locale, ma quando vedi che ci sono estranei che ti cercano e che cantano le tue canzoni e che nonostante tutto ci hanno scoperto è fantastico. È facile far cantare le persone quando si fanno cover di canzoni famose che tutti conoscono, con una tua canzone è diverso, c’è una soddisfazione maggiore. Io ho iniziato a cantare proprio per vedere persone sotto il palco seguire le mie labbra.
Da pochi mesi è uscito il vostro ultimo lavoro, una raccolta delle vostre hit che con una scelta di “contro marketing” avete intitolato GLI INSENTIBBILI, come mai questa scelta?
GPC: Si intitola Gli insentibbili perché volevamo rendere giustizia a ciò che fu il passato. Le canzoni erano belle, a noi piacevano e le sentivamo sotto un certo orecchio ma per chi le ascoltava il suono era approssimativo ed anche il nostro modo di suonare era acerbo e così abbiamo deciso di riregistrare tutte quelle canzoni che erano appunto insentibili nella versione originale.
E: Tutto ciò sperando che attualmente siano ascoltabili
JB: Il pubblico che viene ai nostri concerti e canta queste canzoni ci dimostra che abbiamo raggiunto il nostro scopo.
DLM: Questo titolo è anche un’arma a doppio taglio perché è registrato talmente bene che quando poi andiamo a rifare le canzoni dal vivo non riusciamo a produrre le stesse sonorità. Abbiamo accuratamente selezionato i suoni durante la registrazione e quindi il cd dà una buona resa, cosa che non sempre nei locali si riesce a riprodurre.
Quando uscirà un nuovo disco di inediti?
E: Forse il prossimo anno, abbiamo già le 15 canzoni; per la nostra pigrizia abbiamo speso molto tempo nella realizzazione del precedente lavoro; se la raccolta che abbiamo fatto andrà bene faremo a breve il nuovo disco; per farlo però ci vogliono anche tempo e denaro e poiché noi purtroppo ancora non viviamo di musica, siamo obbligati a fare anche un lavoro che ci porta via del tempo. La speranza però è quello di uscire con un album di inediti entro un anno, un anno e mezzo.
JB: Tutto però dipende dalla risposta che avrà Gli insentibbili, se non sarà quella che speriamo i tempi potrebbero allungarsi.
Da anni fate questo mestiere, anche se fino ad oggi siete sempre rimasti chiusi in un circuito molto ristretto e per certi versi elitario. Cosa deve accadere per farvi sentire arrivati?
E: Personalmente non mi sentirò mai arrivato; ogni traguardo deve essere un nuovo punto di partenza. Chi si sente arrivato è finito. Se hai la passione lo fai perché ti piace.
GPC: Io invece credo che un musicista sia arrivato quando hai un pubblico, grande o piccolo che sia, che si riconosce nelle tue canzoni; faccio un esempio se anche non entri in classifica ma tutti in Italia ti conoscono, puoi quasi considerarti arrivato. Sei arrivato quando hai un riscontro.
DLM: Io personalmente mi sentirò arrivato quando non avrò più la forza e la voglia di mettermi dietro la batteria e suonare.
JB: Nel nostro piccolo già il fatto che qualcuno ci contatti, canti i nostri pezzi ai concerti o parlando faccia il nostro nome, ci fanno pensare che siamo arrivati anche se ovviamente vorremo qualcosa di più.