Intervista a cura di Fabio Polese ai politici perugini sulle Foibe e sul “Giorno del ricordo”
(ASI) Il 10 febbraio si celebra in Italia il “Giorno del ricordo” solennità civile istituita con una legge del 2004, con la quale si intende celebrare la memoria delle vittime delle Foibe e dell'esodo Giuliano-Dalmata. Sono stati necessari quasi sessant’anni per giungere ad un riconoscimento ufficiale, da parte della Repubblica Italiana, della tragedia dei nostri connazionali travolti dalle vicende del confine orientale, alla fine della seconda guerra mondiale e nel periodo successivo. Le Foibe, cavità naturali presenti in Istria e sul Carso, sono diventate il simbolo delle sofferenze patite dagli Italiani di quelle martoriate terre; all'interno di esse venivano infatti gettati i nostri connazionali, nell'attuazione della politica genocida messa in atto dai partigiani di Tito e volta a sradicare ogni identità Italiana dalle terre che sarebbero dovute diventare parte della nascente Federazione Jugoslava. Subito dopo l'8 settembre 1943 iniziò a prender corpo infatti - con strategia pianificata e meticolosamente attuata - l'attività volta a colpire i simboli dell'italianità, con stragi e omicidi di personaggi che venivano ritenuti rappresentativi del regime fascista, e non solo, anche semplici funzionari pubblici e i loro familiari, nonché semplici cittadini, colpevoli solo di essere italiani. Un'attività genocida quindi, messa in atto in maniera indiscriminata contro gli italiani in quanto tali, spesso anche con l'avallo, se non anche in alcuni casi con la collaborazione fattiva, di altri italiani appartenenti a formazioni partigiane; per quanto anche componenti del Comitato di Liberazione Nazionale rimasero vittima delle epurazioni. Le stragi, gli omicidi e le deportazioni proseguirono impunite fino al trattato di pace del 10 febbraio 1947, nell'ambito del quale fu stabilito il nuovo assetto del confine orientale, con la cessione di gran parte delle provincie di Trieste e Gorizia, Istria, Fiume e Dalmazia alla Jugoslavia. Iniziò quindi il loro peregrinare da una città all'altra, da un campo profughi all'altro, spesso trattati, nella difficile situazione dell'Italia del dopoguerra, come stranieri in casa propria.
Agenzia Stampa Italia ha contattato Francesco Mearini – Capogruppo Partito Democratico del Consiglio Comunale di Perugia -, Carlo Castori – Consigliere Comunale Popolo Della Libertà di Perugia - e Riccardo Donti – Responsabile Regione Umbria del movimento politico Forza Nuova – per porgli qualche domanda sulle Foibe e sul “Giorno del ricordo”.
Nonostante sette anni fa sia stato istituito il “Giorno del ricordo”, per celebrare la memoria delle vittime delle Foibe, sembra difficile trovare una documentazione imparziale ed esatta sulle Foibe. Qual è il suo pensiero?
Francesco Mearini (PD) - Mezzo secolo di guerra fredda non ha significato solo ed esclusivamente la capacità da parte delle due grandi potenze (USA-URSS), di controllare i rispettivi blocchi militari e politici. Questo ha determinato uno scientifico ed analitico rilascio di informazioni, volte a tutelare e mantenere proprie prerogative che erano bi-laterali e che conseguentemente si auto tutelavano. Con il crollo del muro, l'evoluzione democratica dello scenario geo-politico dell'est europeo, continua ancora oggi a sorprenderci e non sempre in chiave positiva. L'evoluzione critica, anche in una Democrazia consolidata come la nostra, necessita di tempo per poter valutare consapevolmente quello che accadde a pochi chilometri da casa nostra. Le Foibe ne sono un esempio. Ma non l'unico, basta guardare al caso Battisti con il Brasile. La giustizia, per i giusti è spesso sacrificata per le logiche del consumo globalizzato, e quindi ti ritrovi che Berlusconi non potendo mai ammettere pubblicamente che in fondo dell'estradizione di Cesare Battisti non gli importava nulla, si è subito affrettato a dichiarare che “se anche il Brasile non avrebbe concesso l'estradizione, i rapporti tra i due Paesi non sarebbero andati in crisi.” C'è da chiedersi cosa centrano le due cose, invece non è così. Prima eravamo in presenza di due mondi (blocchi politico-militari) che pur di non danneggiarsi erano disposti a tollerare crimini efferati, il fatto che la Jugoslavia di Tito appartenesse ufficialmente ad un terzo blocco “non allineato” non è stato sufficente a scongiurare il tutto, oggi i due mondi (il Capitalismo Occidentale in affanno – e quello emergente dall'altra) declassano a secondario il valore della Giustizia.
Carlo Castori (PDL) - E’ sicuramente difficile trovare una documentazione imparziale ed esatta sulle Foibe, è necessario che gli studiosi di storia collochino nella loro dimensione storica tale avvenimento, ricercando quelle cause che sicuramente provengono da tensioni etniche, sociale e ideologiche; ma è innegabile che si tratta di una realtà dolorosissima che brucia e a lungo brucerà nella coscienza degli sloveni.
Riccardo Donti (FN) - Gli infoibati non erano combattenti, ma civili, vittime della ferocia comunista; in Italia comunismo e post comunismo hanno giocato un ruolo rilevantissimo, a livello culturale e politico. L’ideologia comunista o, quando va bene, una certa propensione filocomunista dettano ancora i programmi scolastici e quelli televisivi e favoriscono carriere brillanti ad ogni livello, non ultimo quello universitario. Ammettere che il comunismo sia stato, anche per gli italiani, come per i russi, per i vietnamiti, per i cinesi, per i cubani causa non solo di errori culturali o economici, ma di omicidi di massa, è un’operazione difficile in mancanza di una solida base morale. Credo basti questo a capire perché parlare di foibe continua ad essere un problema: molti dovrebbero rinnegare ciò che hanno predicato da sempre e dovrebbero prendere posizioni scomode e non convenienti. Bisogna essere grandi uomini per passare dalla poltrona allo sgabello solo per il gusto della verità e in giro il nanismo è dilagante.
Come vanno contestualizzate le Foibe?
Francesco Mearini (PD) - La contestualizzazione del dramma umano, rappresentato dalle Foibe, ritengo di averlo spiegato bene nella sua domanda precedente, comunque c'è da aggiungere, che quello che è accaduto non è altro che un sistema consolidato di liquidare ogni forma di ostacolo al Potere, tipico dei modelli autoritari.
Carlo Castori (PDL) - Spesso la contrapposizione tra gli storici e non, si è ridotta a fautori della “verità dei fatti” da una parte, e sostenitori della “verità ideologica” dall’altra. Entrambe le posizioni continuano però a non capire che contestualizzare significhi avvicinarsi alla loro comprensione.
Riccardo Donti (FN) - Un’operazione di pulizia etnica molto tipica dell’ideologia comunista. Se vuole… Poco originale.
Esiste, secondo lei, una chiave per comprendere i significati storici e sociali di quegli avvenimenti?
Francesco Mearini (PD) - Ogni regime autoritario, basta pensare a quello che furono capaci di fare i fascisti Italiani in Corno d'Africa con i popoli Etiopici ed Eritrei, in Libia, in Albania, ispirati dalla logica Hitleriana di dominio, si rendevano artefici e protagonisti di veri e propri genocidi. La chiave per trovare risposte alle pagine più buie dell'era moderna “è la guerra”. E non c'è risposta più adeguata e storicamente provata che a questo si può fare fronte solo con la Pace, il dialogo e la cooperazione tra i popoli.
Carlo Castori (PDL) - La chiave di lettura deve essere condivisa da tutti e che non faccia sconti ad alcuno e possa offrire, soprattutto a giovani, motivi di profonda riflessione perché simili tragedie non debbano più accadere. Il tutto senza strumentalizzazioni, fini politici o di parte.
Riccardo Donti (FN) - A parte qualche vendetta personale, si volevano molto semplicemente eliminare gli italiani in quella parte di mondo: il metodo, feroce e vigliacco, non fu inventato allora, ma fu esportato altrove. Stupisce molto più la convivenza del partito comunista italiano e di tutta la nostra classe politica che l’odio etnico dei titini.
Cosa significa, oggi, commemorare le vittime delle Foibe?
Francesco Mearini (PD) - La memoria è il mezzo con cui la Democrazia affonda le sue radici. Ricordare le vittime della Seconda Guerra Mondiale è un nostro dovere, che va tramandato alle giovani generazioni, affinchè tutto questo non si ripeta mai più. Ricordare tutte le vittime non significa volere confondere o accomunare le due parti in conflitto, anzi, non si può prescindere dal sottolineare che da una parte c'è chi combatteva per la libertà e la Democrazia, dall'altra c'era chi veniva chiamato a morire per l'idea della sopraffazione. Ricordare per resistere. Ricordare è sinonimo di Libertà.
Carlo Castori (PDL) - Non dobbiamo chiedere che se ne parli per riportare il numero esatto delle vittime del comunismo nel mondo sui libri di storia, non ci sogniamo una edizione scolastica del "libro nero del comunismo", non ci interessa. Noi chiediamo che se ne parli perché è vergognoso che una nazione degna di questo nome sia disposta a dimenticare i suoi martiri in nome di un interesse di parte, nulla giustifica la faziosità con la quale spesso si parla di determinati fatti e personaggi dei giorni nostri. Oltre tutto non possiamo conoscere con esattezza quanti sono stati in totale gli infobati; oggi a distanza di anni la vegetazione e variata non si potranno raggiungere altre foibe.
Riccardo Donti (FN) - Ritrovare un briciolo di dignità e di amor patrio. Ma l’iniziativa sarebbe dovuta partire da chi ha sempre rinnegato o occultato i fatti, cioè da coloro che anche oggi non riconoscono o comunque sminuiscono la portata di quella ferocia. Una ferocia che è propria dell'ideologia comunista. Se il sistema decidesse di dedicare agli stermini provocati dai comunisti anche solo una minima parte del tempo speso per ricordare l'olocausto degli ebrei, scomparirebbero le falci e martello da ogni manifestazione e da ogni volantino propagandistico. Scomparirebbe anche ogni ricordo di quel Pertini, ancora ossequiato, che osò baciare la bara di Tito. Uno scandalo tenuto ben nascosto dai media.
Secondo lei, cosa andrebbe fatto per restituire dignità alla memoria storica del Paese?
Francesco Mearini (PD) - La dignità di chi ha combattuto per la libertà e l'indipendenza dei popoli non è in discussione. Il nostro Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che di battaglie come queste se ne intende, a più volte inteso rappresentare lo sdegno, la riprovazione e la solidarietà nei confronti di chiunque è caduto vittima della barbarie. I morti difronte alla storia sono tutti uguali, le ragioni che hanno portato a questo no. I valori della Democrazia scritti nella Carta Costituzionale sono custodi della memoria e del futuro libero dalle tirannie. E' per questo che anche il Gruppo Consiliare del Partito Democratico al Comune di Perugia, parteciperà alla giornata del Ricordo, alle iniziative organizzate appositamente, proprio perchè ci consideriamo, ancora oggi, custodi di valori inalienabili.
Carlo Castori (PDL) - Uno studio alla ricerca non formale ma sostanziale di una memoria condivisa e per una libertà totale di pensiero e di parola affinchè certi fatti non avvengano mai più e quindi ad adoperarsi per favorire iniziative, studi, convegni, incontri e dibattiti per conservare la memoria delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata.
Riccardo Donti (FN) - Non si può tornare indietro. Sessant’anni di silenzio sono una vergogna che peserà per sempre. A scuola si dovrebbe insegnare la storia di tutti, evitando l’hit parade delle vittime. Istituire un giorno della memoria per ogni sterminio, da quello dei Pellerossa d'America ad opera dei cosiddetti liberatori (oltre i dodici milioni) a quello degli Armeni (più di due milioni di morti); dallo sterminio degli ebrei ad opera di Stalin (parliamo di svariati milioni e mai commemorati) all'olocausto tutt'ora in atto dei palestinesi per mano degli ebrei israeliani. Ah, dimenticavo, qualcuno sa cosa sia la Vandea? Insomma onorare la memoria delle vittime tutte, non di quelle che piacciono di più per motivi politici. Diventeremmo così un Paese più serio. Bisognerebbe anche richiamare alle loro responsabilità i Presidi che sembra proprio ignorino la storia e in particolare l’importanza della giornata delle foibe, ma in Italia “responsabilità” è concetto ancor più vago di “memoria”. Non sono ottimista. Bisognerà necessariamente attendere un’altra generazione di storici e, più in generale, un’altra generazione di Uomini. Speriamo non tardi.