(ASI) “L’ appello sulla moratoria lanciato dalla nostra federazione alla Commissione Politiche Agricole, è stato accolto dalla Conferenza delle Regioni”. Lo ha dichiarato Saverio De Bonis, coordinatore nazionale della Fima, Federazione italiana movimenti agricoli.
La Commissione guidata dall’ Assessore Stefàno, dopo aver approfondito i contenuti della proposta di legge, concernente la sospensione dei debiti per le aziende agricole in difficoltà, all’ esame delle Commissioni riunite Finanze e Lavoro della Camera dei Deputati, ha approvato un documento che è stato sottoposto all’attenzione della Conferenza delle Regioni.
I presidenti delle regioni e delle province autonome italiane, nella seduta del 25 luglio scorso, dopo aver condiviso la proposta di legge, chiederanno di essere ascoltati in audizione in Commissione Agricoltura della Camera per sollecitare il proseguimento dell' iter parlamentare del disegno di legge.
“Tuttavia - prosegue De Bonis - nello stesso giorno la Camera dei Deputati, durante la discussione sul decreto sviluppo, ha respinto per pochi voti, il nuovo odg sulla moratoria presentato dall’ On Di Pietro, con il quale si chiedeva al Governo di attivarsi con la massima urgenza per porre in essere ogni iniziativa volta a dar seguito agli impegni assunti nel mese di gennaio con il primo odg accolto dal Governo”.
Tra i 202 voti favorevoli all’ odg hanno contribuito - sottolinea l’ analisi della Fima - in ragione del diverso peso parlamentare, il Pd con il 61%, l’ Udc con 11%, Italia dei Valori con il 9%, Futuro e Libertà con il 6%. Invece, tra i 222 voti contrari prevale il peso preponderante del Pdl con il 60%, Popolo e Territorio con il 5%, Alleanza per l’ Italia con il 2%, Grande Sud e Gruppo Misto. La Lega si è astenuta in maniera pilatesca.
“Ci auguriamo - aggiunge il comunicato della Fima - che quanto accaduto alla Camera, non sia un mutamento della volontà politica della maggioranza ma solo un incidente di percorso, al quale porre rimedio. Il premier Monti, del resto, ha lanciato l’ appello di puntare a favore dell’ economia reale per superare la crisi. E l’ agricoltura, sotto questo profilo, è anche economia primaria. Sarebbe, pertanto, opportuno che anche le organizzazioni sindacali agricole uscissero fuori dal silenzio e dall’ ambiguità, perché se c’e’ vera volontà occorre procedere con una legge, trovando un’ adeguata copertura finanziaria, diversamente non é serio l’ atteggiamento assunto da quei parlamentari di maggioranza, in contrasto con il parere positivo del Governo”.
“Rispettiamo la libertà di voto di ogni singolo parlamentare, - evidenzia la Fima - vogliamo pero’ dire che non si puo’ scherzare sul disagio delle aziende agricole italiane; sarebbe una sconfitta per tutti, perché é in gioco non solo la ripresa reale del Paese, ma anche il diritto fondamentale alla salute dei cittadini, che solo un’ agricoltura nazionale attenta puo’ garantire. Gli effetti negativi di una continua disattenzione si moltiplicherebbero in maniera esponenziale, sull’ occupazione, sui bilanci pubblici e sulla sicurezza degli approvvigionamenti. Lo dimostrano le crescenti preoccupazioni dei consumatori per i cibi”.
“In un Paese avanzato - conclude il coordinatore - lasciare a terra gli agricoltori, già provati da un lungo periodo di crisi affrontato in solitudine, che ha provocato in dieci anni l’ espulsione di circa un milione di imprese ed un forte indebitamento delle aziende sopravvissute, significherebbe voler rinunciare anche alla tutela dell’ ambiente, del territorio, del turismo e della cultura di intere comunità rurali. E, soprattutto, significherebbe negare il potenziale di crescita che l’ agricoltura puo’ innescare per l’ intera economia nazionale, come confermano positivamente gli indicatori economici su Pil e occupazione. L’ Italia che tira in questo momento non è quella che stà nelle aree metropolitane ma quella agroalimentare, su cui bisogna cominciare ad avere una visione strategica del futuro in termini diversi. Siamo, pertanto, fiduciosi che, nonostante il difficile momento, prevarrà la ragione e il senso di responsabilità di tutte le forze parlamentari e sindacali, anche di quelle piu’ refrattarie, verso un possibile nuovo modello di sviluppo, la cui precondizione, tuttavia, è la moratoria”.
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