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Carlo Parlanti denuncia un funzionario della polizia italiana e un addetto dell’Fbi

(ASI) Carlo Parlanti ha presentato una denuncia alla Procura di Roma contro un funzionario della polizia italiana di Milano e contro un addetto dell'Fbi all'Ambasciata Usa per i seguenti reati: «abuso di potere», «violazione del segreto d'ufficio», «rivelazione del contenuto di documenti segreti», «lesioni personali aggravate» e «calunnia».

La storia. Carlo Parlanti, cittadino italiano, è stato arrestato in Germania nel 2004 perché era segnalato con un «red alert» dell’Interpol per un presunto stupro avvenuto negli Stati Uniti ai danni di Rebecca White. Ha scontato otto anni per violenza sessuale ed è tornato in libertà il 15 febbraio scorso. Il manager informatico di Montecatini, che si è sempre dichiarato innocente e, per questo, non ha mai voluto patteggiare, ha più volte denunciato diverse falsificazioni di prove contro di lui.

La denuncia. «Quando io fui arrestato – ci dice Carlo Parlanti - la Germania raccomandò alla Procura Statunitense di fornire altre evidenze della mia colpevolezza, che non fossero il semplice rapporto della polizia allegato al mandato di cattura, in modo da non vedersi costretta a rilasciarmi. Invece gli Stati Uniti rimandarono semplicemente lo stesso assurdo rapporto di polizia: non che non avessero altre evidenze ma si trattava di foto di una donna senza lesioni e di un appartamento senza tracce di lotta e quindi era molto meglio per loro occultarle. Fu allora che, invece di inviare alla Germania prove a mio discarico, i funzionari USA misero in moto l'FBI di stanza a Roma perché cercasse, a tutti i costi, qualche scheletro nel mio armadio da poter usare per influenzare il mio procedimento penale». «L'attachè FBI oggetto della denuncia – continua Parlanti - entrò allora in contatto con un ispettore Capo della Mobile di Milano e gli chiese di "ottenere" dalla Procura di Milano documentazione relativa ad un'accusa rivoltami nei tardi anni ottanta ed ascritta (perciò non risultante nel Casellario Giudiziario e di Polizia). Inutile ricordare che esistono ben precise regole di rogatoria internazionale per la richiesta e l'ottenimento di questo tipo di documentazione ma ovviamente sembra che gli Stati Uniti si ritengano al di sopra anche delle regole che hanno sottoscritte. Allo stesso modo è anche inutile ricordare che la documentazione di un fascicolo ascritto e non presente nei Casellari di un incensurato come il sottoscritto rappresenta Segreto d'Ufficio e non avrebbe mai dovuta essere resa pubblica. Sta di fatto che l'Ispettore, che è il secondo oggetto della denuncia, riuscì in qualche modo ad ottenere questa documentazione ed è per questo che la denuncia inquadra anche "ignoti" che abbiano collaborato a trafugare questa documentazione dalla Procura di Milano. Ma purtroppo il crimine non si è estinto qui: nel comunicare alla Germania questa documentazione io sono stato trasformato da "Incensurato" in "Reo" di violenza e perciò in un criminale seriale che doveva essere bloccato anche in assenza di qualsivoglia evidenza di colpevolezza».

Indagini preliminari. Secono Parlanti, i Carabinieri di Roma, «hanno già svolto indagini preliminari per accertarsi che alla data della trafugazione dei documenti dalla Procura di Milano io risultavo incensurato ed i miei Casellari Giudiziario e di Polizia erano completamente vuoti: ovviamente l'esito delle indagini è stato positivo. Il Ministro degli Esteri Terzi (che abbiamo incontrato il 24 di Luglio insieme all'avvocato della ONLUS Prigionieri del Silenzio Francesca Carnicelli ed al mio avvocato e presidente della ONLUS AIVEG Luciano Faraon) si è detto più che disponibile a seguire ogni rogatoria che arriverà dalla Procura di Roma richiedendo che vengano acquisiti dalla Germania e dagli Stati Uniti tutti i fascicoli relativi a questa scandalosa vicenda».

Ricorso a livello e europeo. «Già la settimana prossima comincerò a lavorare su di un primo ricorso a livello europeo: alla fine del 2004 io mi appellai alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo affinché bloccasse la mia estradizione e loro rifiutarono di agire motivando il diniego col fatto che, negli Stati Uniti, avrei ricevuto sicuramente un processo equo. Non solo, è più che ovvio, che così non è stato ma addirittura ho adesso fornito ampie prove del fatto che crimini di ogni sorta erano già stati commessi addirittura nel 2004. Non esiste la possibilità di avere un processo equo con forze di polizie come quelle Statunitensi che non si fermano a niente pur di non ammettere i propri errori, arrivando non solo a produrre ed utilizzare prove false ma addirittura a trafugare e falsificare documenti ufficiali di un'altra nazione sovrana».

Fabio Polese  Agenzia Stampa Italia

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