(ASI) Nell’ incontro tenutosi ad Irsina (Mt) organizzato dal gruppo regionale PD per discutere su Pac e impatto verso la cerealicoltura, cui hanno partecipato esponenti politici di spicco, tecnici e organizzazioni sindacali, moderati dal Consiigliere Giuseppe Dalessandro, la Fima ha dato il suo contributo al dibattito. Lo ha dichiarato Saverio De Bonis, coordinatore della Fima, Federazione italiana movimenti agricoli.
Il territorio cerealicolo della Basilicata con i suoi oltre centomila ettari a grano duro si colloca al terzo posto tra le regioni meridionali dopo la Puglia e la Sicilia. E Irsina rappresenta, con i suoi 27 mila ettari, l’ emblema di questa pregiata coltura che oggi, grazie ad un lavoro di ricerca e studio, presenta nuove opportunità, ancora poco valorizzate, che ne possono potenziare la sua competitività.
Oggi è piu che mai necessario perche’ le previsioni sui redditi agricoli sono scoraggianti e dalla PAC è in arrivo una sforbiciata agli aiuti. In queste condizioni come puo’ la crescita diventare il tema prioritario per le nostre aree rurali?
Sinora l’ autoreferenzialità e frammentazione delle organizzazioni sindacali, non ha dato un grosso impulso, ma alcune mosse possono consentire d’ invertire la rotta. La prima. Occorre intanto fare i conti con la nuova PAC, allargando il dibattito alla base e migliorando la definizione di agricoltore attivo per evitare che gli agricoltori veri scompaiano a favore delle rendite e di un crescente numero di soggetti esterni all’agricoltura, che spesso attingono a capitali di dubbia origine, come ha dichiarato l’ On Paolo Rubino del Tavolo Verde Puglia e Basilicata. Va fatta una scelta anche in termini di sostenibilità delle aziende nel lungo periodo: non ha senso proteggere i piccoli numeri per tenere in piedi la bottega sindacale, in un mondo fatto sempre piu’ da grandi numeri globali. La seconda. Mettere in sicurezza le aziende che oggi sono in difficolta’ attraverso una moratoria e la ristrutturazione dei debiti. La terza. Valorizzare le peculiarità salutistiche naturali, differenziare queste produzioni, e aggregare l’ offerta per restituire il reddito sinora scippato agli agricoltori, senza costringerli a diventare industriali della trasformazione.
Il potere di acquisto dei produttori di grano, infatti, è stato eroso negli anni da pratiche anticoncorrenziali e fraudolente. Secondo il coordinatore della Fima “le divaricazioni tra prezzi all’ origine delle materie prime (grano) e prodotti finiti (pane e pasta) lo confermano e le responsabilità non sono astratte. Ad esempio, le multe al cartello degli industriali pastai non hanno prodotto nessun risarcimento né per i consumatori, né per i produttori di grano. Alle organizzazioni sindacali questa ennesima battaglia di tutela é sfuggita clamorosamente. La giurisprudenza comunitaria, infatti, sostiene che la fissazione dei prezzi d’ acquisto e’ illecita e, per definizione, atta ad incidere anche sul comportamento dei prezzi di vendita. Allora, per analogia dovrebbe essere vero il contrario: un cartello sui prezzi al consumo dovrebbe essere atto ad incidere anche sui prezzi all’ origine. Ma nessuna organizzazione sindacale ha avuto il coraggio di intraprendere questa strada per contrastare gli industriali con un’ azione di risarcimento danni”.
Dal dibattito è emersa la volontà politica di tutelare di piu’ questo comparto: “continuare a pensare ad un rilancio dell’ agricoltura basato sulle nicchie - ha dichiarato il Sen Bubbico - non aiuta a comprendere le potenzialità enormi che un percorso di valorizzazione e tutela puo’ suscitare in aree marginali che altrimenti tenderebbero alla desertificazione”. Tanto piu’ che a livello nazionale alcuni servizi di Presa Diretta su RAI3 e alcune testate giornalistiche, come ItaliaOggi, hanno compreso che il granaio del Sud é una miniera d’ oro, nonostante la sua bassa produttività. E adesso anche la federazione italiana dei medici pediatri comincia a considerare il valore salutistico del nostro grano, privo di contaminanti, specie per l’ alimentazione dei bambini, al fine di prevenire le crescenti intolleranze. Tuttavia se c’e’ un forte dibattito a livello nazionale, anche tra multinazionali concorrenti, grazie alle iniziative promosse da associati Fima, la flemma che circonda la materia lascia un po’ basiti e la sensibilità istituzionale mostrata da alcuni giovani amministratori - il consigliere Anna Amenta presente al dibattito ha fatto approvare una mozione alla Provincia di Matera - è stata sinora lodevole ma insufficiente.
La ragione è semplice. Gli interessi industriali in gioco sono molto forti, ma poiché c’e’ in ballo la salute pubblica deve essere la politica ad occuparsi di questi temi e non il mercato. Ancora una volta le organizzazioni sindacali su questo delicato argomento hanno preferito la scorciatoia del business e non la battaglia politica per abbassare i limiti sulle micotossine. E’ necessaria altresì una revisione del Piano cerealicolo nazionale per riformare il funzionamento del mercato superando le attuali logiche delle borse merci che sono diventate uno schermo per i cartelli e introdurre nuovi criteri di classificazione merceologica. I tempi, dunque, sono maturi per spostare il dibattito nelle Commissioni e in Parlamento dove c’e’ già una prima interrogazione fatta da un parlamentare, non lucano, il quale dopo aver approfondito le questioni sul blog sologranoitaliano ha subito posto la questione.
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