(ASI) - Roma “Un detenuto italiano, di circa 40 anni, con problemi psichici, si è suicidato nella serata di ieri nel carcere di Rebibbia-Roma impiccandosi alla porta aperta della cella. Dopo la sua morte i detenuti hanno inscenato proteste danneggiando la sala infermeria.
È il 29esimo suicidio dall’inizio dell’anno a ribadire che se non vogliamo ripetere quanto accaduto lo scorso, l’anno terribile con il tragico record di 90 suicidi, si deve rapidamente passare per la prevenzione dalle parole ai fatti”. A riferirlo è Aldo Di Giacomo, segretario generale del S.PP. che in una nota aggiunge “cresce il numero dei suicidi di detenuti con problemi mentali. L’aumento nel giro di un paio di anni è del 40%. Si tratta di persone che non avrebbero dovuto trovarsi in istituti penitenziati ma in strutture socio-sanitarieassistenziali specializzate. Purtroppo dopo la chiusura dei cosiddetti Manicomi Giudiziari e l’introduzione delle Rems la situazione si è aggravata perché i posti disponibili nelle Rems sono insufficienti, l’attesa per il trasferimento dal carcere è molto lunga e non sono stati attuati protocolli di collaborazione tra sanità e giustizia, alla base dello sviluppo di prassi ancora non generalizzate ma in molte realtà assai proficue per l’assistenza ai detenuti con problemi psichici. Inoltre, nelle carceri il personale medico, psicologi e psichiatri risulta del tutto insufficiente. Sono tutti elementi che richiedono un piano di supporto psicologico con la presenza nelle carceri di psicologi, psichiatri, mediatori culturali, come di interpreti perché la mancanza di comunicazione incide tanto. Come sindacato abbiamo da tempo proposto l’apertura di uno Sportello di aiuto psicologico in ogni struttura e la promozione di attività sociali e lavorative oltre a corsi di formazione e di lingua per gli extracomunitari. C’è chi tra le associazioni di volontariato e associazioni cattoliche, alla vigilia della Santa Pasqua, parla della necessità di un “sussulto umanitario”. Per noi è indispensabile un sussulto dell’Amministrazione Penitenziaria e della politica ad occuparsi seriamente del carcere e non certo a limitarsi alle “lacrime di Coccodrillo” di queste circostanze. L’emergenza ha superato il punto limite con lo Stato incapace di garantire la vita delle persone che ha in custodia e la vita del personale oggetto di quotidiane aggressioni. Occorrono strumenti e finanziamenti mirati ed efficaci, anche per la sanità penitenziaria, più collaborazione tra strutture sanitaria e amministrazione penitenziaria se realmente vogliamo interrompere questa strage”.