(ASI) Lettere in Redazione. Ma insomma, smettiamola di apostrofare con epiteti di ogni genere i nostri giovani, o meglio, i nostri figli. Se sono in queste condizioni, se sono stati educati al rispetto, e sono continuamente aiutati dalle rispettive famiglie, è diventata una colpa? Dobbiamo dargli dei “bamboccioni” se si sentono protetti dalla propria famiglia, dobbiamo dargli degli “sfigati” se non riescono a laurearsi prima del dovuto?
E adesso addirittura di cercare altrove, invece di richiedere “il posto fisso”, perché è assolutamente noioso lavorare con un contratto a tempo indeterminato?
Forse qualcuno dimentica, e non può essere chi ha responsabilità istituzionali e proviene dal sistema bancario a farlo, che se i nostri figli si recano a chiedere un mutuo per affrontare l’acquisto per la prima casa vengono respinti perché senza contratto a tempo indeterminato, se vogliono formarsi una famiglia, devono in tutti i modi cercare la stabilità economica e via discorrendo per ogni questione legata allo sviluppo socio-economico.
Forse sarebbe stato meglio richiamare tutte le componenti della nostra società ad una maggiore coesione sociale, per permettere ai nostri figli di, almeno, immaginare un futuro.
La società che siamo chiamati a costruire è la prima opera pubblica, bisogna custodirla e nutrirla, ma per farlo bisogna riconoscerla, liberarla e favorirla. Ricordiamoci di ciò che dicevano i nostri avi: “ubi societas, ibi ius” (dove c’è società, c’è diritto).
Senza questa coscienza non si va da nessuna parte, perché la coesione sociale (che non è prodotta né dallo stato né dal mercato) non viene prima o dopo lo sviluppo, ma ne è il primo motore. Il mercato vive di presupposti che consuma, e non è in grado di darsi fiducia e reciprocità.
E senza società civile lo Stato si riduce a procedure e tecnocrazia. Lo capirà il governo Monti e lo capiranno i suoi ministri?
Ghino Di Tacco
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