(ASI) Torino - “Il dato positivo è che i giovani, che si dice siano sempre disinteressati, in realtà si stanno mobilitando, stanno riprendendo interesse per la politica, per le questioni più ecologiche e così via”.
Queste le parole di Chiara Saraceno, sociologa ed ex docente presso l’Università di Torino, nel corso de ‘L’Italia s’è desta’, programma d’informazione di Radio Cusano Campus condotto dal Direttore del giornale radio Gianluca Fabi e Roberta Feliziani, in merito alle manifestazioni di protesta organizzate dagli studenti dell’Università di Torino.
“C’è una voglia di partecipazione, di mobilitazione, di dire la loro che dovrebbe essere apprezzata e intercettata per trovarle spazio”,ha proseguito Saraceno. “Trovare poi un’interlocuzione non solo punitiva, ma nemmeno timida o passiva. L’aspetto un po’ pesante, e sicuramente negativo, è il fatto che troppo spesso queste manifestazioni tendono a essere monodirezionali, con un’estremizzazione del bianco e del nero, dell’amico e del nemico”.
Tra gli studenti e le studentesse risuonava la frase “la guerra è patriarcato”, su questo Saraceno ha voluto spiegare dicendo: “La guerra non è sempre patriarcato, però certamente c’è dentro una buona dose di maschilismo. Storicamente gli uomini hanno deciso tra di loro i conflitti, però i nemici ci sono, ed è anche giusto individuarli, ma non in un modo tanto semplificante da assimilare a colui che viene individuato come nemico anche tutti coloro che appartengono alla sua etnia, alla sua religione. Quello che mi ha turbato in alcune manifestazioni è stato proprio il rifiuto ad accogliere chi voleva rivendicare solidarietà per le donne israeliane stuprate, e questo non va bene”, ha ribadito la sociologa.
“È questa la cosa che mi turba, un certo femminismo e un certo movimentismo, come quello torinese, che pensa per categorie – ha sottolineato - questa totale incapacità di disarticolare i fenomeni nelle componenti internamente anche conflittuali, come per esempio le forti opposizioni interne a Israele”.
Alla domanda se interrompere i rapporti con le università rappresentasse un errore di approccio culturale, Saraceno ha risposto dicendo: “Secondo me sì, ma dipende appunto dalle università. Non è l’università in generale. Poi si dovrebbe sostenere la società civile, che è contraria a un approccio violento sulla questione palestinese. In questo senso, dovremmo rifiutare anche ogni rapporto con le università cinesi, inglesi, americane. Il compito delle università oggi dovrebbe essere quello di aprire la riflessione, aiutare a vedere la complessità, quindi non schierarsi dall’una o dall’altra parte”, ha ribadito Saraceni. “Anche le azioni di alcune università, come la passiva accettazione del boicottaggio o il rifiuto di interloquire, non mi piacciono. Bisognerebbe fare questo sforzo per creare uno spazio di riflessione. Per quello che si stava tentando di fare sulla questione della politica di genere all’Università di Torino, l’altro giorno quando è partita la contestazione la cosa è andata avanti e dopo ho parlato. Ma dalle notizie dei giornali sembra che io sia stata contestata e non abbia potuto parlare. Ero contestata in quanto era contestato quell’evento – ha voluto chiarire Saraceno - pensato per rispondere alle esigenze legittime delle studentesse. Dopodiché, quando ho detto che rifiutavo l’accusa di essere complice della cultura patriarcale, li ho spiazzati, però ho interagito, ho interloquito e alla fine mi hanno anche ascoltata e non sono usciti”, ha concluso Chiara Saraceno.
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