(ASI) Si è tenuta lunedì 27 novembre a Roma presso la Sala Capranichetta dell’Hotel Nazionalela tavola rotonda organizzata dal Centro Studi Eurasia Mediterraneo (CeSEM) in collaborazione con Polis Etica dal titolo: “Sicurezza o insicurezza europea? Alla ricerca della stabilità perduta”.
Alla confernenza hanno preso parte il generale Piero Laporta, il tenente colonnello Fabio Filomeni, Federico De Renzi responsabile del CeSEM area Turan, gli economisti Marco Palombi e Nino
Galloni, Alexandre Del Valle specialista di geopolitica e Medio Oriente e DraganaTrifkovicdirettrice del Centro studi geostrategici di Belgrado.
Tra le tematiche affrontate il Problema dell’accoglienza dei migranti (a cui si aggiungono i profughi ucraini) e della fornitura di armi da parte dell’Italia e dei Paesi europei all’Ucraina; le ripercussioni del conflitto in Palestina per Ue e Usa e la possibilità per queste di sostenere una delle due parti considerando che 20 mesi di guerra in Crimea hanno svuotato gli arsenali “occidentali”; la violazione su larga scala dei diritti umani e della libertà religiosa in Ucraina, in particolare con la messa al bando e gli attacchi fisici alla Chiesa Ortodossa; la questione energetica e la necessità di superare le sanzioni imposte in modo unilaterale ai danni di Mosca ed la sottomissione militare dell’Europa ai desiderata di Washington.
Dal dibattito è emerso che attualmente non esiste una strategia occidentale per uscire dall’attuale situazione di caos globale; per gli Stati Uniti è prioritario combattere la Russia senza coinvolgere il proprio territorio ma utilizzando quello europeo. Il timore maggiore del mondo atlantico è che una sconfitta dell’Ucraina possa portare ad un collasso della Nato, al punto che si è parlato perfino di utilizzo della bomba nucleare per scongiurarla. Il fronte palestinese è stato aperto dagli USA per seminare ulteriore confusione, ma se gli occidentali non riescono a gestire la Striscia di Gaza come pretendono di governare il mondo?
Il conflitto in Ucraina è stato indotto dall’espansione dell’Alleanza atlantica verso Est seguita alla caduta del Muro di Berlino. Ciò non corrisponde all’interesse nazionale italiano. Oggi l’esercito italiano ha al massimo 8mila soldati in piena efficienza e ci vorrebbero almeno 10-15 anni per una riforma complessiva delle nostre Forze Armate. L’Italia non ha una vocazione belligerante ma solo difensiva, in linea con la Costituzione; più che pensare ad integrarsi in un esercito europeo, il cui unico obiettivo potrebbe essere solo un conflitto contro i Paesi eurasiatici, è preferibile rafforzare la marina militare per presidiare gli 8mila km. di costa.
Il mondo sta tornando alle origini: oggi esiste una piccola parte di Paesi aggressivi e la stragrande maggioranza del pianeta che vuole solo commerciare pacificamente. L’Italia non può avere un ruolo da protagonista finchérimarrà legata al vincolo esterno atlantico e fa parte di un blocco politico-militare, quello a guida statunitense, definito “disperato” dai suoi stessi protagonisti (Henry Kissinger). Per sfuggire al destino di portaerei nordamericana sul Mediterraneo, Roma dovrebbe guardare ad Ankara; quest’ultima, pur rimanendo nella Nato, è capace di salvaguardare il proprio interesse nazionale e influire concretamentesugli scenari geopolitici vicini.
Alla luce di queste considerazione i presenti hanno invitato le istituzioni italiane ed europee a realizzare il cambiamento politico che i nostri popoli auspicano, sia a Roma che a Bruxelles, auspicando che i gruppi parlamentari italiani ed europei possano intraprendere la strada verso un futuro di pace e progresso globale, iniziando dalla messa in campo di serie trattative di diplomatiche in Ucraina e in Palestinaal fine di garantire stabilità e sicurezza a tutti gli attori coinvolti.
Fabrizio Di Ernesto - Agenzia Stampa Italia