(ASI) Fosse stato ancora in vita Dante Alighieri, avrebbe fatto fatica, anche lui, a trovare una giusta collocazione all’anima di Silvio Berlusconi, morto ieri a 86 anni. Avrebbe avuto difficoltà perché Silvio, come affettuosamente si faceva chiamare dai suoi fans, era uno e centomila. Uno perché si riteneva, in ogni contesto, l’assoluto protagonista.
Centomila perché sapeva adattarsi ad ogni situazione, semplice o complessa, con movenze originali e spregiudicate, dal mondo economico a quello finanziario, da quello sportivo a quello politico. In due campi, però, credo che sia stato unico. In quello sportivo certamente, con gli straordinari successi della sua società, il Milan, ed ora pure con il suo piccolo, grande Monza. Unico è stato anche nella politica, per come ha saputo costruire i suoi successi e il suo potere, come li ha saputo forgiare, adattarli, farli diventare funzionali alle sue spericolate strategie. Con amicizie e frequentazioni non sempre commendevoli, che gli hanno procurato molti e pesanti guai giudiziari. È stato, con Forza Italia, il precursore del partito personale e, poi, sulla nave del Popolo della Libertà ha pure imbarcato, per fare una coalizione di centro-destra vincente, la Lega Nord di Umberto Bossi e Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini. Dando sempre l’impressione di fare tutto nell’interesse degli altri, e del Paese, e, invece, era sceso in campo solo per difendere e proteggere le sue aziende, illudendo tutti con la magia del suo sorriso, la persuasione, insidiosa e occulta, delle sue televisioni, la dialettica ambigua dei suoi giornali e giornalisti che lo hanno sempre incensato oltre ogni tollerabile limite. Ha dato l’impressione di essere l’imprenditore illuminato, moderato e liberale, pieno di valori e di virtù. Fino all’ultimo è stato lucido nel vedere che c’è un vulnus nella democrazia se la metà degli elettori non va nemmeno a votare. E allora pensava, come diceva anche nelle sue recenti interviste, ad un partito di centro, ad un grande partito di centro, moderato, cattolico, liberale, conservatore. Sbagliava solo quando, come statista illuminato per guidare il partito, proponeva sé stesso.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia