(ASI) Che un mestiere si impari in bottega e non ai corsi di formazione, questo è una realtà difficilmente contestabile, ma in ogni modo, l’istruzione prima e la formazione poi, magari specialistica, rendono i percorsi molto più agevoli, e soprattutto mettono in grado le imprese che hanno bisogno di mano d’opera di individuare il personale giusto.
Intanto la Regione Campania, con l’approvazione delle linee di guida sull’apprendistato e l'istituzione di cosiddette ‘Scuole di Mestieri’, ha di fatto dato un colpo di spugna alla ‘Bottega Scuola’, l’unico vero progetto divenuto poi legge nel 2012 con una dotazione finanziaria importante, e con lo scopo di inserire i giovani in bottega insegnando loro un mestiere, ma soprattutto provvedendo al cambio generazionale, il vero spauracchio dell’industria italiana. “La scelta delle Scuole di Mestiere da sostituire al concetto della Bottega Scuola da parte della Giunta regionale della Campania, sembra essere più di natura politica che strategica - commenta il prof. Gianni Lepre, consigliere del ministro della Cultura con delega all’artigianato d’eccellenza e al made in Italy - dopotutto, come sostengo da sempre, un mestiere non si impara a scuola, ne ai corsi di formazione, ma solo sul campo, in mezzo ai ferri del mestiere e con la guida e i consigli del maestro artigiano”. Lepre che tra le altre cose è presidente della commissione Economia della Cultura presso il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Dottori Commercialisti, ha poi continuato: “ E’ pur vero che non tutte le attività si apprendono in una bottega, e l’istruzione e la formazione diventano essenziali per garantire ai giovani la formazione di base per poter contribuire alle aziende nel bisogno. E’ ovvio che il concetto di Bottega Scuola è valido per tutto ciò che riguarda l’artigianato d’eccellenza, il fiore all’occhiello del Made in Italy, ma non può essere perorato in relazione ad altre figure industriali come ad esempio il digitale, la meccatronica e l’alta tecnologia in generale”. Il prof. Lepre ha poi concluso: “Sono convinto che in Campania come nell’intero mezzogiorno, bisogna puntare su quelli che oggi rappresentano gli attrattori principali del turismo: la cultura, l’artigianato d’eccellenza e l’enogastronomia. La filiera del turismo vive di questo soprattutto a Napoli, dove l’economia della cultura ha riportato alla luce millenni d’eccellenza maltrattati dalle criticità di una città in balia di una politica scollegata dai territori”.