(ASI) L’esperienza dei Patti Educativi di Comunità, mai veramente decollata, deve diventare lo strumento ordinario per il contrasto alla dispersione scolastica, alla povertà educativa e all’isolamento dei nostri ragazzi” lo scrive in una nota Laura Scalfi, Direttore Generale dell’Istituto G. Veronesi e del Liceo STEAM International.
“I dati che abbiamo a disposizione -spiega- ci dimostrano come i nostri giovani siano sempre più confusi, travolti da disagi sociali e sfiduciati. In questo la pandemia e la didattica a distanza hanno funzionato da acceleratore di una serie di processi già in atto da anni in un contesto segnato da un forte depauperamento sociale ed economico. Ci sono regioni nel Sud del nostro paese -ricorda Scalfi- che nel 2022 registrano ancora tassi di abbandono che sfiorano il 20% e questo è inaccettabile. La nascita di un ecosistema formativo integrato, in cui la scuola non abdichi al suo alto ruolo assegnatole dalla Costituzione ma si affianchi ad altri soggetti pubblici e privati, è fondamentale per un’alleanza educativa che riesca ad affrontare le sfide del presente e del futuro.
Abbiamo bisogno di comunità educanti, che per essere tali devono fare riferimento ad un territorio circoscritto: solo così si può far leva sullo spirito di comunità e far partecipare attivamente gli attori locali, promuovendo l’apprendimento formalizzato, quello informale e non formale e la cura dei beni comuni”. E continua “territorio circoscritto e spirito di comunità non devono però tradursi in una logica di finanziamenti a pioggia che producono interventi precari e confusi, legati peraltro a singoli progetti. Per questo serve un ripensamento delle risorse finanziarie per i patti. Bisogna poi lavorare per la progettazione di un sistema di governance integrata, così come ci dimostrano le esperienze virtuose sui territori, facendo collaborare scuole, comuni, terzo settore e ragazzi, i quali devono essere protagonisti delle scelte che li riguardano. D’altra parte bisogna anche evitare di standardizzare il patto, ma bisogna permettere agli eterogenei contesti nazionali di trovare il proprio equilibrio, in cui però il fil rouge deve essere la collaborazione tra scuola, comunità educante ed ente pubblico.
Si può dunque immaginare” propone Scalfi “di costituire un Tavolo Educativo in ogni comune o territorio per la co-programmazione e co-progettazione e una cabina di regia di coordinamento presso gli Uffici Scolastici Regionali per valutare l’impatto sociale e misurare l’efficacia dei patti educativi locali con il supporto dell’INVALSI. È altresì indispensabile che venga data piena attuazione al regolamento per gli studenti con bisogni educativi speciali: le fasce C, opportunamente previste dalla legge, non possono essere solo rilevate come ‘fenomeno statistico’ ma necessitano di risorse professionali ed economiche incardinate nella scuola perché si facciano per loro e con loro percorsi formativi e azioni educative preventive volte a prevenire destini di dispersione o, nella peggiore delle ipotesi, deflussi verso la microcriminalità”, conclude.