(ASI) In migliaia si sono dati appuntamento con mucche e trattori al seguito per denunciare che se i prezzi per le famiglie corrono, i compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori non bastano neanche a coprire i costi di produzione con il balzo dell’energia che si trasferisce infatti a valanga sui bilanci delle imprese agricole e mette a rischio coltivazioni e stalle, ma anche gli approvvigionamenti alimentari dei cittadini.
L’iniziativa è della Coldiretti che ha scelto Potenza per la mobilitazione in occasione del Consiglio dei Ministri europei Agricoltura e Pesca a Bruxelles che dovrà discutere del piano anticrisi e degli interventi straordinari dalla Commissione Ue per affrontare l’emergenza Ucraina. Oltre un centinaio di trattori mobilitati per l’occasione ed è stata montata anche una stalla con gli animali in pieno centro città per fare conoscere le difficoltà degli agricoltori per continuare ad alimentare gli animali ed offrire cibo genuino e di qualità alla popolazione. Numerosi i cartelli di protesta della Coldiretti “Tre litri di latte per un caffe”, “Fermiamo la guerra dei prezzi”, “No alla guerra che aumenta la fame”, “Svuotiamo gli arsenali e riempiamo i granai”, “Non ci ha fermato il Covid, ci provano gli speculatori”, “Il latte delle nostre mucche è la vostra colazione”, “Non possiamo produrre in perdita”.
Appare del tutto insufficiente l’annunciato impiego della riserva di crisi della Politica Agricola Comune che per l’Italia significa un importo inferiore ai 50 milioni di euro che, anche se possono essere cofinanziati, sono assolutamente inadeguati a dare risposte concrete alle difficoltà che stanno subendo aziende agricole e della pesca e gli allevamenti costretti ad affrontare aumenti insostenibili di energia, mangimi, concimi - denunciano gli agricoltori della Coldiretti - che chiedono anche in Basilicata di utilizzare i finanziamenti delle compensazioni petrolifere per sostenere le imprese agricole, in questo particolare momento di difficoltà. Occorre anche fermare le speculazioni sui prezzi riconosciuti agli agricoltori con una attenta applicazione della legge contro le spratiche sleali nel commercio alimentare. Dai costi per il riscaldamento delle serre per la produzione di ortaggi a quelli dei mangimi per dar da mangiare agli animali fino ai concimi per fertilizzare i terreni per le semine di primavera la spirale dei rincari sta mettendo in ginocchio l’agricoltura del sud che – sostiene la Coldiretti - deve invece essere valorizzata come una risorsa del Paese in questo momento di difficoltà.
Per affrontare la crisi globale del settore ha fatto fino ad ora più l’Italia che l’Unione Europea dove servono più coraggio e risorse per raggiungere l’obiettivo fissato dai capi di Stato a Versailles di “migliorare la nostra sicurezza alimentare riducendo la nostra dipendenza dalle importazioni dei principali prodotti agricoli e dei fattori produttivi, in particolare aumentando la produzione di proteine vegetali dell’UE”. Un impegno importante per l’Italia che è costretta ad importare dall’estero circa la metà del mais necessario all’alimentazione del bestiame il 35% del grano duro per la produzione di pasta e il 64% del grano tenero per la panificazione, che rende l’intero sistema e gli stessi consumatori in balia degli eventi internazionali. L’Italia oggi è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti per anni agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque perché secondo la Coldiretti la politica ha lasciato campo libero a quelle industrie che per miopia hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale, approfittando dei bassi prezzi degli ultimi decenni, anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale.