(ASI) “Evvai! Una mafiosa in meno!”. E’ l’orrendo, intollerabile necrologio che una poveretta dei 5 Stelle, tale Paola Castellaro, ha dedicato a Jole Santelli, presidente della Regione Calabria quando ha saputo che era morta.
Qualcuno si è scandalizzato, stupito di tanta vigliacca violenza. Io no, non sono rimasto sorpreso, perché questa frase terribile, che angoscia e sgomenta, è la conseguenza e sintetizza, nella sua cattiveria, il luogo comune: Calabria uguale ‘ndrangheta. E’ la proprietà transitiva che nasce dalle tesi devastanti di alcuni commentatori che se uno è mafioso tutta la famiglia è mafiosa, anzi, quando si tratta di piccoli paesi, tutta la comunità è mafiosa, o, nella migliore delle ipotesi, comunque predisposta al crimine. Se questi sono i collegamenti riportati infinite volte, come poteva - si sarà chiesta questa sprovveduta, genovese, dei 5 Stelle - non essere mafiosa Jole Santelli? Doveva esserlo per forza. E ha partorito la sua ferocia esultanza. Da cui dovrebbero prendere le distanze, con l’immediata espulsione, il Movimento 5 Stelle. Questo squallido episodio dimostra, ancora una volta, che se non solo è giusto, è anche doveroso, che gli organi di stampa, di ogni tipo, riportino, anche con dovizia di particolari, i fatti delittuosi, è altrettanto giusto e doveroso, però, che nelle cronache e nei commenti facciano i doverosi distinguo. Non si può fare di tutta l’erba un fascio. Non si può fare non solo perché lo impone l’art. 27 della Costituzione. “La responsabilità penale è personale”, ma perché così facendo si passa dalla legalità all’illegalità, dalla civiltà alla barbarie. Con danni enormi per la Calabria e i calabresi.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia