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La memoria di Meredith e l'incolumità fisica di Rudy Guede




(ASI) La pur formalmente inattaccabile sentenza emessa dalla Corte d'appello di Perugia sul caso dell'omicidio Meredith ha lasciato anche nell'opinione pubblica italiana - dopo quella britannica – un senso di recondita e profonda insoddisfazione, oltre che sconcerto per il ribaltamento della sentenza di colpevolezza emessa in primo grado di giudizio. Notoriamente la percezione è che giustizia non sia stata fatta o sia stata fatta solo a metà (la metà "nera"). Soprattutto si fa sempre più strada il sospetto che alla chiusura definitiva del caso non siano state estranee pressioni di natura extragiudiziaria. L'ultimo '"irrituale" - oltre che poco ossequioso della sovranità di uno Stato come l'Italia - intervento del Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, sembra eloquente in proposito. Del resto, gli stessi magistrati mostrano perplessità miste a (comprensibile) imbarazzo quando - come il presidente della Corte d'appello, Dott. Pratillo Hellmann, nelle dichiarazioni ai giornalisti (Tg regionale Rai3 Umbria ore 14 del 05/10/2011) – tuttora non escludono dirette responsabilità dei due imputati assolti "per non aver commesso il fatto" (Amanda Knox e Raffaele Sollecito, "chissà, potrebbero anche essere colpevoli") - anche se le risultanze processuali non hanno potuto accertarle "oltre ogni ragionevole dubbio".

In conclusione, preso atto del ricorrente scontro politico (nel ben più ampio e drammatico contesto di quello economico-finanziario) con gli USA sul diritto dei tribunali italiani a processare cittadini statunitensi (si ricordano i casi SIGONELLA, CERMIS e CALIPARI) ci si domanda se e quanto abbiano pesato le sollecitazioni politiche esercitate dalla diplomazia USA sull'Italia, per favorire un esito giudiziario gradito oltre oceano.

Date queste premesse, non è imprevedibile una prossima riapertura in sede giudiziaria del caso MEREDITH, anche perché - a detta di tutti - la verità è posseduta dall'unico imputato condannato, e da lui ostinatamente ("cui prodest?") quanto gelosamente custodita. Di qui, tra l'altro, il problema della tutela dell'incolumità fisica dell'"imputato-testimone unico" in carcere... soprattutto in carcere.

 

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