(ASI) Ci sono volute le dimissioni del ministro dell’Istruzione perché il tema scuola tornasse, in maniera del tutto impropria, come accade sempre, all’attenzione generale. E sì, perché si è parlato, per l’ennesima volta, di soldi. Che c’entrano sicuramente con i problemi dell’istruzione, ma sono la parte meno importante. C’entrano perché è una vergogna che gli insegnati prendano una miseria, per una professione, che è di estrema importanza, oltre ad essere difficile e complessa.
Che meriterebbe ben altra considerazione. Nelle aule scolastiche crescono e si formano non solo sotto l’aspetto culturale, le future generazioni. Trascurare questa funzione, non solo sotto l’aspetto economico, che è, come ho già detto la cosa meno importante, è un autolesionismo di enorme gravità. Eppure non si parla quasi mai di scuola e meno ancora dei problemi legati all’insegnamento. Intervengono, come al solito a sproposito, per riproporre quello che è il solito stucchevole ritornello, ecco quello che è stato pubblicato oggi: “Gli insegnati sono frustrati e depressi: sentono che il loro ruolo è sempre più svilito, sempre meno riconosciuto, sempre meno socialmente apprezzato per la funzione delicata che dovrebbe svolgere”. Non è affatto così. E meno male. Gli insegnanti, almeno quelli che hanno scelto questo mestiere come una nobile e bellissima professione, non sono affatto frustati, sono esattamente il contrario: sono i missionari della cultura, volontari che nonostante tutto, e le incapacità di chi ci governa, riescono a portare a termine il proprio faticoso lavoro. D’altronde quando nascono i “cervelli”, le eccellenze, che poi, per trovare sostegno e risorse, devono andare all’estero dove si sono formati? Ai giardinetti? E perché fuggono? Perché in Italia il merito è ritenuto un peso. D’altronde come può essere diversamente se siamo governati da un esercito di penose mezzecalzette. Ha ragione Galli della Loggia quando sul Corriere scrive che è intollerabile che i parlamentari siano scelti dai segretari dei partiti e che l’unico requisito richiesto sia quello di essere fedeli a Salvini, Renzi o a Berlusconi. Certo, ci sono pure dati scoraggianti quando in certi confronti con gli studenti di altri Paesi i nostri ragazzi sembrano meno preparati. Addirittura tra i peggiori in Europa, in una rilevazione Ocse-Pisa, per la comprensione di un testo. Ed è proprio questo il punto dolente. Sono le conseguenze della demagogia, concentrata in dose massicce, contenuta nelle varie riforme che hanno fatto di tutto per distruggere la scuola. Le promozioni di massa chi le ha imposte? La scuola come parcheggio, chi lo ha deciso? Chi l’ha votata quella sciagurata riforma del ministro Berlinguer che si è inventato i dirigenti, con un aggravio irrazionale di spesa senza alcun risultato? E ognuno di essi (salvo rare e lodevoli eccezioni) ha subito voluto (spesso imposto) le promozioni in massa per far credere, statistica alla mano, che tutto, nella “propria” scuola, andava bene. Un bluff pazzesco, con le vergognose connivenze delle solite irresponsabili mezzecalzette. Chi ha voluto gli esami di Stato o di maturità (c’è spesso anche il cambio del nome e delle prove, una cosa veramente patetica) un rito farsesco e inutile, come dimostrano le percentuali dei promossi, intorno al cento per cento? E c’è pure, richiamato anche in queste ore, il dato che qualcuno stenta a capire: per quale ragione nelle scuole del Sud ci siano molti meno bocciati che nelle scuole del Nord. Semplicissimo; perché nel Sud non ci sono alternative, e la scuola è un parcheggio obbligato per tutti i giovani in età scolare, ciò vuol dire che sono costretti ad andare a scuola anche quelli che non hanno attitudini, così che il livello si abbassa e le valutazioni degli insegnanti, non potendo bocciare tutti, sono tarate sui meno preparati. Spero che qualcuno ora lo abbia finalmente capito. Solo che così la meritocrazia e la qualità della scuola, aggravata negli ultimi tempi anche dalla massiccia frequenza di molti stranieri che, a volte, non conoscono nemmeno l’italiano, peggiora ancora e sempre di più, al di là del prossimo ministro, e la solita immancabile riforma, con o senza i miliardi che voleva Fioramonti.
Fortunato Vinci – Agenzia Stampa Italia
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