(ASI) Padova – E’ finita, e anche nel peggiore dei modi. Il “Governo del Cambiamento” che “doveva durare cinque anni”, nato dall’incontro di due forze populiste e (forse gran poco) sovraniste, è deceduto dopo appena quattordici mesi di vita. Oggi, abbiamo già pronta la lista dei nuovi Ministri pronti a giurare fedeltà alla Repubblica, per dare il via all’ennesimo Governo.
Una manovra di palazzo al buio, ha regalato il Paese a quegli odiati avversari ingiuriati, vituperati, usciti sconfitti dalle urne del marzo del 2018. Usciti dalla porta, entrano dalla finestra, legittimati dalla Costituzione e dalla volontà del massimo garante, il Capo dello Stato.
Ciò che fa più sorridere, sono le parole espresse negli ultimi tempi dal Capo politico del MoVimento 5 Stelle, Luigi di Maio. Difatti, prima della votazione (farlocca quanto assurda) sulla piattaforma della Casaleggio associati, l’ex Ministro dello Sviluppo Economico parlava di “occasione storica perduta”, preso da una sorta di nostalgia canaglia. Ha perfettamente ragione ad essere nostalgico, e dovrebbe esserlo anche il suo omologo ex Vicepremier, l’autore di un autorete che rischia di mandare a quel Paese il consenso costruito ed il poco lavoro imbastito.
Quando si parla di missione storica, si deve avere la consapevolezza del motivo per il quale si è chiamati a combattere. Il Governo giallo – verde era sorto come una sorta di Comitato di Liberazione Nazionale da tutto ciò che potesse minare la sovranità nazionale, per un lento e graduale recupero della stessa. Forse in pochi lo ricorderanno, tuttavia, durante i primi entusiastici giorni del duo Salvini – Di Maio, si parlava, addirittura, di lento processo “di liberazione dei popoli europei”. Avevano spiegato con parole chiare e precise al popolo il raggiro degli ottanta euro: più flessibilità economica, al fine diventare hub privilegiato per gli sbarchi, senza revisione di trattati e senza sconti in materia immigratoria. Avevano tentato di dar vita a dei progetti culminati nei decreti sicurezza, che minassero le fondamenta della narrazione immigrazionista e del risorsificio di marca Pd – Leu. Avevano tentato di ridare dignità a quelle categorie di lavoratori oppressi da leggi infamanti come il decreto Fornero o il jobs act, atti di follia liberista, più che strumenti di sviluppo economico. Tuttavia, la missione non può esaurirsi in un ottenimento (più o meno paritario tra i due schieramenti) dei propri cavalli di battaglia. Un Governo nasce, proprio come ha affermato l’ex Vicepremier Luigi di Maio, per una missione storica, ossia l’essere un laboratorio per il resto dell’Europa. Il Governo del cambiamento aveva il compito d’essere matrice ed impulso per rinnovare un’Europa che ha ritenuto mortale, per se stessa e per i suoi obiettivi, l’idea sovranista, al punto da apporre un cordone sanitario attorno. La missione storica, non è solo politica, tra l’altro, ma culturale. E di questo, nessuno dei due è stato all’altezza del ruolo ricoperto. Per lotta culturale si intende guerra senza confini al “Partito di Bibbiano”, all’ideologia del gender, ai finanziamenti alle cooperative, allo smascheramento di una Chiesa Cattolica ipocrita e parassitaria, che predica accoglienza per incassare milioni di euro all’interno delle proprie casse. Si tratta di nemici che hanno messo radici enormi nel tempo, ed in breve tempo, si rimpossesseranno di tutto ciò che temporaneamente avevano ceduto. Per lotta culturale si intende rivedere i libri di testo (persino Berlusconi aveva fatto dei timidi accenni, riuscendo ad inserire la tragedia delle foibe nelle scuole), ove attualmente si racconta che Enea era un migrante, i 99 posse sono artisti stimati e i populisti sono cattivi e vogliono uccidere l’Europa. Alla faccia di un Italo Calvino, di un Pier Paolo Pasolini, di un Rossini e di un Sofocle. Tuttavia, quando mai i signori Salvini e Di Maio ci hanno parlato di un libro che hanno letto, o di un film che hanno visto? Mai, purtroppo, fosse essa anche una pellicola di Tinto Brass.
L’auspicato Comitato di Liberazione Nazionale è naufragato prima di nascere. Il Governo si è perso non sulla revoca della concessione autostradale (chiaramente compresa nell’ambito della liberazione), non sul conflitto di interessi, e nemmeno sullo spread, ma apparentemente su un buco chiamato Tav. Matteo Salvini, a digiuno di cultura parlamentare dopo 26 anni di presenza in loco, ha tentato di capitalizzare un consenso (qualcuno dice, appena in tempo?) con mesi di ritardo, chiedendo una sfiducia, mentre a Bruxelles si decidevano piani e commissari, e lui era impegnato a ballare in spiaggia con ammiccanti signorine. Di Maio, invece di ricucire lo strappo e di pensare alla “missione storica”, si è lasciato manovrare da tutti, primo tra tutti, dal fondatore del Movimento. Ha preferito consegnare il Movimento nelle mani del “Partito di Bibbiano”, che “usa l’elettroshock e rapisce i bambini” (ipse dixit), inseguendo una strada suicida e totalmente discontinua rispetto ai principi per i quali era nato il Governo precedente.
Ora, è inutile chiedersi come faranno a governare due forze apparentemente antitetiche, unite solo dallo spirito di autoconservazione della prima, e di sfrenata bramosia di potere della seconda. Inutile spiegare al popolo come si è votato un anno prima un provvedimento, e poi si provvederà alla sua cancellazione (o correzione, per non essere troppo duri). Inutile, pensare a come impostare una manovra economica, tra un Movimento che aveva spinte verso il popolo, ed il partito della classe dominante, dell’elite, dei mercati che distruggono l’economia. Verrebbe tranquillamente da pensare, egoisticamente, al suicidio di entrambi. Eppure, quando in ballo c’è il destino del Paese, e quando si calpesta la volontà popolare, che aveva scelto di cancellare i tremendi anni 2011 – 2018, premiando gli schieramenti che non avevano “inciuciato” cosa si può augurare a chi ha abdicato alla “missione storica”?
Ad entrambi i leader politici degli schieramenti, Lega e 5stelle, mi sento di augurare una sola cosa: uno studio maggiore. Proprio perché non avete inteso nulla, ora sarà il Paese a pagarne le conseguenze. I partiti si alzano e si risollevano, a seconda dei venti e delle epoche storiche. Le generazioni invece, hanno bisogno di crescita, di pane, di lavoro, di famiglia, di una società solida ove posare radici. Non a caso, pochi giorni fa, Gerard Baker, nel Wall Street Journal, ci indica come il Paese chiave ove si può individuare il declino dell’occidente. Pochi dati, enucleati in maniera precisa quanto spietata, mettono a nudo la situazione del Paese, prendendo in esame una vacanza in Toscana. La “missione storica” serviva ad evitare il declino, prospettando una rinascita dopo anni di oscurantismo.
Ora, o si torna alla situazione ante marzo 2018, con attori diversi, ma con il classico malcontento popolare, soffrendo mestamente per altri quattro anni, oppure andrà ancora peggio. Con un’unica differenza: le forze in campo del “Governo del Cambiamento” potevano trovare solidarietà stringendo legami in Europa, potevano attuare una campagna di “rinnovamento culturale”, e potevano andare contro il declino. Era questa, la “missione storica” da compiere. Il sogno del ritorno del Comitato di Liberazione Nazionale, rimarrà invece tale. E’ nato una volta, e al momento, non tornerà. Ben altri attori strangoleranno la nostra sovranità già flebile e piegata, e noi, ancora una volta, supinamente, obbediremo.
Vorrei ricordare un’ultima cosa: cent’anni fa, la ribellione esisteva. Un poeta soldato, deciso a vendicare la “vittoria mutilata”, partiva alla conquista di una cittadina, totalmente ininfluente a livello geopolitico, ma vitale per un vero e proprio completamento Risorgimentale. Sembrava il sogno di qualcuno accecato dal sole di un settembre diverso. No, era la capacità di dire che una Nazione con duemila anni di storia ha il suo posto nel mondo. Generando una città di vita, il mondo intero si era recato a vedere il regno di d’Annunzio. Fossimo capaci ancora di generare quell’attrazione e quella vitalità, torneremo a capire il significato della “missione storica” della coppia scoppiata.
Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia