(ASI) Le proteste degli operai di Fincantieri da Genova, Ancona, fino a Napoli e a Palermo sono sacrosante. Non si tratta solo dei posti di lavoro, ma il vero problema è il vuoto totale di politica industriale nel settore naval-meccanico e cantieristico.
La convocazione dei sindacati per il 3 giugno, presso il ministero dello Sviluppo Economico, è una data troppo lontana, come inadeguata è la sede del ministro Romani, che si è rivelato inattendibile su ogni settore industriale, ad eccezione delle frequenze televisive che interessano il suo capo.
Per l’IdV, Fincantieri è un patrimonio nazionale che non può andare perso, e la vicenda deve essere affrontata innanzitutto con un piano nazionale di settore. Un piano che deve comprendere le politiche delle nuove autostrade del mare e gli incentivi alla rottamazione delle navi obsolete, come previsto dalla Comunità europea, strumenti finanziari di sostegno a chi investe nel settore del movimento merci e turismo via mare. Inoltre, è necessario il sostegno alla ricerca per nuovi prodotti, in particolare off-shore, che Fincantieri dovrebbe approntare, e una azione di governo per individuare nuovi mercati, sia nazionali che internazionali. Tale piano nazionale dovrebbe coinvolgere immediatamente le regioni, che hanno il compito di favorire l’infrastrutturazione dei cantieri, in particolare a Sestri, a Castellammare e a Palermo. Da questo punto di vista, la totale assenza della Regione campana chiarisce bene cosa accadrebbe se la destra vincesse le elezioni al comune di Napoli.
Saremmo al dramma per il Mezzogiorno, con uno scontro sociale non più governabile e con la camorra che si sfrega le mani. Questioni del genere meritano un Parlamento che ne discuta e un governo che faccia prevalere gli interessi nazionali dell’economia e del lavoro su quelli personali del presidente del Consiglio. L’IdV chiederà che sia la presidenza del Consiglio a occuparsi direttamente di Fincantieri e che le soluzioni, concordate con le organizzazioni sindacali, siano discusse anche dalle Camere in modo da lanciare un segnale positivo di ascolto agli operai che così duramente stanno protestando, perché in gioco c’è la loro vita lavorativa e il futuro della loro famiglia.
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