(ASI) “Nel provvedimento di riforma dell’apprendistato sono previste norme che rendono non condivisibile il decreto legislativo che si va profilando”. Lo denuncia il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni, in una lettera inviata al ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, dove mette in fila undici punti di dissenso nel merito del decreto legislativo per l’attuazione della delega di riforma dell’apprendistato.
Nel decreto, infatti, sottolinea Fammoni, “non si riduce la durata dell’apprendistato professionalizzante che resta prevista fino a sei anni”, mentre manca una durata minima. Così come emerge evidente “la contraddizione tra l'enfasi, mediatica soprattutto, sul carattere a tempo indeterminato del rapporto di apprendistato, e la mancanza di qualsiasi vincolo di stabilizzazione degli apprendisti che, assieme alla esclusione degli apprendisti dal computo per il raggiungimento delle soglie, conferma che si sia rimasti nella condizione di licenziabilità al termine del rapporto”.
Inoltre non si fa “alcun riferimento ad ammortizzatori sociali” così come “nulla si dice” nei testi circa “misure da prendere per contrastare il cannibalismo verso il contratto di apprendistato di altre tipologie, come gli stage, tirocini e le collaborazioni, su cui pure c'era un accordo”. Rincara poi Fammoni sostenendo che “nessuna attenzione è posta al contrasto che si crea tra il contratto di inserimento e l'estensione proposta dell'apprendistato ai lavoratori in mobilità”. Allo stesso tempo “non si è chiarito, e per come è scritto nel testo difficile da accettare, la facoltà di svolgimento dell’apprendistato attraverso la somministrazione”.
Ancora, “è stata addirittura ridotta la formazione formale su tematiche trasversali da 40 ore per il primo anno (quantità da noi già valutata insufficiente) a 24 ore per il secondo anno, per poi scomparire del tutto: il che è del tutto contraddittorio con un rapporto finalizzato all’inserimento professionalmente solido dei giovani nel mondo del lavoro”. Dissenso da parte della Cgil anche sul “rinvio delle scelte ad ogni livello della contrattazione collettiva, con il risultato di suggellare di fatto la dimensione puramente aziendale e derogatoria rispetto ai Ccnl, che porterà l'apprendistato ad essere puro e semplice addestramento, e a togliere valore alla spendibilità esterna delle competenze acquisite”.
La Cgil ritiene poi che “il Repertorio delle professioni viene, in modo inaccettabile, ridotto da condizione di raccordo tra i diversi sistemi di formazione (pubblico e di fonte contrattuale) come correttamente previsto nelle Linee Guida del 2010, ad un generico rinvio di un anno, depotenziando il suo ruolo e derubricando ad un futuro lontano un prezioso lavoro”. Ultimo punto “la sottolineatura dell’apprendistato di primo livello a partire dai 15 anni”: una disposizione nei confronti della quale è nota la contrarietà della Cgil.
Un elenco, quindi, di motivazioni “che rendono allo stato attuale dei testi, non condivisibile il decreto legislativo che si va profilando”. Inoltre la confederazione di Corso d’Italia chiede al ministro di “procedere nei successivi incontri, alla presenza congiunta di Regioni e parti sociali, dato che la delega - conclude Fammoni - è espressamente previsto vada esercitata ‘previa intesa con le Regioni e le parti sociali’”.