(ASI) Ci rattrista dirlo, ma avevamo ragione! Il Decreto Calenda ripropone il nodo problematico da noi sollevato già nel gennaio del 2016, quando il quesito referendario sul “Piano delle aree” non venne ammesso a consultazione per alcune modifiche inserite nella legge di Stabilità 2016 quando, pochi mesi prima del referendum, il governo Renzi presentò alcuni emendamenti alla manovra che ricalcavano le richieste del Coordinamento No Triv.
In molti, allora, sostennero che ciò equivalesse ad un sostanziale dietrofront rispetto all’articolo 38 dello Sblocca Italia; non fummo in molti, invece, a sostenere come in realtà poteva intendersi come un’abilissima mossa di Palazzo. Oggi ne abbiamo avuto la conferma, la smentita definitiva di tutte le parole spese dal governo durante l’aprile scorso per dire che il referendum sollevava questioni di lana caprina. Avevamo infatti denunciato pubblicamente che in Italia fosse possibile estrarre ovunque, senza tener minimamente conto dell’esistenza di zone limitrofe interessate da aree di pregio agricolo-ambientale, o ad alta valenza commerciale, o fortemente antropizzate, e che solo il “Piano delle Aree” avrebbe potuto determinarne l’idoneo e sostenibile utilizzo. Lo ‘Sblocca Italia’ prevedeva che il Piano dovesse essere elaborato dal Ministero dello sviluppo economico con la partecipazione fittizia degli enti locali e delle Regioni e che, in attesa dell'elaborazione, fosse possibile rilasciare permessi e concessioni. La proposta referendaria mirava non solo a cancellare quella fittizia partecipazione, ma soprattutto a vietare il rilascio di nuove concessioni fino all’adozione dello stesso. All’epoca, il Parlamento soppresse la norma, facendo de facto cadere il quesito referendario. Oggi torna tristemente alla ribalta questa problematica con un arrogante e illegittimo Decreto del Governo, il quale si rifiuta di confrontarsi sia con le Regioni interessate che con il Parlamento. Nello specifico, vengono ripristinate sia la possibilità di ricerca ed estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, nel mare territoriale e nelle piattaforme continentali, che il recupero delle riserve esistenti anche entro le 12 miglia. Ci troviamo di fronte all’ennesimo atto predatorio delle multinazionali, le quali godono del sostegno incondizionato di una parte importante del Governo centrale, il cui sodalizio con i grandi gruppi monopolistici del petrolio richiamano ancora una volta alla memoria le oscure vicissitudini, fatte di legami a doppio filo, accordi e intrighi di varia natura, che caratterizzarono il fascismo e la ‘Standard Oil’, definibile madre putativa della ‘Rockhopper’, quella che da anni esercita una costante ed accentuata azione di «moral suasion» per sbloccare il progetto Ombrina Mare. Con l’aiuto del Decreto, le multinazionali farebbero così un passo in avanti verso la conquista di nuovi orizzonti di profitto. Le nostre comunità due passi indietro, poiché da un lato viene rimessa in forte discussione la strategia di sviluppo sostenibile della nostra amata Regione (Parco della Costa Teatina e non solo), dall’altro vengono disattesi gli obiettivi concordati e sottoscritti nella conferenza di ONU Parigi su Clima ed Energia. Su questa tematica non abbiamo intenzione di fermarci né di piegarci. Nulla è più vile dell’attacco alle nostre comunità e alle ricchezze collettive, specie in una fase assai complessa come quella attuale, dove al restringimento della base produttiva nazionale è congiunta una disastrosa crisi economica internazionale che ha messo in ginocchio le masse lavoratrici. Useremo tutti i mezzi necessari a nostra disposizione, informando i cittadini sulla vile aggressione perpetrata, agitando con la mano destra le carte bollate e con la sinistra l’immagine di Matteotti. Mario Mazzocca - Sottosegretario alla Presidenza della Giunta Regionale d’Abruzzo.

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