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  I profughi nordafricani e la commedia all’italiana.

(ASI) Migranti, profughi, clandestini. Da respingere, da recludere, da lasciar andare. Emergenza alla maccheronica, tra umanitarismi e rigorismi di facciata.

L’impressione è che nei Palazzi governativi di Roma, così come nel canale di Sicilia, finora si è navigato a vista, in balia delle correnti mutevoli. Tra i refoli favorevoli dei proclami mediatici e le bonacce imbarazzanti delle smentite dei fatti.

Se Bossi, rivolto ai migranti, stentoreo ha sentenziato “fuori dalle palle!”, Maroni, Ministro leghista dell’Interno, pare abbia fatto pervenire informalmente alle forze dell’ordine l’indicazione di lasciare le maglie molto larghe, affinché i tunisini arrivati a Lampedusa potessero comodamente scappare dalla tendopoli di Manduria e cercare la strada per il nord e centro Europa, dove è noto che circa l’80 per cento di loro intende andare.

Dal campo della località pugliese, in pochi giorni, sono “scappati” qualcosa come cinque su sei dei tremila profughi portati là da Lampedusa. La gente del posto, i primi giorni ha organizzato ronde per riportare in tendopoli gli “evasi” ma poi, capito che le forze dell’ordine di presidio nel centro pugliese avevano “indicazioni” di “non vedere e non intervenire”, hanno cominciato ad accompagnarli alla ferrovia, dove anche la polfer “sa” che non deve ostacolare i viaggi verso la Francia, la Germania, il Belgio.

Non è stato il cataclisma paventato da Maroni qualche settimana fa, quando il Ministro degli Interni aveva terrorizzato il popolo della Lega e gli italiani prevedendo trecentomila sbarchi. Le cifre sono state ben più modeste, per quanto notevoli. Siamo a circa 20-22.000, ma tanto è bastato per mandare in tilt il Governo di una delle otto potenze mondiali. Cosa tanto più notevole se si pensa che la Tunisia e l’Egitto, che non sono potenze mondiali e hanno, come si sa, le loro gatte interne da pelare, hanno dovuto accogliere rispettivamente circa 200.000 e 150.000 profughi libici.

Dunque, un problema annunciato, è stato affrontato con un’improvvisazione così smaccata da far venire il sospetto che non solo non si è saputo, ma neppure si è voluto governarlo al meglio, come si poteva e doveva. Perché? Fino a ieri, fino all’accordo con la Tunisia e alla decisione di concedere il permesso di soggiorno temporaneo ai tunisini arrivati finora in Italia, Maroni ha annunciato rimpatri di massa quando sapeva benissimo che non avrebbe potuto farlo? E perché ha continuato ad invocare (legittimamente) la solidarietà dell’Unione Europea quando lui per primo, per settimane e fino a ieri, ha mostrato di ignorare o non voler ricorrere alle normative europee che avrebbero potuto fornire la soluzione per costringere gli altri Paesi europei a non respingere i profughi alle frontiere con l’Italia?

C’è, infatti, una Direttiva europea, che l’Italia avrebbe dovuto recepire entro la fine di dicembre scorso e che prevede che l’immigrato irregolare non debba essere immediatamente recluso ma inserito in un processo graduale volto a favorire il rimpatrio volontario. Questa direttiva, tra l’altro, avrebbe consentito anche di cancellare il reato di immigrazione clandestina previsto dalla legge Bossi-Fini e di evitare i 22 mila processi che la Procura di Agrigento sarebbe stata costretta ad avviare contro gli individui sbarcati nelle ultime settimane (ora, questo rischio sarebbe superaro dai permessi di soggiorno temporaneo).

Certamente, ricorrere a questi strumenti, avrebbe implicato di uscire dalla logica emergenziale e “carceraria” con cui si è affrontato il problema dei migranti fino ad ora, cercando il coinvolgimento pieno delle istituzioni locali di tutta Italia e delle associazioni di volontariato, e abbandonando gli slogan propagandistici della Lega all’insegna del “tutti fuori e, se restano, solo al sud”.

Per altro verso, come suggerito dall’Associazione “Avvocati per niente”, anche la normativa ed i precedenti nazionali indicavano chiaramente, fin dall’inizio della vicenda, la stessa direzione logica e di buon senso, fin qui non percorsa dal tentennante esecutivo italiano. Il precedente è quello del 1991, quando il Governo italiano, durante la crisi albanese, emanò un decreto d’urgenza che sanciva la cosiddetta “protezione temporanea”, cioè, in sostanza, la possibilità di riconoscere per un periodo limitato, per situazioni particolari, il soggiorno per motivi umanitari.

Una soluzione, tra l’altro, in sintonia sia con le normative europee (articolo 78 del Trattato di Lisbona) sia con il Testo unico sull’immigrazione, il cui articolo 20 recita che, in presenza di guerre, catastrofi o altri eventi di particolare gravità, ai migranti è consentito temporaneamente di stare in Italia e di girare nell’area Schengen” (tutta l’Europa, escluse Gran Bretagna ed Irlanda).

Il che significa secondo “Avvocati per niente”, che la Francia e gli altri Paesi europei devono consentire ai migranti il libero accesso dalle loro frontiere con l’Italia. La stessa Commissaria europea agli affari interni e responsabile per le questioni di immigrazione, Cecilia Malmstrom, ha dichiarato, a proposito dei respingimenti effettuati dalla Francia alla frontiera italiana, che essi sono legittimi ed effettuati in base ad un accordo bilaterale Francia-Italia del 1997, ma gli Stati membri non possono effettuare controlli di polizia sistematici e configurabili, di fatto, come controlli di frontiera, essendo abolite le frontiere tra Stati dell’UE per la circolazione delle persone.

Dentro la maggioranza, in questo periodo, c’era chi indicava di seguire questa strada, ma finora si era trovato di fronte l’opposizione tetragona dello zoccolo duro leghista, che non voleva ammainare la bandiera della linea dura tanto cara al suo elettorato più tradizionale. Ora, pare che la Lega, dopo aver contribuito da par suo (secondo alcuni osservatori in modo calcolato) a creare l’emergenza a Lampedusa e in tutta Italia, e averci lucrato mediaticamente, si sia finalmente orientata verso questa direzione. Bossi, dopo aver molto esitato, è stato convinto da Berlusconi a benedire l’accordo italo-tunisino, i permessi di soggiorno temporaneo e la “chiusura dei rubinetti” verso nuovi sbarchi, grazie alla collaborazione fra i due Stati e a procedure abbreviate di rimpatrio per i clandestini che arriveranno d’ora in avanti in Italia (basterà l’identificazione da parte di un agente consolare, senza dover aspettare l’invio delle schede dattiloscopiche).

Insomma, si è fatto tardi quello che si poteva fare ben prima, se non ci si fosse attardati a proclamare che tutti i ventimila già arrivati in Italia sarebbero stati rimandati indietro. Una soluzione che al Viminale in molti sapevano impossibile, vuoi per difficoltà logistiche, vuoi per la situazione a dir poco incerta dello scenario politico tunisino.

Finora, tra uno stop e un via, si è seguita la soluzione all’italiana: mentre si dichiarava di voler respingere tutti (la distinzione tra dei clandestini e profughi era una foglia di fico) si lasciava che tutti scappassero verso il nord Europa. Insomma, il fenomeno non si è affrontato, ma solo aggirato. Con evidenti danni per Lampedusa, il cui affollamento si sarebbe potuto prevenire trovando da subito soluzioni alternative; e per l’immagine dell’Italia, la cui linea ondivaga e approssimativa nella gestione dell’emergenza, non è passata inosservata. E se questa perdita di tempo e di credibilità sembra proprio imputabile all’impuntatura dei “musi duri” della Lega, va anche doverosamente annotato che proprio ad un eurodeputato della Lega, Fiorello Provera, si deve l’approvazione di una relazione al Parlamento europeo sull’emergenza migratoria, che sembra andare in direzione del tutto diversa. La relazione, votata a larga maggioranza da tutti i gruppi, chiede alla Commissaria Malmstroem di far scattare il meccanismo di solidarietà previsto nei trattati, incluso l’istituto della “protezione temporanea” dei rifugiati provenienti da zone di guerra. Il documento, inoltre, richiama il dovere degli Stati membri di rispettare il principio del non restringimento della libertà di circolazione nell’Unione Europea. Insomma, un leghista raccomanda all’Europa di fare quello che l’Italia, nel cui Governo siedono i leghisti, fino a ieri non ha voluto fare.

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