Intervista a Riccardo Pilat, giovane emergente dei moderati italiani.

(ASI) Intervista a Riccardo Pilat, giovane emergente dei moderati italiani.

Al giorno d'oggi si riscontra un generale disinteresse dei giovani verso la politica, invece tu sembri andare nella direzione opposta. Dove trovi interesse e forze per continuare su questa strada?

Il disinteresse da parte dei giovani oggi nei confronti della politica o meglio della classe politica, è giustificato è comprensibile per molti fattori: in primis la mancanza di risposte chiare e concrete alle problematiche e alle richieste del mondo giovanile nel campo dell'istruzione e del lavoro, di prospettive e di progettualità del loro avvenire in Italia. Se vogliamo qualche esempio in sostegno del proseguo negli studi: riconoscere meritocrazia e capacità, assicurare una prospettiva lavorativa che possa dare certezze come costruire una famiglia, avere progetti, un futuro nel proprio Paese. In breve poter vivere in Italia e non sopravvivere!

Il secondo fattore è di stampo culturale. Il crollo delle ideologie ha portato ad un appiattimento dei valori ed ideali, non solo ad un disinteresse del senso civico di responsabilità, dell'appartenenza, dell'esprimere la propria idea. Un crollo quindi del senso di comunità attiva e proattiva.

Il terzo fattore riguarda il rispetto e l'autorevolezza che la politica stessa ha perso nel corso degli anni, portando avanti proposte e dibattiti sempre più aridi, privi di un vero sentimento di coscienza, ricchi di propositi dilettantistici nel tentare di governare.

Per quanto riguarda la politica è una vocazione che ho sempre coltivato con entusiasmo e passione. Poter dare un contributo, anche piccolo, al mio Paese, rappresenta per me un segno d'orgoglio e di responsabilità. Il ruolo che desidero rappresentare è quello di poter portare avanti una prospettiva di crescita collettiva, di costruzione di un futuro caratterizzato da un "noi" generazionale. Ricostruire quindi una comunità di giovani, che faccia riscoprire un riscatto generazionale rivendicando il ruolo che ci spetta per le sfide del futuro.

Come si coinvolgo i giovanissimi e cosa consiglieresti a coloro che intraprendono la tua stessa strada?

I giovani vanno coinvolti in maniera costruttiva, potenziando ed evidenziando le loro capacità, creando luoghi di dibattito in modo da costruire personalità forti e sicure sulle proprie posizioni. Ritengo che oggi più che mai i giovani siano disuniti, privi di un luogo dove possano aggregarsi e confrontarsi politicamente sulle questioni di attualità. Una proposta concreta sarebbe quella di costruire una struttura associativa di stampo europeo che possa aggregare, formare e promuovere ragazzi che abbiano le capacità di potersi affermare in un panorama, non solo politico, ma di una società che oggi ha bisogno di giovani che abbiano il desiderio di riscattare un mondo ormai colluso da pregiudizi nei confronti di una generazione che a mio parere può dare molto.

Parlando di politica interna, secondo il tuo parere come si ricostruisce un centrodestra vincente?

Un centrodestra vincente si costruisce con umiltà, sacrificio, ma sopratutto con entusiasmo e passione politica, eliminando una volta per tutte vecchie gerarchie, vecchi miti, rimpianti e rancori, ripartendo invece dal l'identità di un'area che ha bisogno di una nuova linfa, nuove energie pronte e formate a divenire la nuova classe dirigente. Quindi il primo passo secondo me è la formazione pro futuro, il secondo le idee. Il centrodestra se vuole tornare protagonista deve presentare nuovi volti, politici, non politicanti, presentare proposte, non attacchi, avere una visione, una progettualità in sinergia con il suo partito di riferimento in Europa, ossia il PPE. Ripartire dalla coscienza comune che bisogna costruire leadership locali e non nazionali, che possano ricucire quel rapporto tra politica e cittadini, tra due mondi ossia quello dei diritti e quello dei doveri tra cittadinanza e classe politica, da un riacceso entusiasmo e non da strategie, tattiche politiche per futuri equilibri, ripartire da una visione di responsabilità, concretezza e credibilità.

Passiamo dalla politica interna a quella internazionale. Un tuo giudizio sulle sfide globali che aspettano la politica per il 2016, dall'ambiente fino alle riforme, passando per le minacce internazionali?

Riassumere in poche parole la situazione in cui stiamo vivendo non è semplice. Una cosa è certa: siamo in un periodo di transizione, come tanti nel passato, dove però i mutamenti politici, economici e sociali sono più accentuati e difficili da gestire. Se guardiamo il panorama italiano, esso è caratterizzato da una stagione di riforme, di cambiamenti strutturali tangibili come la riforma costituzionale, del lavoro, dell'istruzione. Temi quindi importanti ma che, a mio giudizio, non sono stati affrontati con l'ottica giusta. Il governo invece di pensare ad una visione a lungo termine, ha voluto incassare risultati a colpi di fiducia parlamentare, riducendo la libertà di coscienza politica, di dibattito, di soluzione politica, ad una coscienza invece partitica. Questa non è democrazia a mio avviso. Il panorama internazionale invece risulta complesso, caratterizzato da flussi di capitali verso l'estremo oriente e un flusso migratorio di persone verso il vecchio continente. Guerre, interessi economici, politici, rivoluzioni civili, rappresentano la quotidianità nell'epoca della globalizzazione, mostrando ormai un'instabilità diffusa ovunque, anche all'interno della stessa Europa, che fragile resta a guardare il mondo che costruisce una sua autonomia dai mercati europei, riducendola ad un interlocutore di secondo piano, si veda i paesi "BRICS". Inoltre si registra il tentativo interno dell'UE di costruire un'entità politica ed economica, unita e consolidata, che riesca a superare le sovranità nazionali e si ponga come unico interlocutore nelle questioni di ambito internazionale. A farla da protagonista poi in questo periodo è anche l'ambiente con le sue necessità, ma soprattutto con il suo equilibrio reso instabile dalla coesistenza di un'economia e una demografia in forte sviluppo. Il nostro sistema si trova ad un bivio, un momento di decisioni difficili da prendere durante una grande transizione. L'unico auspicio che posso dare è chiedere responsabilità e consapevolezza.

L’Unione Europea, a fronte di una consolidata unione in vari settori, sembra in una crisi sistemica difficile da superare. Come si rilancia l’Europa?

Il futuro dell’UE è tra le sfide fondamentali della prossima classe dirigente politica. Essa rappresenta un tema importantissimo per far ritrovare alle istituzioni europee quel ruolo di leadership che oggi non riesce a detenere a causa di molte forzature nazionali. Il punto da cui ritengo si debba partire ha più risvolti: uno economico, una riforma della BCE sul modello della Federal Reserve Americana per quanto riguarda sia la struttura che la politica monetaria, uno politico, più poteri al Parlamento Europeo e alla Commissione, uno strutturale, elezioni dirette del Presidente della Commissione Europea non più con i partiti nazionali ma direttamente con i partiti europei, uno culturale, la necessità di costruire una “cittadinanza culturale europea comune” che si basi sulle fondamenta su cui i nostri padri fondatori hanno avuto ispirazione per costruire questo progetto identitario. Tanti cambiamenti che potrebbero far tornare l’UE vicina ai cittadini, ma non solo, sarebbe un processo di costruzione su più binari che potrebbe solo che favorire la costruzione dei tanto sperati Stati Uniti d’Europa.

So che stai organizzando un grande evento per il 5 marzo a Trieste. Qualche anticipazione?

Le mie parole non vogliono essere solo quelle di un predicatore che non vuole fare la sua parte, lasciando l'azione agli altri. Il mio impegno è quello di costruire una giornata di dialogo, di confronto tra tutti i giovani del Nord-est che si ritrovino nei principi e nei valori espressi dal PPE. Una giornata dove si faccia formazione, cultura politica, dove si sviluppino idee. Altro non posso dire in quanto è ancora tutti in itinere.

In definitiva, chi è Riccardo Pilat dietro l'uomo impegnato?

Una domanda che tanti mi fanno e che trova risposta nella mia natura di ragazzo entusiasta per qualunque cosa gli venga proposta. Un collezionista di idee da sviluppare, oltre che di cravatte! A sentire le persone vicine, potrebbero risponder al posto mio "Riccardo non occupato? Ma quando?". In effetti non avrebbero torto. Tolto il mio impegno politico, le mie attività mi portano nell'ambito del volontariato, dell'associazionismo culturale, e tanto altro ancora. Amo scrivere come dialogare, non sono uno sportivo ma sono un instancabile camminatore. La mia educazione e il mio carattere mi hanno portato a non avere invidie o a portare rancore con nessuno. Sono una persona positiva e ottimista, che vede sempre una soluzione per tutto. Porto nel cuore due città, Trieste e Roma. Per tutto ciò che si voglia sapere di me, basta semplicemente invitarmi a bere un caffè e sono a disposizione.

Guglielmo Cassiani Ingoni – Agenzia Stampa Italia

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