Addio made in Italy: calcio italiano sempre più nelle mani straniere

(ASI) Anche se il calcio italiano non ha il fascino della Premier League, le squadre del “Bel Paese” mantengono comunque un certo appeal. Arrivano da tutto il mondo, i nuovi investitori del pallone.

Perché ormai il nostro calcio non è più nostro e basta, è di chi lo paga. Come la ricerca di un nuovo eldorado, anche la Serie A (e non solo quella) è terra di nuove speranze per chi arriva da un mondo lontano.

Il primo club ad attirare l’attenzione fu il Vicenza, nel 1998 a rilevare i biancorossi fu la società inglese Enic, finanziaria del settore petrolifero. Nel 2004 tornò in mani italiane, la famiglia Cassingena insieme ad altri imprenditori che operano attorno ai supermercati SISA, acquistano il pacchetto azionario, di cui Sergio Cassingena diviene primo azionista.

Il Pavia Calcio invece è il primo club italiano di livello professionistico che passa in mani cinesi. La società che ha centodue anni di vita e che gioca in Lega Pro, è stata ceduta dalla famiglia Zanchi ad un fondo asiatico il Pingy Shanghai Investiment, affiancato da due emissari di Agenzia per l’Italia.

Nel 2011 Jurij Korabin compra le quote del Football Club Unione Venezia e fonda la holding “Venice Football Academy”. Il 16 febbraio dello stesso anno assume la presidenza del club, diventando così il primo presidente russo della storia del calcio italiano.

Nell’ottobre 2014 il Bologna viene affidato all’avvocato newyorchese Joe Tacopina e dal magnate italo-canadese Joey Saputo, proprietario del Montreal Impact, che vanta un patrimonio personale che si aggira a 3,4 miliardi di dollari.

Poi Anthony Armstrong Emery, imprenditore inglese naturalizzato brasiliano che nel maggio 2013 acquista il AC Monca Brianza.

In Serie A i club in mano straniera sono la Roma, Inter e ultimamente circolano voci su il Milan.

Il 16 aprile 2011 la cordata statunitense lanciata da James Pallotta, uno dei proprietari di minoranza dei Boston Celtics, assieme ad altri tre imprenditori: Thomas Di Benedetto, Michael Ruane e Richard D’Amore prende il controllo della maggioranza delle quote del club, rilevandolole da Unicredit. L’11 Agosto 2014 Pallotta ottiene il controllo totale della società giallorossa, acquistando il restante 31% delle azioni per un corrispettivo di 31 milioni di euro, estromettendo Di Benedetto, diventando così presidente dell’AS Roma.  Le redini della società giallorossa sono interamente nelle sue mani, nella speranza che riesca a valorizzarne ed amplificarne il patrimonio e la storia del club.

Nel novembre 2013 invece, arriva in Italia il magnate indonesiano Erick Thoir, che rivela il 70%  del pacchetto azionario dell’Inter da Massimo Moratti per 250 milioni di euro. Il patrimonio netto di Thoir è calcolato circa 25 miliardi di dollari. Oltre all’indonesiano, ci sono anche i suoi soci Roslan Roeslani e Handy Soetedjo. Il magnate è anche proprietario di maggioranza del D.C. United, squadra più titolata della MLS a pari merito con i L.A. Galaxy.

Tanti i presunti acquirenti, tanti i nomi più o meno affidabili che sono usciti nell’ultimo periodo. Di certo qualcosa di vero c’è e altrettanto certamente l’interesse per il Milan arriva in particolar modo dall’oriente. Silvio Berlusconi avrebbe firmato ad Arcore un “memorandum of understading” con il magnate thailandese Bee Taechaubol. L’accordo tra il cavaliere e Mr Bee prevede una quotazione del 30% del Milan pari a 200-250 milioni di euro. La cessione di una quota di minoranza, però non esclude da parte del broker thailandese l’intera acquisizione del club rossonero. Il perche ? il miliardario sembra avere un’opzione per l’acquisto del 51% alla quale Berlusconi potrebbe opporsi solamente pagando entro maggio una penale pari al del 10% del valore dell’operazione, circa 25 milioni di euro. Nel gruppo che appoggia l’imprenditore thailandese ci sarebbe anche Nelio Lucas,  rappresentante del Fondo d'investimenti Doyen Sports (colosso che da anni è al centro del mercato internazionale attraverso il finanziamento di compravendite di calciatori).

Comunque Wang Jialin, imprenditore cinese, presidente della Dalian Wanda Group (la più grande impresa immobiliare del suo Paese e il più grande gestore di sale cinema al mondo) rimane ancora in corsa per il Milan, disposto a mettere sul piatto circa 250-300 milioni di euro per una quota di minoranza.

Perché tutto questo interesse ? Il facoltoso cinese ha da poco comprato il 20% dell’Atletico Madrid per 45 milioni di euro. Wang Jianling vanta un patrimonio personale stimato in 25 miliardi di dollari, più o meno come quello dell’inventore della Nutella Michele Ferrero, appena scomparso.

Nel calcio gli affari sono più che altro i diritti tv, ecco perché Jianling ha recentemente acquistato per 1,05 miliardi di euro la multinazionale svizzera Infront Sport & Media, una potenza nel business del pallone. Sarà una coincidenza che sia guidata dal nipote del presidente della Fifa Joseph Blatter, Philippe Blatter ?

Comunque, ritornando sulla questione Milan,  bisogna chiedersi, ma quanto vale realmente ?  Il Milan di questi tempi, undicesimo in campionato e fuori dalle coppe, non può avere una valutazione di 1 miliardo di euro.  La squadra di Berlusconi può valere si è no tra i 400 e i 500 milioni di euro, meno i debiti pari a 256 milioni, secondo i dati di bilancio di Fininvest. Fra un paio di anni, se continuerà ad avere risultati sportivi pessimi e un calciomercato scadente, varrà ancora meno.

Inoltre ci sarebbe un’ulteriore novità, la Madison Square Garden (società che gestisce l'omonimo tempio dello sport di New York) potrebbe essere interessata al club rossonero in vista della costruzione del nuovo stadio.

L’unica certezza che abbiamo è che l’oriente è interessato al Milan e il Milan è interessato al denaro che potrebbe arrivare dall’oriente.

Ormai il calcio è diventato “Core Business”, siamo entrati nel mondo della globalizzazione, dove tutte le squadre sono in una corsa frenetica all’arricchimento, senza guardare in faccia a nessuno.

Il calcio può essere paragonato ad una grande multinazionale che vende, compra, esporta ed importa piccoli talenti o grandi giocatori.  Vedremo cosa il futuro ci aspetta.

Francesco Rosati - Agenzia Stampa Italia

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