(ASI) PERUGIA- Il 10 febbraio di 11 anni fa veniva istituita con decreto legge la giornata commemorativa dei martiri delle foibe con il nome assai significativo di "Giorno del Ricordo".
Nella città di Perugia, la ricorrenza è stata celebrata, come da 5 anni a questa parte, al parco "Vittime delle Foibe", area verde sita nel quartiere di Madonna Alta, intitolato appunto a coloro che subirono la repressione e il massacro ad opera dei partigiani titini nel silenzio della comunità internazionale.
Alla celebrazione tenutasi nel corso della mattinata hanno partecipato numerosi rappresentanti della politica locale tra cui il presidente del consiglio comunale Leonardo Varasano (FI), i consiglieri di maggioranza Carlo Castori (FI) e Michelangelo Felicioni (LN), e la segretaria regionale de "La Destra", Stefania Verruso. All'organizzazione delle celebrazioni hanno partecipato l'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e il Comitato 10 Febbraio rappresentanti rispettivamente dal vice presidente Franco Papetti e dalla responsabile provinciale Raffaela Rinaldi.
Nel corso del suo intervento, Varasano ha esordito ponendo particolare attenzione alla necessità di "tenere viva la fiamma della memoria". "Celebriamo per il quinto anno consecutivo questa data sulla scorta di un meritoria legge del 2004. Ma noi lo facciamo anzitutto perché ce lo chiede la nostra coscienza di italiani"- ha dichiarato il presidente del consiglio comunale che non ha omesso di puntualizzare come di fatto si sia trattato di un brutale eccidio la cui spietata natura risulta ancor più sconvolgente alla luce del metodo e delle finalità assolutamente organizzate e premeditate volte al conseguimento di obbiettivi politici, economici, territoriali e revanscisti.
Anche Raffaela Rianldi ha parlato di finalità politiche puntualizzando anche l'assordante silenzio della comunità internazionale che per assecondare gli interessi di ben più di una sola parte, contribuì a stendere un velo di silenzio sull'intera vicenda di migliaia di italiani, residenti da decine di generazioni nell'Istria e nella Dalmazia, che furono torturati e trucidati per il semplice fatto che essendo italiani erano d'ostacolo al progetto di "slavizzazione" di quei territori di grande importanza strategica per l'allora Jugoslavia.
La testimonianza del professor Franco Papetti, è stata il punto cardine della commemorazione. Da figlio di rifugiati, e quindi profugo egli stesso, ha narrato il penoso viaggio dalla propria terra attraverso un Italia che trattò come criminali coloro che per sfuggire alla morte e alla torture, vennero a cercar rifugio sul territorio nazionale. Eventi dolorosi e strazianti che videro i rifugiati accolti a insulti, calci e sputi per essere alloggiati in ex campi di concentramento da uno stato che voleva nasconderli affinchè la loro esistenza non turbasse gli equilibri che si erano andati a creare al termine del secondo conflitto mondiale. "Ciò che accadde fu la cancellazione dell'italianità. L'italianità della cultura e del dialetto di coloro che per generazioni avevano vissuto in quei luoghi e che una volta strappati alla loro terra natale e trapiantati in varie parti d'Italia, sono andate incontro a una lenta agonia." – ha concluso Papetti .
A chiusura delle celebrazioni è stato rispettato un minuto di silenzio accompagnato dal classico suono della tromba, in onore dei caduti e del ricordo di una pagina di storia che dovrà sempre fungere da monito a noi stessi e alle generazioni a venire.
Cenusa Alexandru Rares – Agenzia Stampa Italia
Intervista a Leonardo Valasano, presidente del consiglio comunale