In ballo ci sono seimila posti di lavoro, negli stabilimenti di Solaro, Forlì, Susegana e forse Porcia. E se ci pensiamo, in confronto la proposta di Confindustria, era oro: si parlava di un taglio dei salari del 10%, ma ripagati di benefit dalle Regioni, quantificabili in: buoni pasto mensa, libri scolastici pagati per i figli, trasporti agevolati, sanità integrata.
Ora, riflettiamo anche solo per un attimo: si eviterà la chiusura, ma si metteranno 6 mila famiglie in ginocchio. E' impossibile vivere con 900 euro al mese, soprattutto se con figli, coniuge a carico, mutuo o rate di altre cose da pagare. I diritti sociali dei lavoratori sono inalienabili. Un'operazione del genere è scandalosa. E' giusto modernizzare gli stabilimenti, è altrettanto giusto essere competitivi, è tremendo ricattare seimila lavoratori. E' un oltraggio punire i lavoratori con sacrifici pesantissimi, che probabilmente si riveleranno inutili.
Si può pensare di ridurre leggermente le pause di lavoro, ma non di eliminarle per portare la giornata a 6 ore fisse sino al 2017, senza il tempo di andare in bagno o addentare un panino. Gli uomini e le donne sono persone, non macchine. Si è elementi della catena, non numeri.
Se la produzione poi viene ripagata con la riduzione di 450 euro al mese del proprio salario, come si potrà pensare di vivere?
Questo è il libero mercato, la globalizzazione il processo produci - consuma - crepa. Occorre ribellarsi. E' assolutamente necessario un serio intervento governativo, che non abbandoni questi lavoratori ad una fine certa. La schiavitù è terminata secoli fa. Non ripristiniamola.
Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia
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