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Il “pacchetto” Renzi è un altro inganno?

(ASI)Il progetto di legge uscito dall’incontro tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, è un altro inganno? E’ un “Porcellum” riveduto e corretto? Sono due dei tanti interrogativi che si pongono un po’ tutti su questa nuova legge elettorale, imposta dalla sentenza della Corte Costituzionale, che ha bocciato il “Porcellum”, e voluta dal nuovo segretario del Pd, Matteo Renzi.

Ho seguito con un certo interesse le interviste fatte a Renzi (Porta a Porta) e le critiche mosse da più parti (soprattutto dalla minoranza del Pd e dal Movimento 5 Stelle). Intanto c’è da premettere che il “pacchetto”, come lo chiama Renzi, è composto di due parti, una di riforma costituzionale, com’è la modifica del titolo V della Costituzione, l’abolizione delle province e l’abolizione, o meglio la trasformazione, del Senato. La seconda riguarda la modifica, con procedura ordinaria, della attuale legge elettorale detta “Porcellum” dal suo stesso padre putativo, il deputato leghista Roberto Calderoli,.

Giustissimo mi pare (ri)modificare il titolo V della Costituzione che aveva assegnato molte competenze alle Regioni, in una specie di federalismo all’amatriciana e di cui le stesse Regioni non ne hanno saputo approfittare, se non lanciandosi in sprechi enormi e vergognosi e a ruberie d’ogni genere. Mi pare che sia altrettanto necessario abolire le province, diventate centro di spesa e di poltrone, e basta. Sarebbe stato  altrettanto opportuno cancellare il Senato, un doppione, per quanto riguarda le competenze legislative, della Camera dei Deputati. Trasformarlo – si dice, senza costi – in una assemblea con i rappresentanti delle Regioni sembra un doppione, peraltro del tutto inutile, della conferenza Stato-Regioni che già avviene, a Roma, tutte le settimane.

La legge elettorale,invece, non è del tutto convincente perché ha molti punti deboli. Lo so che si tratta di un progetto nato da un compromesso, soprattutto tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, ma  rimane lo stesso un’incompiuta. La prima grossa delusione riguarda le preferenze, che non ci saranno nemmeno nel nuovo testo. Renzi spiega che sulla questione c’è stato, netto e irremovibile, il deciso orientamento di Berlusconi che, evidentemente, vorrà scegliere lui, e far eleggere, solo ed esclusivamente i fedelissimi. Però  - aggiunge il segretario del Pd -  si tratterà di collegi più piccoli e gli elettori conosceranno i candidati messi in lista. E allora? Saranno comunque sempre imposti agli elettori. E’ vero che la Corte Costituzionale, nella sua ormai famosa sentenza, abbia previsto questo criterio per aggirare le preferenze ma, per me, è, appunto, un modo per aggirare la questione ed anche questo è incostituzionale, perché è evidente – e non capisco come la Corte lo abbia potuto ritenere legittimo – che all’elettore, ancora una volta, viene negato il sacrosanto diritto di scegliere il proprio candidato. Non vale nemmeno la giustificazione che il Pd, per scegliere i candidati, farà le primarie. Intanto perché non è la stessa cosa e poi perché non tutti i partiti le faranno.

La seconda questione riguarda lo sbarramento, cioè il quorum necessario per avere diritto ad essere rappresentati alla Camera: 8 per cento per i partiti che si presentano da soli,  5 per cento per i partiti che si presentano in coalizione e 12 per cento per le coalizioni. Lo scopo, evidente, è quello di tagliare fuori i partitini e, questo, può essere un bene, anche se viene un po’ meno il principio della rappresentanza. Certo, i partiti piccoli si possono aggregare, anche con il rischio di indecorose ed eterogenee ammucchiate, non solo per ottenere il quorum (che come si è visto è più basso), ma anche per tentare di raggiungere, insieme, il 35 per cento, al di sopra del quale ci sarebbe anche una maggiorazione del 18 per cento dei seggi,  come  premio di maggioranza. Se, invece, nessuna coalizione raggiungesse la fatidica soglia del 35 per centro si andrebbe al ballottaggio tra le due formazioni più votate. E’ il massimo ? No, forse è il minimo, ma è, appunto, il frutto, amaro-dolce (o dolce-amaro, fate voi) del  compromesso.

Fortunato Vinci – Agenzia Stampa Italia

 
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