«I danni provocati dalla recessione internazionale - sottolinea il segretario - sarebbero stati di gran lunga limitati se lo Stato avesse conservato il potere di dirigere politicamente il sistema creditizio, utilizzando all'occorrenza i decreti per dosare gli strumenti necessari».
Quella era, per d'Andria, una leva fondamentale. Ma «ora che lo Stato non ha più alcun peso politico sulle banche, gli istituti non si assumono rischi in funzione della ripresa». Lo stesso fenomeno - rimarca il segretario PSDI nel suo editoriale di oggi - è alla base della accentuazione estrema che si registra nel gap fra nord e sud del Paese, «perché a possedere i capitali delle banche sono gruppi !nanziari concentrati al nord, mentre col sistema delle Casse di risparmio locali esisteva una situazione più equilibrata nella geogra!a delle risorse disponibili ed il sistema bancario svolgeva una funzione in qualche modo calmieratrice del divario nord-sud».
Da qui il fermo no del PSDI alle privatizzazioni previste nella Legge di stabilità, ma soprattutto l'invito rivolto dal segretario affinché almeno parte del sistema creditizio torni sotto il controllo pubblico e lo Stato assuma quel ruolo politico sulle banche che risulta oggi più che mai indispensabile per restituire credito alle imprese, unico ed autentico motore economico del Paese, ed avviare processi reali di ripresa.