(ASI)Forlì.
Lettere in Redazione - Di solito guardo anche quei programmi televisivi che trattano politica ed attualità i cui conduttori hanno opinioni diverse dalle mie, perché ritengo ci sia sempre qualcosa da imparare. Giovedì 2 maggio 2013 a Servizio Pubblico, talk show di politica condotto da Santoro su La 7 c’era invece da disimparare! Era tra i presenti, come sempre, il solito tipo dalla r pronunciata come “evve”, di cui non ricordo il nome e che non è un economista, il quale ha affermato con
tono categorico che la banca d’Italia è dello Stato perché è un istituto di diritto pubblico!
Ora, neppure io sono un economista, ma credo di sapere ancora leggere e, quando non capisco quello che leggo, chiedo spiegazioni a chi ne sa più di me al riguardo. Un istituto di diritto pubblico è un soggetto giuridico che svolge un’attività di interesse pubblico avente carattere non commerciale, almeno in teoria. (per comprendere perché scrivo “in teoria” occorre leggere quanto segue). Inoltre un organismo di diritto pubblico, non necessariamente deve appartenere al settore pubblico. Sul sito della Banca d’ Italia c’è scritto che la medesima è una s.p.a. le cui quote sono detenute da: UNICREDIT,INTESA SAN PAOLO, Assicurazioni Generali (che è anche banca) e altri istituti di credito… Solo Unicredit + Intesa San Paolo, se non ricordo male, detengono più del 50% delle quote, quindi “de facto” sono loro i proprietari, sono loro che comandano,cioè sono dei privati! E sono sempre dei privati i proprietari della banca centrale, che stampano il denaro, lo prestano agli Stati ad interesse e addebitano tutti i costi agli Stati medesimi. La quota pubblica della banca d’Italia è meno del 6% ed è detenuta da Inps e Inail, che in tal modo ben poco possono influire sulle decisioni prese da altri all’interno del c.d.a.. Sulla banca d’Italia è interessante osservare che la vendita delle quote è aperta al pubblico, purché il c.d.a. sia d’accordo. Questo meccanismo è stato studiato, probabilmente per evitare che qualcuno, non gradito alle banche di cui sopra, possa scalare la banca d’Italia, ossia possa acquistarla. Lo stesso Stato, anche se avesse i soldi per comperare il 51% delle quote, non potrebbe acquistarle, se il c.d.a. non fosse d’accordo, cosa che sarebbe assai probabile, perché non credo che “lor signori” vogliano essere diretti, semmai vogliono dirigere (gli Stati). Altro particolare mai esaminato: la banca d’Italia dovrebbe avere il compito di vigilanza sulle altre banche, ma come può vigilare le altre banche, se le banche stesse sono le proprietarie della banca d’Italia? Si chiama conflitto d’interessi e non riguarda solo Berlusconi, purtroppo!
Andrea Mantellini
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