Gli elettori USA sono chiamati ad un gesto di grande responsabilità:
se vince Romney potrebbero esserci guerre ben più diffuse e distruttive che al tempo di Bush.
Così ancora una volta si vedrebbe all'opera “il Mito che uccide”.
(ASI) L'acceso confronto fra Obama e Romney riflette la situazione politicamente incerta degli Stati Uniti. Da una parte ci sono cittadini bianchi, ma soprattutto non-bianchi (afro-americani, sino-americani, ispano-americani, pellirosse, ecc.) che sono la maggioranza. Dall'altra stanno i bianchi che per lo più hanno una connotazione politico-religiosa ben precisa: appartengono in gran numero alle sette e correnti religiose evangelico-protestanti trapiantatesi nel Nuovo Mondo dall'Europa – soprattutto dalla Gran Bretagna – a partire dal 16° secolo.
Esse in qualche modo si ispirano al Calvinismo, cioè a quella particolare dottrina elitaria e antidemocratica che considera il ricco (come lo sia divenuto non importa) persona gradita a Dio, un “unto del Signore” – mentre la misera condizione terrena non rende il povero meritevole neppure del premio nell'aldilà. Per tutto ciò i membri di queste (oggi) innumerevoli sette, con i loro “telepredicatori”, si ritengono una razza eletta – più o meno come il “Popolo di Israele”, che considerano il loro modello e solo negli USA conta circa 8 milioni di persone, naturalmente anch'esse con diritto di voto. Tale particolare “natura”, questo senso di superiorità e di autoreferenzialità – unito ad una spesso fanatica tensione messianico-escatologica, che si nutre della mitologia biblica – ben spiegano perchè anche il mormone Romney, come l'evangelico Bush, abbia impostato la propria campagna elettorale sulla guerra ai nemici di USA-Israele, l'infallibile “coalizione del Bene”.
Infatti Iran, Russia, Venezuela, Bielorussia, Siria, Cuba, Corea del Nord (chi sarà il prossimo? Si accettano scommesse) per lui come per i suoi “aficionados” incarnano il Male, Così – invece di cercare soluzioni pacifiche, come finora il presidente uscente Obama si è sforzato di fare – Romney continua a gettare benzina sul fuoco delle tensioni e dei conflitti fino al punto di annunciare, in caso di vittoria, un attacco atomico alla Repubblica Islamica dell'Iran, senza valutarne le più imprevedibili conseguenze.
Senza dubbio tutte le sette religiose sopra descritte fanno riferimento e trovano sostegno nei gruppi di potere finanziari, le lobbies. E' noto che negli USA il 7% della popolazione detiene il 47% dell'economia e della finanza statunitense. Obama è il portavoce di larga maggioranza del ceto medio produttivo e delle classi più disagiate. Per questo ha operato perché almeno 40 milioni di cittadini potessero finalmente usufruire della Sanità pubblica ed essere curati negli ospedali anche se poveri – come accade in tutti paesi civili e democratici.
Ormai è fin troppo chiaro che con Romney la politica sociale verrebbe totalmente oscurata dalla frenesia e del fanatismo messianici, che caratterizzano una politica espansionistica e militare su scala planetaria mascherata da motivazioni e spinte pseudo-religiose. Dunque una linea nettamente differente da quella della Amministrazione Obama che invece ha privilegiato la politica sociale e l'equilibrio pacifico fra le potenze evitando di esasperare i conflitti: proprio quello che non ha fatto Bush e non farebbe Romney.
Giorgio Attardi-Agenzia Stampa Italia