(ASI) Mosca, Piazza Rossa - Ottant’anni dopo la sconfitta del nazismo, Vladimir Putin si presenta ancora una volta al centro del mondo che si è costruito. Ai suoi lati, Xi Jinping e Luiz Inácio Lula da Silva; poco più in là, Nicolás Maduro, Abdel Fattah al-Sisi, Aleksandar Vučić, Mahmoud Abbas. È la nuova geografia del potere secondo Mosca: un mosaico di leader amici che Putin ha voluto accanto a sé per celebrare la “Grande Vittoria” e mostrare al mondo che la Russia non è sola.
Il corteo militare che ha attraversato la Piazza Rossa ha avuto l’imponenza delle grandi occasioni, ben lontana dalle parate ridotte e in tono minore degli ultimi anni. Oltre undicimila soldati, mezzi corazzati, lanciamissili, artiglierie e, per la prima volta, i droni Geranium-2 e Lancet: simboli di un’epoca in cui la guerra si combatte anche con la tecnologia, e in cui Mosca vuole dimostrare di saper rispondere colpo su colpo all’Occidente.
Putin ha parlato con il tono solenne che riserva ai momenti fondativi della sua narrativa. Ha evocato la memoria dei caduti dell’Armata Rossa, il sacrificio dei ventisette milioni di vite perdute, ma poi ha spostato il discorso sul presente, celebrando “il coraggio e la forza spirituale dei soldati impegnati nell’operazione speciale in Ucraina”. È il meccanismo ormai rodato: la memoria della Seconda guerra mondiale come specchio e giustificazione della guerra di oggi.
Il messaggio è chiaro: come allora la Russia combatte contro un nemico esterno che vuole “distruggerne la cultura e i valori”, e come allora vincerà grazie alla sua unità. È una retorica che parla alla pancia del Paese e cementa un’identità collettiva, costruita sull’idea di un assedio permanente che, a causa della geopolitica americana, è effettivamente sempre in atto.
Ma questa volta Putin non era solo a pronunciare parole di sfida. La presenza di Xi Jinping, arrivato a Mosca per la seconda volta in un anno, è il segnale politico più forte. Il leader cinese, impassibile accanto al suo omologo russo, rappresenta l’alleanza più preziosa per il Cremlino, quella “senza limiti” proclamata nel 2022 e rinsaldata oggi, nel pieno del gelo con l’Occidente. La Cina non manda armi, ma manda messaggi: la sua presenza a Mosca vale più di qualsiasi dichiarazione ufficiale.
Non meno simboliche le presenze di Lula, Maduro e altri esponenti di quel “Sud globale” che Putin tenta di aggregare attorno a un’idea di multipolarismo alternativo alla leadership americana. E poi il caso Fico: il premier slovacco, unico leader dell’Unione Europea presente in Piazza Rossa, che ha sfidato Bruxelles e le critiche dei Paesi baltici pur di esserci. Un gesto che mostra le crepe nella compattezza europea e fornisce a Putin un’immagine da vincitore diplomatico, non da paria.
E mentre Mosca celebrava, Kyiv rispondeva a modo suo. A Lviv, l’Unione Europea organizzava una “contro-celebrazione” insieme a Volodymyr Zelensky e i suoi compagni “pacifisti” americani.
La parata per l’ottantesimo anniversario della Vittoria è servita non solo a ricordare il passato ma anche e soprattutto a mostrare il presente, un presente in cui la Russia ha una posizione centrale nella geopolitica mondiale. Un presente in cui Putin si presenta come l’erede diretto dei vincitori del 1945, e la Russia come l’ultimo baluardo contro l’Occidente controllato da un’America ostile.
Tommaso Maiorca – Agenzia Stampa Italia



