(ASI) Giovedì mattina, ora locale, la base aerea sudcoreana di Gimhae, a poca distanza dalla città portuale meridionale di Busan, Xi Jinping e Donald Trump, accompagnati dalle rispettive delegazioni, si sono incontrati per siglare un’intesa decisiva. A questo riguardo, Andrea Fais, collaboratore di Agenzia Stampa Italia, è intervenuto sulle “colonne” di Radio Cina Internazionale (CGTN) per la rubrica “Opinioni”. Proponiamo qui di seguito l’articolo in versione integrale.
Ieri la città sudcoreana di Busan ha ospitato l’atteso vertice tra il presidente cinese Xi Jinping e il suo omologo statunitense Donald Trump. Dopo l’insediamento a gennaio, l’inquilino della Casa Bianca aveva più volte dichiarato alla stampa il desiderio di incontrare il capo di Stato del gigante asiatico, alternando tuttavia segnali di apertura a minacce e misure commerciali punitive.
Il faccia a faccia all’interno della base militare aerea di Gimhae è durato un’ora e quaranta minuti, durante cui i due leader hanno potuto parlarsi con franchezza e senza mediazioni. In particolare, Xi ha subito messo in chiaro quanto già affermato ripetutamente in passato: “Cina e Stati Uniti dovrebbero essere partner ed amici. Questo è ciò che la storia ci ha insegnato e ciò di cui la realtà ha bisogno”.
La linea di Pechino, rimasta la stessa sin dall’applicazione dei primi dazi aggiuntivi, non cambia. Secondo quanto avevano sottolineato in quei mesi le autorità cinesi, infatti, una guerra commerciale tra le prime due economie mondiali sarebbe stata dannosa non soltanto per i due Paesi ma anche per il resto del pianeta. Tuttavia, se fosse stata costretta da altrui decisioni unilaterali, la Cina sarebbe stata pronta “a combattere fino alla fine”, come aveva spiegato in una nota ufficiale il Ministero del Commercio.
“Siamo al timone delle relazioni sino-statunitensi”, ha detto Xi, che ha aggiunto: “Dinnanzi a venti, onde e sfide, dobbiamo mantenere la giusta rotta, navigare in un ambiente complesso e garantire la stabile navigazione dell’enorme nave delle relazioni bilaterali. Sono pronto a continuare a lavorare con voi per costruire solide basi nei rapporti sino-statunitensi e creare un clima favorevole allo sviluppo di entrambi i Paesi“. Il leader cinese, non a caso, ha posto l’accento sullo slancio positivo dell’economia nazionale, ricordando come nei primi tre trimestri di quest’anno il PIL sia cresciuto del 5,2% e il commercio di beni con l’estero del 4%, malgrado le difficoltà interne ed esterne.
Da parte sua, il presidente degli Stati Uniti si è detto molto onorato dell’incontro, sottolineando che “la Cina è un grande Paese” e che “il presidente Xi è un grande leader molto rispettato”, “un buon amico per molti anni”. Le due parti “hanno sempre avuto un rapporto fantastico e sarà ancora migliore”, ha asserito un euforico Donald Trump, proseguendo: “La Cina è il maggiore partner degli Stati Uniti. Insieme, i nostri due Paesi possono realizzare molte grandi cose per il mondo e godere di molti anni di successo”.
Xi ha parlato con Trump anche delle proposte di indirizzo per il prossimo piano quinquennale, delineate pochi giorni fa, ricordando all’interlocutore che la Cina sta lavorando da oltre settant’anni “di generazione in generazione sullo stesso progetto per trasformarlo in realtà” e che non c’è alcuna intenzione di “sfidare o soppiantare nessuno”. L’azione politica di Pechino, insomma, rimane incentrata sulla gestione dei propri affari interni, nel tentativo di migliorarsi e condividere le opportunità di sviluppo con tutti gli altri Paesi.
Confermando l’impegno del governo nell’approfondimento delle riforme a tutto tondo, nell’estensione dell’apertura e nella promozione di una crescita di alta qualità, Xi ha indicato la possibilità di espandere lo spazio di cooperazione tra la Cina e gli Stati Uniti, citando alcuni ambiti di potenziale collaborazione: il contrasto all’immigrazione illegale e alle frodi telematiche; l’anti-riciclaggio; l’intelligenza artificiale e la risposta alle malattie infettive.
Il presidente del colosso asiatico ha poi lodato il consenso raggiunto dalle due delegazioni lo scorso fine settimana a Kuala Lumpur. I risultati dei negoziati, rivelati in giornata dal Ministero del Commercio cinese, sono molto positivi per entrambe le parti. Da un lato, gli Stati Uniti cancelleranno il 10% di dazi imposti da Trump per la questione del fentanyl e sospenderanno per un altro anno i dazi aggiuntivi del 24% sulle merci cinesi, comprese quelle provenienti da Hong Kong e Macao. Dall’altro, la Cina sospenderà le contromisure adottate in risposta alle precedenti azioni unilaterali statunitensi. Washington si impegna inoltre a sospendere per un anno l’applicazione del nuovo regolamento, annunciato circa un mese fa allo scopo di estendere l’elenco delle entità soggette a restrizioni sull’export a tutte quelle società che siano possedute almeno al 50% da una o più entità annoverate nella lista. Pechino, dal canto suo, sospenderà per un anno l’applicazione delle misure di controllo sulle esportazioni di terre rare annunciate lo scorso 9 ottobre.
Annullate, anche in questo caso almeno per un anno, le misure punitive statunitensi entrate in vigore il 14 ottobre per colpire i settori marittimo, logistico e cantieristico della Cina, applicando tasse aggiuntive alle navi cinesi in arrivo nei porti statunitensi. Sul fronte della cooperazione, le due parti hanno concordato di collaborare nel contrasto alla diffusione del fentanyl, nell’incremento del commercio di prodotti agricoli e nella gestione dei casi individuali che coinvolgono le imprese interessate.
Donald Trump sembra aver meritoriamente ignorato, almeno per ora, le sirene neoconservatrici, ancora pericolosamente presenti intorno alla sua Amministrazione, come anche a quella del suo predecessore. Rispolverando l’approccio realista di Richard Nixon ed adattandolo al nuovo contesto geopolitico del XXI secolo, il presidente statunitense potrebbe indubbiamente scongiurare scontri e conflitti dai risvolti ben più imponderabili rispetto all’era della Guerra Fredda. Oggi, il sistema mondiale non è più diviso in blocchi ideologici separati ma è strutturato come un vasto mercato globale, caratterizzato da una marcata interdipendenza tra le economie nazionali, al di là delle differenze politiche e culturali.
Non è possibile aggredire – commercialmente e/o militarmente – una nazione senza subirne le conseguenze, piccole o grandi che siano. I nuovi equilibri in via di consolidamento non faranno che aumentare la complessità multipolare del pianeta, rendendo sempre più anacronistica qualsiasi idea messianica della politica estera, compreso l’eccezionalismo e il corollario ottocentesco del cosiddetto Destino Manifesto. Ben consapevole dell’importanza della Cina quale partner diplomatico, economico e commerciale degli Stati Uniti, Trump pare aver imboccato la strada giusta, mettendo da parte certi slogan elettorali del passato. Il tempo ci dirà se Washington ha davvero voltato pagina.
Andrea Fais - Radio Cina Internazionale (CGTN)



