(ASI) Giovedì scorso a Pechino è calato il sipario sula Quarta Sessione Plenaria del XX Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese. Molto atteso, l’evento, come da consuetudine, ha fissato le linee-guida di indirizzo generale del nuovo piano quinquennale, che sarà ufficialmente pubblicato a marzo del prossimo anno. questo riguardo, Andrea Fais, collaboratore di Agenzia Stampa Italia, è interventuo sulle “colonne” di Radio Cina Internazionale (CGTN) per la rubrica “In altre parole”. Proponiamo qui di seguito la versione integrale dell’articolo.
Siamo ormai agli sgoccioli. Il 14° Piano Quinquennale di Sviluppo Socio-Economico (2021-2025) è prossimo alla conclusione ed è pronto a lasciare il posto al 15° (2026-2030), anticipato nei suoi contenuti principali dalle linee-guida pubblicate giovedì in un comunicato diffuso al termine della Quarta Sessione Plenaria del XX Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese (PCC). La dirigenza politica sta tirando definitivamente le somme di un lustro cominciato tra le difficoltà e le incertezze della ripresa post-pandemica e proseguito sullo sfondo di una forte instabilità internazionale, con lo scoppio di due conflitti dall’elevato impatto globale e la linea dura protezionista della seconda Amministrazione Trump.
In questo complesso scenario, i risultati raggiunti dall’economia cinese sono ancor più rimarchevoli: il PIL è cresciuto dell’8,4% nel 2021, con un forte rimbalzo dopo l’esplosione dell’emergenza Covid-19 l’anno precedente, e del 3,0% nel 2022, per poi assestarsi intorno al 5% nel biennio successivo (+5,2% nel 2023 e +5% lo scorso anno). Per il 2025, i dati reali mostrano che nei primi tre trimestri il PIL è cresciuto del 5,2%, in linea con quanto stabilito ad inizio anno dal governo.
Del resto, già a partire dal 2014, il gigante asiatico era entrato in una fase che Xi Jinping definì come “nuova normalità”. Non più ritmi di crescita accelerati, a doppia cifra, ma un andamento più misurato, adeguato alle esigenze del Paese. In quella fase la Cina, ormai affermatasi quale seconda economia mondiale, avrebbe dovuto puntare sull’alta qualità produttiva e sulla crescita dei consumi interni.
A questo scopo fu introdotta la riforma strutturale dell’offerta, un nuovo paradigma legislativo orientato alla defiscalizzazione e alla semplificazione per stimolare le imprese, in particolare quelle piccole e medie, ad innovarsi. Forte di una maggiore capacità di spesa rispetto al passato, il consumatore cinese medio stava cambiando, lasciando emergere nuove esigenze che il mercato interno non era ancora pienamente in grado di soddisfare.
Prendendo le mosse dal concetto di ‘doppia circolazione’, presentato da Pechino nel 2020, nel corso degli ultimi cinque anni la Cina si è così concentrata sul “circolo economico interno”: non una chiusura autarchica, come qualche analista occidentale insinuò in quei mesi, ma una maggiore attenzione al mercato domestico nel tentativo di adeguare l’offerta di beni e servizi alle trasformazioni della domanda interna. Questo, naturalmente, non ha comportato soltanto un salto di qualità per le aziende cinesi, chiamate ad innovarsi e specializzarsi, ma ha anche generato inedite finestre di opportunità per le imprese straniere interessate a promuovere i propri prodotti e servizi sul mercato cinese.
Nuovi eventi fieristici di richiamo globale, come la China International Import Expo (CIIE) di Shanghai, la China International Consumer Products Expo (CICPE) di Haikou o la China International Supply Chain Expo (CISCE) di Pechino, hanno così assunto un’importanza sempre maggiore nel corso degli ultimi anni, facilitando le dinamiche di interazione tra imprese locali ed estere. La sola edizione 2024 della CIIE ha generato progetti di accordo per oltre 80 miliardi di dollari, il 2% in più rispetto all’anno precedente, presentando per la prima volta 450 tra nuovi prodotti, tecnologie e servizi in uno spazio complessivo di 420.000 metri quadrati, dove hanno trovato posto circa 3.500 espositori, con la presenza di 297 società tra quelle annoverate nella Fortune Global 500.
L’interscambio di beni tra la Cina e il resto del mondo continua a crescere, con un incremento del 5% nel 2024 rispetto all’anno precedente, per un valore complessivo pari a 43.850 miliardi di yuan. Se le esportazioni hanno continuato a crescere ad un ritmo più veloce (+7,1%) rispetto alle importazioni (+2,3%) è soprattutto per due motivi: il calo dei prezzi delle materie prime, da un lato, e le restrizioni all’export di determinati prodotti verso la Cina adottate da Stati Uniti ed Unione Europea, dall’altro. Nello stesso periodo, infatti, il mercato dei beni di consumo cinese “è cresciuto costantemente, con la domanda di importazioni per molti beni di consumo rimasta relativamente forte”.
Secondo quanto emerso dalla Quarta Sessione Plenaria, “realizzare la modernizzazione socialista è un processo storico di avanzamento graduale e sviluppo costante, che richiede sforzi incessanti e lotte continue”. La leadership è consapevole che durante il 15° Piano Quinquennale, l’ambiente di sviluppo del Paese affronterà “cambiamenti profondi e complessi”, caratterizzati da “opportunità strategiche” ma anche da “rischi e sfide” e dall’incremento dei “fattori di incertezza e di imprevedibilità”.
Stando al comunicato, vengono confermati i punti di forza accumulati negli ultimi cinque anni, ovvero le “solide fondamenta economiche”, i “numerosi vantaggi”, la “forte resilienza” e il “grande potenziale”, che restano invariati. Tra questi spiccano “l’enorme mercato interno”, “l’integro sistema industriale” e le “abbondanti risorse umane”. Indirettamente si tratta anche di un segnale inviato alle imprese straniere, comprese quelle italiane, che in Cina possono dunque beneficiare di un ecosistema per gli investimenti avanzato, stabile ed allargato a nuovi settori dal potenziale ancora parzialmente inesplorato.
Gli obiettivi indicati per il 15° Piano Quinquennale prevedono che entro il 2030 la nazione asiatica compia passi in avanti significativi nello sviluppo di alta qualità, aumenti notevolmente il livello di autosufficienza scientifica e tecnologica, raggiunga nuovi punti di svolta nelle riforme in modo completo ed approfondito, elevi sensibilmente il grado di civiltà sociale, migliori costantemente la qualità di vita della popolazione, consegua ulteriori ed importanti progressi nella realizzazione di una “Cina meravigliosa”, e renda più solida la barriera della sicurezza nazionale.
Il prossimo lustro rappresenta un passaggio di transizione fondamentale in vista del successivo Piano Quinquennale, che dovrà traghettare il Paese verso il traguardo del 2035, anno cruciale nel pensiero politico di Xi Jinping, sistematizzato ed ufficialmente inserito all’interno dello Statuto del Partito nell’ottobre 2017. Tra il 2026 e il 2030, la Cina dovrà quindi: completare la costruzione di un sistema industriale modernizzato, consolidando e rafforzando le fondamenta dell’economia reale, ritenuta prioritaria per lo sviluppo; mantenere la direzione verso uno sviluppo intelligente, sostenibile e integrato; accelerare la costruzione di una potenza manifatturiera, una potenza di qualità, una potenza nell’aerospazio, una potenza nei trasporti ed una potenza informatica; mantenere una ragionevole quota di produzione; e costruire un moderno sistema industriale, con la manifattura avanzata quale colonna portante.
Il gigante asiatico cercherà di ottimizzare e modernizzare i settori produttivi tradizionali, sostenere e rafforzare i settori emergenti e avveniristici, promuovere lo sviluppo efficiente e di alta qualità nel settore dei servizi e realizzare una rete infrastrutturale moderna. All’esterno, Pechino proseguirà sulla strada dell’apertura di alto livello allo scopo di costruire un nuovo ecosistema per la cooperazione dal mutuo vantaggio, espanderà costantemente l’apertura istituzionale, continuerà a sostenere il sistema multilaterale del commercio e ad utilizzare l’apertura per guidare le riforme e lo sviluppo, condividendo le opportunità e perseguendo lo sviluppo congiunto con tutti gli altri Paesi del mondo.
In una fase di grande incertezza globale, segnata dal forte ritorno all’unilateralismo, dal crescente protezionismo e dall’indebolimento del diritto internazionale, la Cina può così rappresentare un porto sicuro nel mare in tempesta del nostro pianeta.
Andrea Fais - Radio Cina Internazionale (CGTN)



