(ASI) L'Ungheria si trova in una delle fasi più delicate della sua storia recente: l'Unione europea le ha appena bloccato 495 milioni di euro di fondi di coesione per il 2012, per non avere ridotto il suo debito eccessivo. La notizia giunge a Budapest a seguito di una campagna aspramente critica condotta verso il governo Orbán, accusato di aver varato una nuova Costituzione infarcita di principi antitetici a quelli condivisi dai membri dell'Unione.
Per questo Budapest è stata sottoposta ad un fuoco di fila mediatico in tutto l'Occidente, tale persino da procurare all'opinione pubblica l'idea che il Paese magiaro stia degenerando verso una tirannia. Al fine di sgombrare il campo dell'informazione da equivoci, esagerazioni e falsità, l'Ambasciata ungherese di Roma ha organizzato per la stampa italiana un incontro con József Szájer, eurodeputato del Partito Popolare Europeo, presidente della Commissione per la Redazione della Legge Fondamentale Ungherese. L'ospite è stato presentato dalle parole dell'Ambasciatore János Balla, il quale ha precisato: “Abbiamo voluto organizzare questo incontro anche per rimediare a errori e inesattezze che sono state dette e scritte in abbondanza a proposito del nostro Paese”.
L'intento dell'Ambasciata si è infranto però sul muro d'indifferenza che alcuni tra i maggiori organi di stampa hanno eretto davanti a tale proposta di confronto. Assenti all'appuntamento Repubblica, Corriere della Sera e Sky, proprio le tre testate che hanno guidato negli ultimi tempi il plotone giornalistico che ha aggredito a suon di strali d'indignazione la nuova Costituzione ungherese, accusando Orbán di voler assassinare ogni principio democratico e sollecitando sanzioni da parte dell'Unione europea.
Le testate assenti a questo appuntamento hanno perso l’occasione di attingere le informazioni da fonte diretta, dunque di ottemperare ad una corretta deontologia professionale. Oltre che di esprimere di persona eventuali perplessità circa la natura democratica della nuova Costituzione al suo principale redattore, disponibile a protrarsi lungamente per ricevere domande dalla stampa. Le parole ferme e chiarificatrici di József Szájer hanno avuto lo scopo di dimostrare che è inappropriato definire anti-democratica la Carta Costituzionale. I suoi contenuti, infatti, non rappresentano nulla di alieno alle aspirazioni del popolo ungherese, quello che due anni fa ha eletto il governo Orbán grazie ad un cospicuo 52,7% di consensi. “Nella nostra Carta fondamentale - ha precisato Szájer - non abbiamo voluto iscrivere principi estranei al popolo magiaro, bensì valori che dovrebbero essere patrimonio condiviso di tutta l’Europa. Badate: non c’è stato alcun approccio ideologico nel richiamo al re Santo Stefano. La cristianità ha avuto un ruolo fondamentale nella storia ungherese”.
“Nel mio Paese - ha aggiunto colui che è anche eurodeputato del partito di governo Fidesz - non c’è alcuna discriminazione, tantomeno dopo l’approvazione della nuova Carta Costituzionale. Gran parte di ciò che è stato sollevato contro l’Ungheria fa parte di un confronto politico che si è svolto a livello internazionale e che ignora ciò che realmente si dice o si pensa nel mio Paese. Le articolazioni democratiche sorte via via dopo la fine del comunismo sono state finalmente codificate in un testo organico che supera la Costituzione vigente fino a ieri: quella adottata nel 1949 e copiata a sua volta dalla costituzione sovietica del 1936”.
Szájer ha poi spiegato un importante passaggio avvenuto prima che la Costituzione venisse varata: “Pochi sanno che, pur non avendone l’obbligo, abbiamo infine consultato il popolo magiaro sul testo della legge, prima della sua adozione in via definitiva. Al nostro questionario abbiamo ricevuto ben un milione di risposte dalle quali si evinceva una sostanziale approvazione delle modifiche proposte”. Durante il momento di confronto con la stampa, ai giornalisti che hanno accusato la nuova legge sui media di negare la pluralità d’informazione, Szájer ha spiegato che quella ungherese non è una legge meno restrittiva rispetto a quella di un Paese considerato un “faro di democrazia”, ovvero la Gran Bretagna.
Salutati cordialmente i giornalisti presenti, József Szájer ha concluso il suo programma di incontri romani recandosi alla John Cabot, la maggiore università americana in Italia, al fine di confrontarsi con gli studenti originari del Paese che forse più energicamente d’altri ha rimproverato l’Ungheria per l’approvazione della nuova Carta. Tappa di una serie d’incontri che corrispondono ad strategia comunicativa da parte di Orbán. D’altronde, l’Ungheria non vuole rinnegare le sue radici né rinunciare alla sua sovranità; per far valere le proprie ragioni è pronta ad affrontare a viso aperto il fuoco di fila che proviene da Occidente.
Federico Cenci - Agenzia Stampa Italia
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