La morte silenziosa di Roman Starovoit: suicidio di Stato o epurazione politica?

(ASI) Riceviamo e Pubblichiamo di Carlo Di Stanislao.

«La verità è tanto più difficile da sentire quanto più a lungo la si è taciuta.» — Friedrich Nietzsche

Introduzione: una giornata, due eventi fatali

Mosca, 7 luglio 2025 – Lo stesso giorno in cui il presidente russo Vladimir Putin annuncia la rimozione del ministro dei Trasporti Roman Starovoit, le agenzie russe diffondono una notizia destinata a fare il giro del mondo: Starovoit è stato trovato morto nella sua auto, colpito da un proiettile. L'arma accanto al corpo. Nessun biglietto d'addio. Nessuna dichiarazione ufficiale sulle cause della rimozione. Solo silenzi e formule di rito.

Secondo il Comitato Investigativo russo, si tratta di suicidio. Ma il tempismo, le circostanze, e i precedenti simili della politica russa lasciano spazio a dubbi profondi. Siamo davanti all'ennesima morte sospetta nel sistema di potere russo, o si tratta di una tragica decisione personale legata a pressioni giudiziarie e crollo personale?

Chi era Roman Starovoit

Roman Starovoit, 53 anni, non era un nome qualsiasi all'interno dell'apparato statale russo. Ingegnere di formazione, uomo dell'establishment, aveva costruito una carriera solida nelle strutture ministeriali e regionali. Governatore della regione di Kursk per cinque anni, si era distinto per la gestione logistica e per una lealtà indiscussa verso Mosca.

La sua promozione a ministro dei Trasporti nel maggio 2024 fu letta da molti come un premio alla fedeltà, ma anche come un segnale della volontà del Cremlino di affidare a uomini di campo settori-chiave in un momento di forte pressione interna ed esterna. In particolare, la rete dei trasporti russi, civile e militare, era (e resta) un obiettivo centrale dell'intelligence e delle forze ucraine.

Il contesto: Kursk, la guerra e la corruzione

La regione di Kursk, governata da Starovoit fino al 2024, è una delle più esposte lungo il confine occidentale della Federazione Russa. Dall'agosto 2024, questa regione è teatro di attacchi regolari da parte delle forze ucraine. Per rafforzare le difese, il governo ha stanziato ingenti fondi per la costruzione di fortificazioni e infrastrutture logistiche.

Ma a partire da aprile 2025, queste opere sono finite sotto la lente di ingrandimento della magistratura russa. Il nuovo governatore, Alexei Smirnov, è stato arrestato con l'accusa di frode, appropriazione indebita e utilizzo irregolare di fondi pubblici. Secondo fonti investigative, il progetto complessivo per la difesa della regione di Kursk avrebbe movimentato oltre 400 miliardi di rubli (circa 4 miliardi di euro), una parte dei quali sarebbe stata distratta verso società legate ad ambienti corrotti della Difesa.

Il nome di Starovoit, pur non essendo mai comparso formalmente negli atti giudiziari, era ormai circolante nelle inchieste parallele e nelle redazioni dei principali media russi. Le pressioni su di lui si stavano intensificando. E non era escluso che potesse essere formalmente indagato nei mesi successivi.

La rimozione da ministro: gesto tecnico o atto politico?

Il 7 luglio 2025, in modo quasi anodino, il Cremlino annuncia sul proprio canale Telegram la rimozione di Starovoit dal ministero dei Trasporti. Nessuna conferenza stampa, nessuna spiegazione. Solo la nomina ad interim del suo vice, Andrei Nikitin, con la consueta formula di augurio da parte di Putin: "Spero che userà energia, conoscenza e capacità organizzative per risolvere le più importanti questioni di questo settore".

La freddezza dell'annuncio è significativa. Nel codice della comunicazione putiniana, l'assenza di parole è spesso più eloquente delle dichiarazioni ufficiali.

Il ritrovamento del corpo e le prime reazioni

Poche ore dopo, un'altra nota, stavolta del Comitato Investigativo: Roman Starovoit è stato ritrovato morto nella sua auto a Odintsovo, periferia residenziale di Mosca. La dinamica: un singolo colpo d'arma da fuoco alla testa. Accanto al corpo, una pistola che – come sottolineano le fonti – era un'arma "onorifica", donata dal Ministero dell'Interno anni prima.

La portavoce ufficiale, Svetlana Petrenko, dichiara: "La versione più accreditata è il suicidio".

Nessuna menzione a inchieste in corso, a possibili implicazioni personali o familiari. Nessuna traccia di nota d'addio. Il corpo viene trasferito per l'autopsia. Il funerale sarà privato. La famiglia non rilascia dichiarazioni.

Un copione già visto

La morte di Roman Starovoit si aggiunge a una lunga lista di decessi sospetti tra alti funzionari, dirigenti e imprenditori russi dall'inizio della guerra in Ucraina. Dal 2022, più di 40 figure legate a settori strategici – energia, difesa, infrastrutture, finanza – sono morte in circostanze misteriose: cadute da palazzi, suicidi con modalità poco convincenti, avvelenamenti, incidenti stradali.

Secondo il think tank britannico RUSI, si tratterebbe di una strategia del potere per "chiudere i conti" senza aprire processi pubblici. Altri analisti parlano di un "collasso interno delle élite" sotto la pressione di un regime sempre più paranoico e disfunzionale. In questo scenario, Starovoit potrebbe aver scelto – o essere stato indotto a scegliere – un'uscita "onorevole".

Cosa resta: dubbi, silenzi e un nuovo ministro

Al suo posto, come detto, è subentrato Andrei Nikitin, ex governatore di Novgorod, tecnico con buoni rapporti con il settore militare e noto per non esprimere mai opinioni divergenti dal Cremlino. Il suo profilo rientra perfettamente nel nuovo paradigma gestionale russo: meno carisma, più obbedienza.

Ma il settore dei trasporti resta in affanno: i continui attacchi ucraini contro aeroporti, depositi ferroviari e oleodotti hanno messo in ginocchio la logistica russa. I ritardi e le cancellazioni nei voli civili sono ormai quotidiani. Il traffico merci verso l'Asia subisce rallentamenti. La fiducia nell'efficienza infrastrutturale è in declino.

E sullo sfondo, la figura di Starovoit – né celebrato né condannato – resta come un'ombra ingombrante.

Conclusione: un epilogo inquietante

La morte di Roman Starovoit è un simbolo. Di un sistema chiuso, dove la colpa non viene accertata, ma insabbiata. Dove la fedeltà al potere non basta a garantire la sopravvivenza. Dove la trasparenza è un'eccezione, e il silenzio una condizione per la sopravvivenza.

Nessuno saprà mai con certezza se Roman Starovoit si sia davvero suicidato. Ma una cosa è certa: la sua morte ha un valore politico. È un messaggio agli altri funzionari, una lezione implicita: nessuno è intoccabile.

In un'Europa scossa dalla guerra e dalle ambiguità del Cremlino, episodi come questo confermano che la Russia del 2025 è sempre più lontana dallo Stato di diritto e sempre più vicina a una logica da impero decadente, dove le purghe non passano più per i gulag, ma per il silenzio e l'oblio.

Post Scriptum

In tempi di oscurità, ricordare serve.
«L'Europa non è una certezza geografica, ma una civiltà.» — Fernand Braudel 

Carlo Di Stanislao

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