(ASI) Giorgia Meloni è ormai pronta alla partenza per Pechino, dove nei prossimi giorni incontrerà il presidente Xi Jinping, il primo ministro Li Qiang e il presidente dell'Assemblea Nazionale del Popolo Zhao Leji. Per il presidente del Consiglio dei Ministri questo è il primo viaggio ufficiale nel Paese asiatico da quando siede sullo scranno più importante di Palazzo Chigi.
Il primo faccia a faccia con il capo di Stato cinese c'era stato a Bali, in Indonesia, nel novembre 2022, a margine del vertice generale del G20. In oltre un'ora di colloqui, Meloni, da poco eletta capo del governo, aveva «espresso l'interesse del Governo italiano a promuovere gli interessi economici reciproci, anche nell'ottica di un aumento delle esportazioni italiane in Cina», riconoscendo «la necessità di collaborare per l'efficace gestione delle più gravi e impellenti sfide globali e regionali» [governo.it].
Stando ad alcune fonti italiane - riportate da Adnkronos - la missione di Giorgia Meloni ha due obiettivi principali: rilanciare il rapporto bilaterale nei settori di comune interesse e approfondire le già eccellenti relazioni in campo culturale. Nella capitale cinese, la leader italiana inaugurerà anche una mostra dedicata a Marco Polo, in occasione del 700° anniversario della scomparsa del celebre viaggiatore veneziano, per poi raggiungere Shanghai, principale hub finanziario e portuale del Paese.
Dalla sponda cinese, la portavoce del Ministero degli Esteri Mao Ning ha sottolineato ieri in conferenza stampa che Italia e Cina «sono entrambi Paesi di antica civiltà» e «partner strategici globali», oltre ad aver «mantenuto stretti scambi di alto livello e una fruttuosa cooperazione reciprocamente vantaggiosa in diversi settori». «Adeguate e stabili relazioni sino-italiane sono nell'interesse dei due Paesi e contribuiscono agli scambi tra civiltà e all'apprendimento reciproco», ha proseguito Mao, che ha ricordato come quest'anno ricorra il 20° anniversario della firma del partenariato strategico globale, siglato nel 2004 da Silvio Berlusconi e dall'allora omologo Wen Jiabao.
Stando alle parole della portavoce, «la Cina intende lavorare con l'Italia tramite questa visita per consolidare la tradizionale amicizia, promuovere lo spirito della Via della Seta, rafforzare la comprensione e la fiducia reciproche, approfondire la cooperazione pratica e gli scambi socio-culturali, perseguire una costante e sostenuta crescita delle relazioni Cina-Italia e Cina-UE, nonché contribuire congiuntamente ad un modo più pacifico, stabile e prospero».
Dopo l'invio della lettera, nel dicembre scorso, con cui Roma comunicava a Pechino la decisione di non rinnovare l'adesione al Memorandum sull'Iniziativa Belt and Road (BRI), finalizzato nel 2019 dall'allora Governo Conte I (giallo-verde), i rapporti tra i due Paesi hanno seriamente rischiato di incrinarsi.
Giorgia Meloni, con l'ausilio del ministro Antonio Tajani e della rete diplomatica italiana, aveva studiato per mesi una soluzione praticabile capace di produrre il minor danno possibile da questa scelta, ritenuta sofferta ma necessaria: da un lato, la mancata possibilità di esplorare a fondo le opportunità offerte dall'accordo a causa della pandemia; dall'altro, l'imminente assunzione della Presidenza del G7 e le pressioni politiche di Washington che, pur smentite dalla stessa "premier" italiana, hanno sin qui fortemente condizionato le scelte di politica estera del suo governo.
In realtà, Roma aveva già cambiato atteggiamento verso Pechino durante il Governo Conte II (giallo-rosso), quando il Memorandum fu sostanzialmente "messo in soffitta" nel pieno della pandemia. Con l'arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi, la postura politica dell'Italia si fece ancor più ostile, tanto da ricorrere al potere di veto (golden power) su investimenti cinesi per ben cinque volte in poco più di un anno.
Se è stata senz'altro la Russia ad aver invaso l'Ucraina, i principali Paesi NATO hanno reagito in modo scomposto e quasi isterico di fronte ad un conflitto che, dopo il definitivo fallimento degli Accordi di Minsk, pareva praticamente annunciato da mesi. In un clima di nervi tesissimi, a farne le spese è stata proprio la Cina, ripetutamente accusata di sostenere Mosca nel suo sforzo bellico o comunque di voler contribuire alla divisione del mondo in blocchi. Con l'approvazione del Critical Raw Materials Act nel marzo 2023, la Commissione Von der Leyen aveva inoltre inviato segnali allarmanti a Pechino, fortemente preoccupata che dietro le politiche di de-risking europee si nascondesse in realtà un (folle) tentativo di decoupling, cioè di distacco complessivo dal mercato cinese.
La recente visita in Cina del ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha messo una pietra tombale sulle invettive e sulle indiscrezioni circolate negli ultimi due anni, dimostrando l'effettiva neutralità del Dragone e la sua credibilità quale attore responsabile.
Mentre negli Stati Uniti ha ormai preso il via una campagna elettorale piena di discordia e veleni, specie dopo l'attentato a Donald Trump del 13 luglio scorso, l'Italia, pur con un orecchio sempre proteso verso l'Atlantico, può ora concentrarsi sulla piena ricucitura e sul rafforzamento delle sue relazioni con la Cina.
Sempre secondo le fonti italiane riportate da Adnkronos, «la missione permetterà anche di imprimere una dinamica positiva all'interscambio commerciale che si è assestato nel 2023 a 66,8 miliardi di euro, facendo della Cina il secondo partner commerciale extra-UE (dopo gli USA) dell'Italia». Sul fronte degli investimenti diretti esteri (IDE) italiani, invece, si registrano flussi per 15 miliardi, con oltre 1.600 aziende italiane attive in Cina in settori quali tessile, meccanica, farmaceutica, energia e industria pesante.
Nel corso dell'ultimo anno e mezzo, in particolare su iniziativa della sottosegretaria agli Esteri Maria Tripodi, l'Italia ha preso parte alle più importanti manifestazioni fieristiche organizzate in terra asiatica, come la China International Import Expo (CIIE) di Shanghai e la China International Consumer Products Expo (CICPE) di Haikou, dove il nostro Paese ha partecipato in qualità di ospite d'onore nell'edizione 2023 e ha poi presentato un padiglione molto attrattivo quest'anno.
A proseguire su questo viatico è stato di recente il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, in visita a Pechino lo scorso 5 luglio. «Siamo convinti che si possa aprire una nuova e più importante fase nel partenariato strategico tra l’Italia e la Cina», ha affermato in quell'occasione Urso, aggiungendo: «È il momento giusto per fare di più e di meglio: da una partnership commerciale si può fare un salto di qualità e arrivare a una partnership industriale, specialmente nei settori della tecnologia green, della mobilità elettrica e della farmaceutica, che penso possa essere utile anche alla nostra Europa» [mimit.gov.it].
Staremo a vedere. Di certo, dopo il quasi-incidente legato all'uscita dal Memorandum, Roma non può concedersi altri passi falsi.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia