(ASI) Kyiv – Un vertice particolare in un luogo particolare. Per la prima volta, i ministri degli Esteri europei si sono riuniti ufficialmente al di fuori dei confini comunitari, in un paese non ancora membro dell’Ue e in piena guerra.
Non c’è dubbio: quello tenutosi recentemente a Kyiv è stato un vertice storico, dal valore altamente simbolico. I ventisette ministri degli Esteri, accompagnati dall’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza Josep Borrell Fontelles, sono stati accolti calorosamente dal collega ucraino Dmytro Kuleba e dal presidente Volodymyr Zelensky.
Mentre l’intensità del conflitto non accenna a diminuire e nessuno dei contendenti sembra propenso a cedere, nella capitale insidiata dagli attacchi avversari si sono confrontate due visioni di Europa. L’Europa desiderata da Zelensky ha incontrato l’Europa concreta di Borrell. L’Europa prossima alle elezioni, in cui l’appoggio di alcuni Stati membri alla causa ucraina si sta man mano affievolendo sotto i colpi degli attriti con la classe dirigente di Kyiv e della dipendenza dalle fonti energetiche del Cremlino.
C’è, ad esempio, il clamoroso dietrofront della Polonia di Mateusz Morawiecki, il quale non vuole più inviare armi di nuova fabbricazione e mal sopporta la concorrenza del grano ucraino nel mercato nazionale. C’è l’atteggiamento ambiguo dell’Ungheria di Viktor Orban, divisa fra la dipendenza dal gas russo, la rivendicazione di maggiori diritti per la minoranza magiara residente in Ucraina e l’insofferenza verso le quote di grano ucraino immesse nel mercato. A ciò si aggiunge, pochi giorni fa, la vittoria elettorale del controverso Robert Fico in Slovacchia. Fico ha ottenuto la maggioranza relativa dei seggi nel Parlamento di Bratislava in seguito a una campagna elettorale decisamente contraria a sostenere gli sforzi difensivi dell’Ucraina.
Insomma, ultimamente l’aria è cambiata a Bruxelles e Zelensky non può certo dormire sonni tranquilli. Per questo motivo, parlando dinanzi ai ministri, egli ha giocato la carta dell’europeismo. Nel suo discorso non sono mancati riferimenti alla “casa comune europea”, lasciando presagire il desiderio di aderire quanto prima all’Unione.
Per cercare di convincere i più scettici, il presidente ha ribadito come l’Ue non possa considerarsi al sicuro finché l’Ucraina stessa non sarà al sicuro. “L'integrità dell'Europa è impossibile senza l'Ucraina” ha scandito, affermando che se non verrà fermata la Russia non si farà problemi ad avviare una guerra su scala globale. Zelensky ha quindi esortato Bruxelles a esercitare una “pressione costante” su Putin, cogliendo l’occasione per avanzare cinque richieste.
Al primo posto figura la questione del sostegno militare. Il presidente ha sollecitato l’attuazione concreta della nuova iniziativa europea volta a stanziare 20 miliardi per la difesa dell’Ucraina all’interno dello Strumento europeo per la pace (European Peace Facility, EPF). In ballo c’è altresì l’erogazione dell’ottava rata del valore di 500 milioni sempre a opera dello strumento appositamente istituito per coordinare le azioni comunitarie di prevenzione e gestione dei conflitti.
Zelensky ha poi chiesto di velocizzare il piano in tre fasi per la fornitura all’esercito ucraino di almeno un milione di proiettili d'artiglieria entro la fine dell’anno. Il piano prevede di raggiungere la quota ambiziosa sia attingendo direttamente dalle scorte nazionali degli Stati membri, sia acquistando congiuntamente da venditori terzi per risparmiare sui costi, sia finanziando direttamente l’industria europea per potenziare la produzione interna.
Il presidente ha esortato gli interlocutori a rinsaldare l’organico e l’operatività della missione “EUMAM Ukraine”. Si tratta della missione di assistenza militare lanciata dall’Ue nel novembre 2022 e rinnovata per due anni nell’intento di addestrare le forze armate ucraine con tecniche difensive di ultima generazione. Accanto a ciò, Zelensky ha menzionato il “rafforzamento dello scudo aereo” chiedendo l’invio di più missili statunitensi “Patriot” in grado di intercettare e neutralizzare gli attacchi missilistici russi.
In secondo luogo, il presidente ha parlato della necessità di “proseguire attivamente il lavoro diplomatico” per persuadere i paesi africani, latinoamericani e asiatici a sottoscrivere la formula di pace di Kyiv per il cessate il fuoco. Nonostante numerosi Stati in tutto il mondo abbiano già avanzato proposte, Zelensky ha chiarito che intende prendere in considerazione solo la propria formula in quanto “è l’Ucraina la vittima”.
“L'Ucraina sarà membro della Nato”, ha sentenziato Zelensky passando a illustrare il terzo punto. Una frase inequivocabile, che però ha già suscitato in passato numerose perplessità persino all’interno dell’Alleanza atlantica. Il timore riguarda soprattutto le ricadute dell’integrazione di un paese ancora in guerra sull’andamento del conflitto. Conscio delle preoccupazioni per il possibile inasprimento dei toni, il presidente ha descritto l’adesione come un fattore di stabilità per la tenuta dell’Alleanza. “Sono le zone grigie a tentare l'aggressore” ha dichiarato, alludendo all’urgenza di frenare l’assertività della politica estera russa.
Relativamente alle sanzioni, Zelensky ha ammonito gli interlocutori: “La pressione sulla Russia non è sufficiente”. Non solo: egli ha esplicitamente chiesto di varare un ulteriore pacchetto di restrizioni colpendo in particolare l’industria nucleare moscovita e i settori strategici di fiancheggiatori esterni quali l’Iran. Un vero e proprio punto dolente: già in passato, infatti, le cancellerie europee si sono divise sull’opportunità di approvare nuove sanzioni.
Il presidente, infine, ha voluto ricordare l’importanza di una veloce ed efficace integrazione dell’Ucraina nell’Unione. Al momento il paese possiede lo status di “candidato”, ma per finalizzare il processo occorrono ancora molteplici riforme incentrate sulla lotta alla corruzione, l’implementazione dei valori democratici e dello stato di diritto, l’adozione dei principi del libero mercato. Zelensky ha confermato di essere pronto ad allineare l’ordinamento giuridico ucraino a quello comunitario. Ha affermato, a tal proposito, di aspettarsi da Bruxelles una “decisione politica adeguata” sull’adesione entro la fine dell’anno.
La replica di Bruxelles è stata affidata alle parole dell’Alto rappresentante Borrell. Il capo della diplomazia comunitaria ha assicurato che Kyiv non verrà lasciata sola: “La nostra determinazione a sostenere la lotta per la libertà e l'indipendenza dell'Ucraina è salda e si manterrà tale”.
La missione “EUMAM Ukraine” addestrerà entro il 2023 almeno 40.000 soldati ucraini con tecniche difensive moderne. Rispetto all’obiettivo inizialmente prefissato, si tratta di ben 10.000 uomini in più, i quali potranno beneficiare dello scambio di conoscenze sul campo con i colleghi europei. In aggiunta, Borrell ha annunciato che verrà rinforzato l’organico e l’operatività dell’altra missione europea in Ucraina, la “EUAM Ukraine”. Attiva sin dai primi scontri avvenuti nel 2014, la missione è stata dotata di un fondo di 88,5 milioni di euro da gennaio 2021 a maggio 2024. Circa 300 tra esperti civili europei, internazionali e ucraini collaboreranno attivamente per aiutare il legislatore locale a varare riforme riguardanti il buon funzionamento delle forze di sicurezza, l’indipendenza del sistema giudiziario, la lotta alla corruzione, lo sviluppo democratico delle organizzazioni della società civile.
Borrell ha detto a Zelensky che l’Unione sta lavorando anche sulla questione dell’adesione dell’Ucraina, definendola “il più forte impegno di sicurezza per il paese”. Entro la fine dell’anno, la Commissione europea scriverà una relazione sullo stato di avanzamento delle riforme politiche intraprese dal governo di Kyiv. Sulla base di quanto riscontrato, sarà poi possibile definire con maggiore certezza i prossimi passi della procedura, in modo da allineare con successo l’ordinamento ucraino a quello comunitario.
Rassicurazioni sono arrivate, altresì, sulla formula di pace di Zelensky. “Continueremo a lavorare per renderla più globale e per farne la base della pace futura” ha precisato l’Alto rappresentante, confermando di voler prendere in considerazione esclusivamente proposte provenienti da Kyiv.
Tuttavia, nessun accenno è stato fatto su eventuali nuove sanzioni a carico del Cremlino. Determinante risulterà, in merito, l’orientamento delle singole cancellerie degli Stati membri. Con l’avvicinarsi del rinnovo dell’Europarlamento, c’è da scommettere che il grattacapo giocherà un ruolo di primo piano nelle varie campagne elettorali nazionali. E gli esiti sono tutt’altro che scontati.
Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia