(ASI) Nel primo semestre di quest'anno, l'economia cinese è cresciuta del 5,5%, in linea con le previsioni del governo per l'intero 2023, totalizzando un volume di 59.300 yuan, pari a 8.300 miliardi di dollari. Per il secondo semestre, si prevede un'ulteriore accelerazione, con una crescita del 6,3% rispetto allo stesso periodo del 2022.
I dati, diffusi nella giornata di lunedì dal Dipartimento Nazionale di Statistica, mostrano un primo importante consolidamento della ripresa dopo la rimozione delle restrizioni messe in campo fino allo scorso autunno nel quadro delle politiche di contenimento del Covid-19.
Secondo Fu Linghui, portavoce del Dipartimento, intervistato da Xinhua durante una tavola rotonda televisiva, la crescita ha registrato un'accelerazione significativa rispetto al dato dell'anno passato, ancor più rimarchevole considerando le fluttuazioni e le crisi economiche a livello globale. Tra gennaio e giugno, in particolare, hanno fatto segnare variazioni considerevoli le attività produttive agricole e industriali, ma sono cresciuti velocemente anche i servizi e i consumi.
«Nonostante l'economia cinese sia affrontando alcune difficoltà e sfide, la performance migliorerà progressivamente nella seconda metà dell'anno», ha affermato Fu, che ha aggiunto: «L'impulso allo sviluppo resterà positivo».
«Dovendo fare i conti con una debole crescita economica globale e con un rallentamento nel commercio mondiale, la crescita economica cinese nel primo semestre ha visto aumentare il contributo della domanda interna al PIL rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso e dell'intero 2022», ha sottolineato da parte sua Li Hui, funzionaria della Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme, tra le più importanti agenzie del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese.
In questo primo semestre, le vendite al dettaglio dei beni di consumo sono effettivamente aumentate dell'8,2% su base annua, evidenziando la crescente resilienza del mercato cinese in virtù di una classe media in forte ascesa, che può ormai sopperire al calo della domanda estera.
Li ha inoltre ricordato che il tasso di crescita del valore aggiunto industriale nel settore delle attrezzature ha superato l'intero tasso di crescita industriale ma hanno registrato un incremento notevole anche la produzione di pannelli solari, di veicoli elettrici e i dispositivi di ricarica. Per quanto riguarda gli investimenti, crescita sopra la media generale per quelli relativi ai settori hi-tech e quelli privati relativi ad infrastrutture e manifattura. Per quanto riguarda i servizi, il valore aggiunto è aumentato del 6,4% nel confronto col primo semestre del 2022.
Sul fronte del mercato del lavoro, il tasso di disoccupazione - che pure continua a destare preoccupazione tra i giovani (21,3% a giugno) - è sceso al 5,3%, ovvero lo 0,2% in meno rispetto al dato del primo trimestre. «Con l'ulteriore attuazione delle politiche e degli strumenti messi in capo dalle autorità centrali, abbiamo la fiducia, le condizioni e la capacità di ottimizzare costantemente la struttura economica, rafforzare le forze trainanti della crescita e mantenere un trend di sviluppo positivo», ha spiegato la stessa Li.
I numeri, insomma, spazzano via tutte le preoccupazioni e le incertezze del recente passato, confermando il gigante asiatico al primo posto tra le principali economie mondiali, come già avvenuto nel primo trimestre, quando l'economia cinese era cresciuta del 4,5%: nettamente al di sopra di Stati Uniti (+1,8%), Eurozona (+1%) e Giappone (+1,9%). Soprattutto l'Europa sembra soffrire particolarmente le conseguenze dello scontro con la Russia, in primis dello sconvolgimento delle catene di approvvigionamento energetico, a fronte di un'inflazione che l'aggressiva politica rialzista della BCE è sin qui riuscita appena a scalfire.
Contrariamente ai pareri di diversi analisti occidentali, che solitamente tendono ad accentuare o a sovradimensionare i dati più negativi, Pechino si conferma un faro per l'economia mondiale. Nel contesto della globalizzazione, le economie sono sempre più interdipendenti tra loro e qualsiasi decisione orientata al de-risking - come quella annunciata dall'UE a marzo per ridurre la sua dipendenza dal gigante asiatico nel settore delle terre rare - non può modificare il quadro generale.
Pur tra diverse criticità e alcuni fattori di incertezza, al momento il Paese di mezzo resta, in tema di commercio e investimenti, l'unico porto sicuro tra i principali mercati del pianeta, in un contesto internazionale segnato da tensioni geopolitiche, crisi alimentari, instabilità finanziaria e fluttuazione delle materie prime.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia