(ASI) Bruxelles – Mentre in Ucraina la devastazione si intensifica giorno dopo giorno, le speranze di una soluzione diplomatica al conflitto nel breve termine paiono dissiparsi sempre più.
È quanto emerge dalle conclusioni dell’ultimo Consiglio Affari Esteri, tenutosi la scorsa settimana a Bruxelles. I ministri competenti dei ventisette Stati membri si sono riuniti sotto la guida dell’Alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, Josep Borrell Fontelles.
L’evento ha visto la partecipazione del collega ucraino, Dmytro Kuleba, il quale è intervenuto in videoconferenza prima dell’avvio dei lavori. Il ministro ha approfittato per ribadire a gran voce la richiesta di equipaggiamenti militari considerati essenziali per il buon esito della guerra.
Le sue esortazioni non sono rimaste inascoltate. Il vertice, infatti, ha deciso di accogliere le istanze ucraine invitando i governi degli Stati membri a “fornire urgentemente” a Kyiv munizioni per l'artiglieria e, se necessario, missili. A tal proposito, si è convenuto di istituire meccanismi strutturali mirati al potenziamento della difesa europea e della relativa catena di approvvigionamento.
Diciotto Stati – tra cui al momento non figura l’Italia – hanno sottoscritto un accordo di partenariato con l’Agenzia europea per la difesa. L’ambizioso progetto si prefigge di rafforzare la collaborazione tra i firmatari allo scopo razionalizzare il rifornimento di proiettili d'artiglieria entro due anni e di altri tipi di munizioni entro sette anni. L’obiettivo è quello di abbattere gli ingenti costi attraverso la pratica dell’acquisto congiunto, al fine di ottenere una consistente quantità di rifornimenti militari a un prezzo vantaggioso. Secondo il comunicato ufficiale pubblicato al termine dei lavori, si tratta di “comprare munizioni in modo collettivo e più rapido aggregando, coordinando, concordando contratti con l'industria europea della difesa”. Ciò consentirà di continuare a equipaggiare in maniera efficiente l’esercito di Kyiv, senza per questo dover pericolosamente lasciare scoperte le scorte nazionali dei singoli Stati membri.
Nello specifico, i ministri hanno concordato di mettere a disposizione dell’Ucraina la cifra record di un milione di munizioni in appena un anno, combinando gli stoccaggi nazionali con l’acquisto congiunto delle nuove partite. Per far fronte agli elevati costi dell’operazione, si è decretato di stanziare ben due miliardi di soldi comunitari. Serviranno a rimborsare sia gli Stati pronti a consegnare subito munizioni e missili attingendo alle proprie risorse sia gli Stati che hanno firmato l’accordo per l’acquisto congiunto. I rimborsi copriranno al massimo il 60% delle spese sostenute da ciascun Paese membro.
Parallelamente il Consiglio ha voluto prendere in considerazione la possibilità di incrementare la dotazione finanziaria dello Strumento europeo per la pace, il fondo dell’Unione volto a “prevenire i conflitti, costruire la pace e rafforzare la sicurezza internazionale”. Lo scorso 13 marzo il Consiglio europeo aveva deliberato di sovvenzionare con quasi otto miliardi di euro da qui al 2027 lo Strumento, già ampiamente impiegato per foraggiare gli sforzi bellici in Ucraina. Nelle prossime riunioni si dovrà discutere se irrobustirne ulteriormente la capacità finanziaria con altri tre miliardi e mezzo di euro.
“Ritengo che questa sia una straordinaria dimostrazione dell'unità e della prontezza dell'Unione europea, che si adopera con impegno e rapidità. Una chiara prova della determinazione a sostenere il diritto di autodifesa dell'Ucraina” ha dichiarato l’Alto rappresentante Borrell.
I ministri degli Esteri, inoltre, hanno espresso la loro soddisfazione per l’estensione dell'Iniziativa per il grano del Mar Nero. L’accordo fra Russia e Ucraina raggiunto in seguito alla faticosa mediazione di Turchia e Nazioni Unite ha permesso – a partire dal luglio 2022 – l’esportazione di oltre 24 milioni di tonnellate di grano verso i paesi più bisognosi. A ciò si è unito l’impegno europeo per costituire le “corsie di solidarietà”, vie di comunicazione sicure che hanno supportato le esportazioni ucraine scongiurando lo scoppio di una crisi alimentare globale.
Ma se con Putin l’Europa ha optato per la via delle armi, appare per ora differente l’orientamento nei confronti dell’altra questione scottante affrontata nel corso del vertice: l’Iran. I ministri degli Esteri sono tornati a condannare con la massima fermezza le “gravi violazioni dei diritti umani” perpetrate dal regime di Teheran nell’intento di soffocare le inarrestabili manifestazioni pacifiche in nome della democrazia e della libertà delle donne.
Contro le violenze che continuano a insanguinare il Paese il Consiglio ha deciso di inasprire le sanzioni in precedenza varate. In particolare, altre otto persone ed entità sono state aggiunte alla lista nera delle restrizioni europee. Saltano agli occhi figure di spicco come magistrati accusati di aver inflitto condanne a morte ai manifestanti indifesi in seguito a processi giudicati illegali, un membro della commissione parlamentare per la cultura, il capo per gli affari culturali della televisione pubblica responsabile di aver mandato in onda confessioni false estorte con la violenza ai protestanti. Tra le entità, vi è il Consiglio supremo della rivoluzione culturale con i suoi progetti discriminatori ai danni delle donne e delle minoranze.
Al giorno d’oggi le sanzioni europee colpiscono in totale 204 persone e 34 entità legate a doppio filo al sistema di potere dell’ayatollah Khamenei. Esse non possono mettere piede sul suolo europeo né possono accedere in alcun modo a fondi o risorse economiche di provenienza comunitaria. Tutti i loro beni sono stati congelati. I ministri degli Esteri hanno anche confermato il divieto di esportare in Iran attrezzature tecnologiche e di sorveglianza capaci di facilitare la brutale repressione delle autorità locali o di incentivare la sorveglianza delle telecomunicazioni.
Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia