(ASI) Nel 2023, la Cina crescerà ad un ritmo del 5% circa, confermandosi tra i principali motori dell'economia globale e ripristinando pienamente il suo ruolo di fornitore affidabile nel quadro delle catene industriali e logistiche.
È quanto emerso nella due-giorni, conclusasi ieri a Pechino, dell'ultima edizione del China Development Forum (CDP), appuntamento annuale organizzato dalla China Development Research Foundation e promosso dal Centro di Ricerca sullo Sviluppo del Consiglio di Stato, che ormai da anni mette insieme analisi e riflessioni di leader politici, imprenditori, esperti, analisti e dirigenti delle principali organizzazioni internazionali.
C'è dunque un diffuso ottimismo per il futuro prossimo dell'economia cinese dopo le numerose difficoltà dello scorso anno, quando le recrudescenze pandemiche avevano a più riprese messo in crisi le attività produttive e commerciali, bloccando il tasso di crescita poco al di sopra del 3%. Oltre alla prevista forte ripresa dei consumi interni, saranno l'innovazione tecnologica e la trasformazione green a guidare gli investimenti nel settore manifatturiero, come spiega Kevin Kang, capo economista di KPMG China, intervistato da Xinhua.
Durante il suo intervento al Forum, il primo ministro Li Qiang, subentrato all'inizio dell'anno al predecessore Li Keqiang, si è rivolto ai presenti esortandoli a rafforzare la fiducia e a stabilizzare le attese per affrontare i rischi e le sfide dell'economia globale. «L'attuale sviluppo economico mondiale è in un periodo difficile, caratterizzato da molteplici cambiamenti complessi», ha sottolineato Li, lasciando tuttavia trapelare segnali di speranza: «È come viaggiare in un giorno di pioggia. Se guardi sempre i tuoi piedi, vedrai solo del fango tutto intorno. Se guardi spesso in avanti, potrai vedere l'arcobaleno oltre la pioggia».
Negli ultimi dieci anni - ha proseguito il primo ministro - l'economia cinese ha mantenuto una crescita stabile, fungendo da «pietra di zavorra» e «sorgente di energia» per l'intera economia mondiale, e ha «iniettato sempre maggior certezza nella pace e nello sviluppo mondiale». In futuro, il gigante asiatico accelererà l'implementazione delle riforme sin qui messe in campo per accrescere la qualità manifatturiera, l'efficienza complessiva e l'innovazione, garantendo «un più ampio spazio di mercato alle imprese straniere».
Li Qiang ha assicurato che il Paese continuerà ad allinearsi ai più elevati standard economici internazionali e alle regole commerciali, aumentando costantemente l'apertura internazionale e promuovendo un ambiente per le imprese di livello mondiale, orientato al mercato, fondato sul diritto ed internazionalizzato.
Nel messaggio di congratulazioni inviato ai partecipanti al Forum nella giornata di domenica, lo stesso presidente Xi Jinping aveva ricordato come allo stato attuale «cambiamenti epocali, di una portata inedita nell'ultimo secolo, stiano accelerando in tutto il mondo, conflitti e turbamenti di carattere regionale siano frequenti, e la ripresa economica globale sia debole».
Ritenendo fondamentale la più vasta cooperazione internazionale, Xi aveva così rilanciato l'Iniziativa di Sviluppo Globale (GDI), presentata nel 2021, ricordandone l'ampio sostegno già ricevuto a livello mondiale, soprattutto dai Paesi in via di sviluppo. Aveva inoltre rimarcato la piena disponibilità della Cina ad ampliare l'apertura istituzionale in materia di norme, regolamenti, gestione e standard, e a lavorare con tutti i Paesi e le parti coinvolte per condividerne le opportunità.
Dopo tre anni di crisi e incertezze, il colosso asiatico, insomma, si riprende con forza quel ruolo di imprescindibile motore per lo sviluppo e la crescita globali incarnato sin dagli anni Ottanta del secolo sorso. Al di là delle incomprensioni e delle controversie politiche ancora in essere con gli Stati Uniti [e in parte con l'Unione Europea], tutti i governi e le imprese occidentali sanno che è praticamente impossibile abbandonare il mercato cinese ed avviare un processo di deglobalizzazione economica senza pagarne pesantissime conseguenze per i prossimi decenni.
A confermarlo, tra le righe, nel suo intervento è stata la stessa Kristalina Georgieva, direttrice generale del Fondo Monetario Internazionale (FMI), sostenendo che «la Cina contribuirà per circa un terzo alla crescita globale nel 2023, fornendo un gradito impulso all'economia mondiale». Come mostrano i dati del FMI, infatti, soltanto in Asia l'incremento di 1 punto percentuale nella crescita del PIL cinese genera un incremento di 0,3 punti percentuali nella crescita del PIL degli altri Paesi del Continente.
«Ci aspettiamo che il 2023 sia un altro anno complicato, con la crescita globale in rallentamento al di sotto del 3% come conseguenze della pandemica, della guerra in Ucraina e del peso della stretta monetaria sull'attività produttiva», ha spiegato Georgieva, che ha aggiunto: «Anche se con una migliore prospettiva per il 2024, la crescita globale rimarrà ben al di sotto della media storica del 3,8%". I fattori di incertezza sono «eccezionalmente elevati», alimentati anche dai rischi di frammentazione geo-economica, che potrebbero provocare una spaccatura del mondo in blocchi economici rivali. Secondo Georgieva, una «divisione pericolosa che renderebbe tutti più poveri e meno sicuri».
I duri toni dell'Amministrazione Biden e le leggi approvate o proposte dal Congresso statunitense negli ultimi due anni per colpire Pechino sembrano divergere ogni giorno di più dagli interessi concreti del mondo industriale ed agricolo nordamericano. Non è un caso se sabato scorso, prima che il China Development Forum prendesse il via, una delegazione di imprese statunitensi ha incontrato il ministro degli Esteri cinese Qin Gang. È stata l'occasione, da parte sua, per invitare la Casa Bianca ad abbandonare la «mentalità del gioco a somma zero» e smettere di «contenere e soffocare la Cina attraverso mezzi ingiusti», per lavorare insieme e «riportare le relazioni bilaterali su un binario di sviluppo salutare e stabile».
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia