Stati Uniti, elezioni di medio termine 2022: la Casa Bianca in bilico e l’enigma Trump

(ASI) Washington – È un’America fragile ed estremamente polarizzata quella che esce dalle attese consultazioni tenutesi lo scorso 8 novembre. All’interno del Congresso, i Democratici mantengono il controllo del Senato ma perdono la Camera dei Rappresentanti. La partita per la designazione dei governatori, frattanto, si gioca sul filo del rasoio.

La tanto caldeggiata “ondata rossa”, alla fine, non ha travolto la Casa Bianca. I Repubblicani non sono riusciti a sfondare, tuttavia il presidente Joe Biden non può certo dormire sonni tranquilli. I Democratici, infatti, conservano il Senato per un soffio potendo vantare appena un seggio in più rispetto agli avversari. In Georgia si andrà al ballottaggio il prossimo 6 dicembre. Il candidato Raphael Warnock ha spopolato soprattutto nei centri urbani di Atlanta, Augusta e Columbus, ma il repubblicano Herschel Walker è staccato di meno di un punto percentuale e va forte nelle zone periferiche e rurali. Alla Camera, i Repubblicani si sono aggiudicati 221 scranni a fronte dei 214 conquistati dai competitori. Merito anche delle vittorie ottenute con largo margine in Alabama, Arkansas, Florida, Kentucky, Louisiana, Montana, Nebraska, Texas e Wisconsin.

Relativamente alla sfida per la nomina dei governatori, gli elettori sono stati chiamati a rinnovare le cariche in più della metà degli Stati federali. I Democratici hanno riscosso un buon successo in 18 delle 36 contee contese. Hanno salvaguardato l’amministrazione della Pennsylvania e del Michigan, dove i cittadini sono assai sensibili nei confronti di questioni sociali come la protezione dei diritti degli omosessuali o la possibilità di ricorrere all’aborto. Tematiche divenute di scottante attualità in seguito a controverse decisioni della Corte suprema a maggioranza conservatrice e alla volontà di Biden di costruire gran parte della campagna elettorale proprio sulla garanzia dei diritti fondamentali. I Repubblicani si sono aggiudicati 17 contee. In Alabama, Arkansas, Idaho, Iowa, Nebraska, Ohio, South Dakota, Tennessee, Vermont e Wyoming hanno quasi doppiato i contendenti. È ancora incerto il risultato elettorale in Alaska, dove il repubblicano Mike Dunleavy sembra godere di un largo vantaggio sul candidato Les Gara.

Eppure, a conti fatti è l’imprevedibilità l’indiscussa vincitrice di questa tornata. Ad agitare le acque nel Campidoglio vi è una situazione complessa in cui i ristretti margini nella ripartizione dei seggi non permettono a nessuna delle parti di condizionare effettivamente le azioni dell’altra. Così, al Senato i Democratici si ritrovano nella condizione di legiferare con un solo voto di scarto, occupando 50 seggi contro i 49 degli avversari. I Repubblicani cantano vittoria nella Camera, ma a dividerli dai contendenti ci sono appena sette scranni.

Biden ha subito dichiarato di voler portare avanti senza indugi il suo programma di governo concentrandosi su sette priorità. In primo luogo, la lotta alla pandemia da Covid 19 attraverso il potenziamento della campagna vaccinale e l’adozione di misure di prevenzione dettate dalla fiducia nella scienza. In secondo luogo, l’impegno per contenere la crisi climatica, tagliare le emissioni nocive, rafforzare il settore delle energie rinnovabili e della transizione verde. In terzo luogo, la piena garanzia dei diritti umani fondamentali e l’abbattimento delle discriminazioni di qualsiasi genere. Si va, ad esempio, da un accesso più equo all’assistenza sanitaria e all’istruzione fino a una maggiore giustizia sociale nell’assegnazione degli alloggi. Fra le priorità del presidente figurano, poi, la creazione di nuovi posti di lavoro, il sostegno alle piccole imprese, la riduzione dei costi della sanità a carico dei cittadini, la riforma delle leggi relative all’immigrazione nell’ottica di una più semplice e immediata integrazione dei migranti nella società statunitense.

I Repubblicani, dal canto loro, contestano aspramente la politica economica dell’esecutivo e promettono di ridurre le ripercussioni dell’inflazione a favore di imprese e famiglie. Nel mirino pure il contrasto ferreo a quella che essi definiscono una vera e propria emergenza migratoria causata dall’incompetenza della classe dirigente. Ma c’è molto di più. Secondo “NBC News”, infatti, il partito sarebbe pronto ad approfittare della maggioranza nella Camera per avviare commissioni d’inchiesta scottanti. In ballo ci sarebbero indagini sul pasticciato ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan e sul presunto asservimento del Dipartimento di Giustizia e dell’FBI a uomini fedeli a Biden. Fari puntati, inoltre, sulla gestione della pandemia da Covid 19 da parte dell’ormai celebre immunologo e consigliere medico presidenziale Anthony Fauci. Bersaglio delle feroci invettive degli oppositori dei vaccini, stando a un tweet ufficiale del partito Fauci avrebbe “oscurato la verità sulle origini della pandemia”. I Repubblicani sono determinati anche a scandagliare gli affari del secondogenito del presidente, l’imprenditore Hunter Biden, cui essi imputano pratiche commerciali potenzialmente nocive per la sicurezza nazionale.

Per ora, comunque, a tener banco è il rompicapo Donald Trump. Il magnate ha ufficializzato in grande stile la sua ricandidatura alle elezioni presidenziali in programma fra due anni. In aggiunta, la recente acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk potrebbe permettergli di tornare liberamente a cinguettare dopo la clamorosa estromissione per mano dei precedenti proprietari dell’azienda. Un’inchiesta del “Washington Post”, inoltre, ha rivelato che lo scorso 8 novembre sono stati eletti alla Camera ben 159 repubblicani estremisti. Si tratta di deputati fedeli alla teoria complottista per la quale nel 2020 Biden avrebbe trionfato illegittimamente nelle urne.

Ciononostante, per l’ex presidente le cose non sembrano mettersi bene. Nella maggioranza dei casi i candidati da lui sponsorizzati sono stati duramente sconfitti dai Democratici. Laddove i Repubblicani hanno stravinto, invece, lo hanno fatto grazie a personalità in aperto contrasto con Trump. Il neogovernatore della Florida Ron DeSantis, ad esempio, ha espugnato con successo la contea e ora sta addirittura considerando di sfidare Trump candidandosi tra le fila repubblicane alle presidenziali del 2024.

All’interno del partito l’insoddisfazione per la mancata “ondata rossa” è grande. Sono sempre di più i pezzi grossi che chiedono all’ex presidente di fare un passo indietro. Stanno suscitando scalpore le interviste rilasciate dall’ex braccio destro Mike Pence. Il vicepresidente degli Stati Uniti durante il mandato di Trump ha dichiarato al “New York Times” e a “Fox News”: “Ritengo che in futuro avremo alternative migliori. La gente di questo paese se la cava piuttosto bene una volta che abbandona la politica, e credo che voglia vedere i propri capi iniziare a riflettere la stessa compassione e generosità di spirito”. Al pacato ma chiaro invito di Pence fa eco un tweet dell’ex Segretario di Stato Mike Pompeo, peraltro potenziale candidato alle consultazioni del 2024: “Abbiamo bisogno di più serietà, meno rumore, e di capi che guardino avanti invece di fissare lo specchietto retrovisore”.

Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia

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